Fu internata nel campo di Katzenau per aver aiutato due disertori a oltrepassare il confine. Il fiore ribelle delle Dolomiti: vita ed eredità di Maria Piaz
La sua storia parla di coraggio, determinazione e resilienza, qualità che l’hanno resa un’icona senza tempo per le donne delle valli dolomitiche. All’età di 80 anni, insieme al figlio Francesco, concepì un’opera per l'epoca straordinaria: la costruzione della funivia che collega il Passo Pordoi al Sasso Pordoi, una delle prime delle Dolomiti
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Soprannominata la Mére de Pordoi, la Madre del Pordoi, è rimasta un esempio per tantissime generazioni. Maria Piaz non è stata solo una pioniera dell’imprenditoria femminile nelle Dolomiti, ma anche un simbolo di coraggio, indipendenza e determinazione in un’epoca che relegava le donne a ruoli marginali.
La sua vita è stata un susseguirsi di sfide affrontate con tenacia e passione. Nata alla fine dell’Ottocento, giovane e ribelle, rifiutò i vincoli imposti dalla società del tempo, scappando più volte dai masi tirolesi dove era stata mandata per allevare bestiame. Scelse invece il teatro, un ambiente considerato scandaloso per una donna, e, contro ogni convenzione, si separò dal marito, affermando con fermezza la propria libertà.
Il suo amore per le montagne la portò, nel 1902, al Passo Pordoi, dove immaginò un futuro di accoglienza e sviluppo turistico. Qui divenne una delle prime imprenditrici della Val di Fassa, dando vita a una delle più importanti strutture ricettive dell’epoca e trasformando il Pordoi in una meta ambita.
Tra il 1915 e il 1918, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, Maria fu internata nel campo di Katzenau per aver aiutato due disertori a oltrepassare il confine presso il Passo Fedaia. Un gesto che dimostrava il suo spirito indomito e la sua profonda umanità.
Eppure, anche dopo tante difficoltà, Maria Piaz non smise mai di guardare avanti. All’età di 80 anni, infatti, insieme al figlio Francesco, concepì un’opera per l'epoca straordinaria: la costruzione della funivia che collega il Passo Pordoi al Sasso Pordoi, una delle prime delle Dolomiti. Nel 1963, con fierezza, inaugurò quella che sarebbe diventata una delle infrastrutture più iconiche della regione, simbolo del suo spirito visionario.
La sua storia parla di coraggio, determinazione e resilienza, qualità che l’hanno resa un’icona senza tempo per le donne delle valli dolomitiche e oltre. Un fiore tra le nevi, capace di resistere e di lasciare un segno indelebile nella storia, tanto da oltrepassare i confini provinciali ancora oggi.
Ed è proprio Maria Piaz la protagonista della mostra "Come fiori nel cemento", curata da Manrica Rotili, di David Romelli, 45enne nato a Canazei, in Val di Fassa, in occasione dell'evento Pigneto in Love, che si terrà a Roma dal 13 al 28 febbraio in oltre 20 location e con più di 20 installazioni o performance.
Saranno esposti 1.095 fiori in ceramica, collocati in un luogo inospitale, dove nulla può crescere. Un fiore per ogni giorno di prigionia che Maria Piaz, trisavola di David, ha trascorso reclusa nel campo di internamento di Katzenau per aver aiutato due disertori.
“I fiori sono un paradosso vivente. Fragili e delicati, sembrano soccombere al minimo soffio di vento, eppure racchiudono una forza che sfida il tempo, la terra e le avversità. Sono il simbolo perfetto della resistenza: non quella rumorosa e visibile, ma quella silenziosa, paziente e tenace. Quando sbocciano fuori luogo sono ancora più potenti, perché raccontano una storia di lotta”.
Immagine in apertura: Istitut Cultural Ladin