È arrivato il momento di abbandonare la retorica della "montagna incontaminata"? Accettare la presenza umana è forse il primo passo per favorire una frequentazione equilibrata e consapevole
(L'editoriale) Le nostre fotografie spesso riflettono l'idea di montagna che si è sedimentata nella società e dentro di noi: una montagna "purissima", "salubre" e priva di contaminazioni antropiche. Ma ovviamente la realtà ci racconta una storia diversa, ed è forse proprio accettando la presenza umana su Alpi e Appennini che si può favorire una frequentazione più equilibrata e consapevole
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
A chiunque è capitato, scattando una fotografia a un paesaggio montano, di escludere volontariamente dall'inquadratura ogni indizio che suggerisca una presenza umana. Un traliccio dell'alta tensione, una folla, un condominio, i binari del treno, una piattaforma d'atterraggio per gli elicotteri, un muretto a secco, una cabinovia, una ruspa, una strada, una pista da sci, e si potrebbe andare avanti all'infinito.
Questa tendenza a eliminare le testimonianze antropiche dai nostri scatti è il risultato di un processo culturale che, dalla sublimazione romantica in avanti, ha progressivamente trasformato le montagne in un luogo di culto della natura.
E così, con le nostre fotografie, cerchiamo di riprodurre quell'idea di montagna che si è sedimentata nella società e dentro di noi: una montagna "purissima", "salubre" e priva di contaminazioni.
Ma ovviamente la realtà ci racconta una storia diversa: ci parla da un lato di valli sfruttate in modo eccessivo (spesso proprio da chi divulga per fini pubblicitari un'immagine pittoresca/edulcorata della montagna) e caratterizzate da un'intensa e in molti casi disarmonica attività infrastrutturale; e dall'altro di territori esterni rispetto ai grandi flussi turistici, abbandonati a se stessi assieme ai loro ormai rari abitanti e ancora privi di importanti ed essenziali servizi per un vivere dignitoso.
Allora è forse arrivato il momento di abbandonare la retorica della "montagna incontaminata" per abbracciare un discorso culturale rinnovato, che non idealizza la natura e che si faccia promotore di un rapporto equilibrato tra uomo e ambiente.
Anche perché rapportarsi con l'ambiente in modo rispettoso è anche il primo passo per rispettare noi, specie umana, che di quell'ambiente siamo parte integrante.