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Cultura

"Turismo = sfruttamento". Ma perché? Una scritta su un muro invita a osservare i territori con gli occhi dell'intera comunità

"Il valore aggiunto apportato dal turismo, non può essere valutato solo in termini economici né tantomeno con riferimento a una sola categoria (ad esempio gli operatori turistici) ma deve tener conto dell'intera comunità e dei modi in cui i diversi aspetti del turismo interagiscono con essa"

di
Pietro Lacasella
02 ottobre | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

È sempre interessante giocare con i cambi di prospettiva. È sempre interessante provare a spogliarsi delle proprie sicurezze per inseguire le diverse traiettorie umane che, intrecciandosi, vanno a formare la nostra società.

 

Gli ultimi quindici giorni li ho trascorsi in bicicletta, per attraversare prima una porzione di Appennini e poi la Sardegna lungo la costa est. Tra una pedalata e l'altra, a evidenziare il ventaglio di idee da cui prende forma la collettività è stato un innumerevole susseguirsi di scritte sui muri.

 

I muri hanno le orecchie, ma prestando attenzione hanno anche la bocca. E questa bocca parla di noi: individui complessi in società complesse e in costante mutamento.

 

Proprio quando il viaggio stava per volgere al termine ho attraversato una località costiera a grande vocazione turistica. "Non potrebbe essere altrimenti", pensavo gettando lo sguardo dalla scogliera, in un mare dalle mille sfumature turchese.

 

Poi, all'improvviso, il muro di cinta di una rotatoria ha parlato: "Turismo=sfruttamento".

 

"Turismo=sfruttamento". Ma perché? Perché parlare in questi termini di un'attività che in Sardegna, così come in numerose località italiane (anche montane ovviamente), sembra aver portato il tanto auspicato benessere?

 

I pensieri sono tornati a scorrere insieme alla strada e, per ingannare il tempo in un tratto privo di scorci paesaggistici, ho iniziato a giocare con le prospettive, provando a indossare le lenti culturali di chi ha manifestato le proprie convinzioni con la bomboletta.

 

Infatti non tutti vivono di turismo. Sebbene nei territori più ambiti una larga percentuale di persone dipende in modo più o meno diretto da questa economia, in essi si possono osservare anche percorsi lavorativi indipendenti. Agli occhi di queste persone il turista può apparire come una sorta di invasore, talvolta irrispettoso nei confronti di un luogo che custodisce affetti e personali punti di riferimento.

 

Tuttavia l’avversione espressa dalla scritta non si rivolge solo al turista, ma anche (e forse soprattutto) a chi specula in modo eccessivo sul turista e a chi “sfrutta” il territorio per accogliere un numero via via maggiore di persone. Aumenta il cemento, aumentano i visitatori, ma si abbassa la qualità del paesaggio e della vita dei residenti.

 

È evidente quindi – come riportato da un dettagliato articolo uscito su Pianeta Psr – “che il valore aggiunto apportato dal turismo, non può essere valutato solo in termini economici né tantomeno con riferimento a una sola categoria (ad esempio gli operatori turistici) ma deve tener conto dell'intera comunità e dei modi in cui i diversi aspetti del turismo interagiscono con essa”.

 

Questa rinnovata sensibilità potrebbe offrire al turismo un carattere meno opaco, affrancandolo da quelle dinamiche che tutt’oggi lo rendono un’economia difficile da digerire.

Solo così un giorno magari ci imbatteremo in una nuova scritta: “Turismo=risorsa”.

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