Contenuto sponsorizzato
Cultura

Tra legno riciclato e alberi tagliati: la sfida di una nuova narrazione delle foreste e della montagna

Uno spot pubblicitario apparso nelle scorse settimane in TV ci permette di riflettere su una narrazione stereotipata che spesso avvolge la gestione delle foreste, semplificando messaggi complessi. 

di
Luigi Torreggiani
09 gennaio | 18:05
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Di foreste, in TV, si parla assai raramente. Deve avvenire qualcosa di decisamente drammatico ed eclatante, come la Tempesta Vaia o i grandi incendi estivi, per riuscire a bucare il piccolo schermo e portare quel quasi 40% d’Italia sconosciuto ai più - i nostri boschi - nel dibattito pubblico in un contesto così popolare. Quando accade e non si tratta di eventi estremi, per chi come me si occupa di Gestione Forestale Sostenibile è un vero e proprio evento: le chat e le caselle e-mail degli addetti ai lavori entrano in fibrillazione, riempiendosi immediatamente di messaggi, link, riflessioni e commenti.

 

Molto spesso, tuttavia, si tratta di cocenti delusioni: i messaggi rivolti al grande pubblico rivelano sovente stereotipi e pregiudizi tipici di una narrazione "urbanocentrica", che vede ad esempio il bosco e l’albero come elementi intoccabili e la gestione forestale come una pratica sempre e soltanto negativa, mossa da logiche predatorie.

Di conseguenza, chi gestisce attivamente le foreste per produrre servizi ecosistemici utili a tutti noi (come il legno, ma non solo), ne esce mediaticamente con le "ossa rotte". Noi che di mestiere (tra le tante altre cose!) pianifichiamo anche il taglio razionale di alberi attraverso la selvicoltura, finiamo sempre per essere dipinti come "i cattivi della favola".

Questo genera frustrazione tra chi si occupa di questo settore, fondamentale per i territori rurali e montani, ma soprattutto perpetua un sentimento comune che si traduce in un’incomprensione di fondo, che azzera la complessità del rapporto tra esseri umani e risorse naturali. Un malinteso diffuso che ci allontana, di fatto, dal concetto di sostenibilità, che com'è noto non si basa soltanto sul sacrosanto pilastro ambientale, ma anche su quelli economico e sociale.

 

La buonanotte di Giovanni Storti

 

Alcune settimane fa stavo preparando la tavola per la cena. La TV ronzava in sottofondo, attraverso il brusio delle pubblicità che anticipano il TG. Ad un certo punto ho sentito parlare di legno e di alberi e sono corso immediatamente in sala a godermi quel raro, rarissimo evento, per giunta inserito in una delle fasce d’ascolto più seguite dal pubblico!

 

Mi è apparso sullo schermo un volto noto, che da sempre ammiro non solo per la sua comicità genuina, ma anche per il recente impegno a sostegno delle cause ambientali: Giovanni Storti, del famoso trio Aldo, Giovanni e Giacomo.

Si trovava in una cameretta, con una bambina di cinque anni - Viola - ed era intento a rimboccarle le coperte prima della buonanotte. La bambina diceva di avere paura del "mostro dell’armadio" e Giovanni le rispondeva dolcemente che in quel mobile, in realtà, era nascosta una "magia buona"

 

E qui viene il bello, o meglio, il problema, a mio avviso. Giovanni ha chiesto a Viola: "Ma sai quanti alberi hanno tagliato per fare la tua cameretta? Zero! È tutto legno riciclato!"

 

La pubblicità in questione è di una delle più grandi e virtuose realtà industriali nazionali nel campo del riciclo di legno, che svolge un lavoro encomiabile. 

 

L’industria del riciclo di questa materia prima rinnovabile è infatti un fiore all’occhiello del nostro Paese: con una percentuale che si attesta al 63% circa rispetto all’immesso al consumo - valore che è più del doppio rispetto all’obiettivo fissato dall’Unione Europea (30% entro il 2030) - l’Italia in questo campo è un vero e proprio esempio per tutta Europa. Il 95% del legno riciclato viene trasformato in pannelli truciolari utilizzati dall'industria del mobile e dei complementi d'arredo, proprio come nella cameretta di Viola. 

 

Ma torniamo alla frase: "Sai quanti alberi hanno tagliato per fare la tua cameretta? Zero!"

Si tratta ovviamente di una mezza verità.

 

Da dove proviene quel legno che, in modo virtuoso, è stato poi riciclato? Da un bosco ovviamente, o da un impianto specializzato. Di conseguenza, prima del riciclo, l’albero è stato tagliato, eccome!

 

Ma se ciò è stato fatto attraverso una gestione responsabile, ancor meglio se certificata, il ciclo virtuoso e straordinario del legno può dirsi davvero completo: una materia prima rinnovabile, prelevata in modo sostenibile, che viene non solo utilizzata per tanti manufatti utili (stoccando carbonio per decenni), ma addirittura riciclata!

Questa sarebbe stata, a mio avviso, la meravigliosa "magia buona" da raccontare: una storia completa, equilibrata, onesta.

 

Al contrario, gli ideatori della pubblicità hanno scelto di escludere forzatamente ciò che accade a monte, prima della virtuosa fase di riciclo, probabilmente perché sanno bene quanto sia faticoso spiegare alla maggior parte del Paese, che vive sconnesso dai territori rurali, che tagliare alberi non è, necessariamente, deforestazione e distruzione dell’ambiente.

Così facendo hanno deciso di imboccare la strada più semplice: strizzare l'occhio ad un certo "populismo ambientale" rinunciando a proporre un'informazione indubbiamente più difficile, ma decisamente più appropriata.

Hanno scelto di non cogliere la sfida della complessità, di una rinnovata narrazione dell’ambiente, delle foreste e della montagna che veda l’essere umano, come ha scritto Papa Francesco nella illuminante Esortazione apostolica Laudate Deum: "Non come un estraneo, un fattore esterno capace solo di danneggiare l’ambiente, ma come parte della natura". Secondo Papa Francesco, infatti, l’indispensabile superamento del paradigma tecnocratico, tanto dannoso e distruttivo dell’ambiente, "Non si troverà in una negazione dell’essere umano, ma comprende l’interazione dei sistemi naturali con i sistemi sociali".

 

Interconnessioni

 

Quella sera la cena è stata dura da digerire. Oltre alla pubblicità con protagonista Giovanni Storti, ho scoperto che un altro spot, della stessa campagna pubblicitaria, è interpretato da Francesco Gabbani, musicista che apprezzo, anch’egli molto impegnato per le cause ambientali.

Entrambi i filmati si concludono con un’immagine molto forte, positiva ed emozionante: le rispettive stanze non appaiono immerse in un contesto urbano, come ci si potrebbe immaginare, ma in una bella foresta, quindi in montagna. Città e territori rurali appaiono così uniti, intersecati, interconnessi, come dovrebbero essere nella realtà. In quella foresta però, ho pensato, manca qualcosa di fondamentale: gli esseri umani, manchiamo noi. 

 

Non siamo soltanto coloro che se ne stanno chiusi nelle stanze di città. Siamo anche coloro i quali in montagna vivono, lavorano, studiano e che possono gestire, con responsabilità e rigore scientifico (anche molto meglio di quanto accade ora!), le risorse e i servizi della natura lungo la strada della transizione ecologica, mediando con lungimiranza l'esigenza di generare servizi ecosistemici e produrre materia prima rinnovabile con quella, altrettanto fondamentale, di tutelare habitat e specie a rischio.

 

Bisognerebbe iniziare a narrarlo, anche in TV, in prima serata.

Bisognerebbe avere il coraggio di investire, con forza, su una nuova narrazione delle foreste e della montagna.

Su L’AltraMontagna, nel nostro piccolo, ci impegneremo a farlo.  

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Sport
| 22 gennaio | 13:00
Donato al Museo etnografico Dolomiti, è stato esposto dopo un’accurata ripulitura e manutenzione che lo ha portato all'originario splendore
Ambiente
| 22 gennaio | 12:00
Beatrice Citterio, ricercatrice in trasformazioni territoriali alla libera università di Bolzano, è ospite della nuova puntata di Un quarto d'ora per acclimatarsi, il podcast de L'AltraMontagna che approfondisce i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi le vive, le affronta e le studia
Sport
| 22 gennaio | 11:00
Ad imporsi è stata la Svizzera, che annoverava tra le proprie fila anche ex calciatori di assoluto livello come Benaglio, Mehmedi, Chapuisat e Frei, che in finale ha piegato per 8 a 6 la Germana. L'evento si disputa dal 2010, è giunto alla 13esima edizione e richiama un gran pubblico nella città del Canton Grigioni
Contenuto sponsorizzato