"Liberiamoci dalla sacralizzazione del selvaggio, e troviamo nella cura attiva dell’ambiente la via necessaria a preservare il pianeta e noi stessi". In libreria l'ultimo libro di Marco Albino Ferrari
Da domani, venerdì 18 ottobre, è in libreria l’ultimo lavoro di Marco Albino Ferrari: Il canto del Principe (Ponte alle Grazie). Sembra una fiaba, ma non lo è. È una storia vera
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
«Il pericolo non è l’uomo in sé, semmai sono i suoi comportamenti nefasti». È necessario «scardinare la contrapposizione uomo-natura: liberiamoci dalla sacralizzazione del selvaggio, e troviamo nella cura attiva dell’ambiente la via necessaria a preservare il pianeta e noi stessi». Questo uno degli obiettivi espressi da Marco Albino Ferrari nel suo ultimo lavoro Il canto del Principe (Ponte alle Grazie), in libreria da domani, venerdì 18 ottobre.
Sembra una fiaba, ma non lo è. È una storia vera; è la storia dell’abete bianco più alto d’Europa, abbattuto nel 2017 dalle raffiche di una tempesta di phön. Attorno all’Avez del Prinzep, così era conosciuto sull’Altopiano di Lavarone, si intrecciano traiettorie umane, letterarie, musicali che lo tengono in vita non solo nella memoria, ma anche sotto forma di strumenti musicali: “L’albero è stato trasformato in musica”. Evidenziare la relazione uomo-natura in parte capovolge un approccio ambientalista che indica nell’assenza antropica la salvezza dei territori montani: questo libro fa invece eco a un cambio di paradigma, che sostituisce l’assenza con la coesistenza. Proprio sul nostro essere parte integrante dell’ambiente, infatti, dovremmo lavorare per immaginare una presenza antropica meno invasiva e soffocante.
Marco, ci puoi dire di cosa parla questo racconto che è piaciuto anche a un critico severo come Corrado Augias, il quale lo ha commentato così: «La magia di un albero che muore e risorge, dal fruscio delle foglie al suono d’un violino. Un incanto».
Il Principe, o Avez del Prinzep, era l’abete bianco più alto d’Europa. Lo avvistavi a chilometri, sembrava un albero conficcato sopra la distesa degli altri alberi. Mario Rigoni Stern ricorda che «alla sua ombra amava sostare Sigmund Freud». Ma il Principe non era solo l’albero dei primati, non era solo meta di incessanti pellegrinaggi da parte di escursionisti, botanici, curiosi. C’era in lui un elemento immateriale che aveva a che fare con gli abitanti dell’Altopiano di Lavarone. Ecco perché dopo il suo schianto, avvenuto durante una tempesta di phön (2017), giornali e televisioni annunciarono: «L’Altopiano ha perso la sua anima». Ma si sbagliavano, perché un certo tipo di anima (che non è quella che pensiamo) venne creata da un maestro liutaio (Gianmaria Stelzer), così come i due violini, la viola e il violoncello che l’avrebbero contenuta. Trasformando l’albero in musica.
Questo tuo ultimo breve libro sembra una fiaba, ma è una storia vera. Ha tutte le caratteristiche dell’apologo, ovvero un racconto fiabesco che contiene un fine etico e pedagogico. È così?
“Il canto del Principe” sembra una fiaba per il suo registro linguistico. Ma non è una fiaba. Per due motivi. Il primo è che si basa su una storia vera, meravigliosamente vera. Il secondo è che questa storia, pur dal sapore fiabesco, non umanizza la natura, non le riconosce il ruolo di soggetto unitario e senziente, come tendono invece a fare le fiabe. Gli animali non parlano, e neppure gli alberi. Semmai gli elementi naturali parlano attraverso gli occhi oggettivi della scienza. Il coprotagonista, dopo il grande albero, è il Custode forestale (Damiano Zanocco, uomo di scienza), c’è poi il Musicista (Giovanni Costantini), che entra a metà dando una svolta alla vicenda.
Il libro è anche un fantastico viaggio tra i boschi, luoghi di leggende e di antiche culture materiali.
Sull’Altopiano domina il vasto corpo silvestre dentro il quale si aprono però aree nude, prati da sfalcio e torbiere, laghetti, stagni dove si rinnovano sorprendenti scenari sonori, come il gracchiare dei ranocchi in riva a certe zone umide, o i gridi rochi dei caprioli. Il racconto è anche un’immersione in questi suoni.
Questa storia è anche uno spettacolo intitolato ANIMA, come è nato?
Tutto parte da un’idea del direttore d’orchestra Giovanni Costantini, il quale, fin dal 2017, ha lavorato con grande impegno (insieme al sindaco di Lavarone Isacco Corradi) alla realizzazione del quartetto d’archi utilizzando il legno del Principe. A Costantini sono grato perché mi ha affidato questa storia da sviluppare per uno spettacolo di narrazione e musica chiamato ANIMA, di cui lui è direttore artistico. Sul palco, insieme a me e a Giovanni, c’è infatti il quartetto, il corno delle Alpi e le percussioni. La regia di ANIMA è firmata da Andrea Brunello della compagnia Arditodesìo, con le musiche originali sono del compositore Giovanni Bonato. ANIMA ha debuttato in una serata memorabile davanti a cinquecento persone al Muse di Trento, dopo aver proposto un’anteprima-studio del racconto anche al Trento Film Festival.
Da Progetto ANIMA. Ph. Matteo De Stefano/Archivio Muse4
L’apologo finisce con una netta presa di posizione: il senso è non condannare l’uomo in quanto tale per gli squilibri naturali che vediamo. È vero?
Il pericolo non è l’uomo in sé, semmai sono i suoi comportamenti nefasti: l’emissione di inquinanti, la tendenza a confondere il benessere con il consumo. Spesso si tende a prendere la scorciatoia e risolvere la questione condannando l’uomo in quanto tale: l’uomo come nemico a priori, come ospite inopportuno del pianeta. Ma così facendo l’uomo viene automaticamente contrapposto alla natura, dimenticando che noi stessi siamo natura. L’obiettivo che sento forte di dover esprimere è scardinare la contrapposizione uomo-natura: liberiamoci dalla sacralizzazione del selvaggio, e troviamo nella cura attiva dell’ambiente la via necessaria a preservare il pianeta e noi stessi.
La copertina ospita un disegno inedito del grande artista Guido Scarabottolo, come è arrivato a questa riduzione grafica della storia?
Un piccolo uomo rosso sotto l’immenso albero azzurro. Questa storia lui l’ha vista così.