La nascita dell'alpinismo è avvenuta davvero come da decenni ci viene raccontata? Andrea Zannini offre una nuova prospettiva con il suo ultimo libro "Controstoria dell’alpinismo"
Il libro di Andrea Zannini verrà presentato oggi, lunedì 10 giugno (Museo Diocesano di Vicenza, ore 21:00) nell’ambito della rassegna vicentina Una Basilica di libri. A dialogare con l’autore sarà Luca Trevisan, accademico olimpico, che ha dedicato alcune pubblicazioni proprio alla storia della montagna vicentina
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Ci si è a lungo interrogati su come e quando sia nato l’alpinismo moderno. La domanda non è di certo nuova ed è cosa nota il riconoscimento da parte degli studiosi del fatto che l’alpinismo sia episodio tutt’affatto relativamente recente, che investe il mondo alpino a partire dal XVIII secolo.
“La storia della nascita dell’alpinismo è raccontata secondo uno schema che si ripete uguale da due secoli”, scrive Andrea Zannini nella prefazione al suo ultimo libro, Controstoria dell’alpinismo (2024), pubblicato dall’Editore Laterza in collaborazione con il Club Alpino Italiano. “All’origine ci sarebbe la grande scoperta razionalista delle Alpi quali laboratorio della natura: una rivoluzione che avrebbe schiuso all’uomo territori inesplorati che le rozze popolazioni alpine popolavano di superstizioni. La passione settecentesca per l’alta montagna avrebbe quindi aperto la strada alla conquista cittadina delle cime e all’invenzione dell’alpinismo”.
A queste convinzioni ormai stratificatesi e accreditate presso gli studiosi si contrappone ora la ricerca di Zannini, docente di Storia dell’Europa presso l’Università di Udine, che ha al suo attivo, tra molte altre, indagini scientifiche e pubblicazioni in materia di storia economica e sociale della Serenissima, di storia dell’emigrazione e di storia della Resistenza. Con il suo libro Controstoria dell’alpinismo Zannini rovescia questo modo di guardare all’universo alpino e alla storia della frequentazione delle terre alte.
Possiamo davvero e compiutamente parlare di questa o di quella “prima salita” a svariate cime alpine? Possiamo davvero dar credito a quelle relazioni alpinistiche tardo-sette o ottocentesche che, con un entusiasmo non privo di certo retorico trionfalismo di ascendenza romantica, riferiscono dell’ardita impresa della prima conquista della vetta? Nel suo bel libro Andrea Zannini spiega, attraverso una prosa sempre asciutta e chiara, perché, molto spesso, non sia opportuno fidarsi ciecamente di quelle relazioni, quando si ha a che fare con le montagne delle Alpi e degli Appennini.
Quelle terre alte, ancor prima di configurarsi come il richiamo di naturalisti e, quindi, di cittadini desiderosi di raggiungerne le vette, erano state il palcoscenico di popolazioni autoctone che, su quegli stessi monti, si erano mosse per secoli. Non solo lungo valli e pendii, ma anche giungendo a spingersi in alto, sulle cime delle montagne. E per più ragioni. In esse si erano mossi cacciatori, boscaioli, malgari, raccoglitori di cristalli e minerali, artigiani, religiosi, provveditori ai confini intenti a definire e poi a verificare linee frontaliere di demarcazione territoriale, spesso stabilite proprio lungo le linee di cresta.
“La storia dell’alpinismo”, conclude insomma Zannini, “ne risulta riscritta dalle basi e tutti i suoi eventi fondatori assumono così una luce completamente diversa”.