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Cultura

La montagna vista attraverso le lenti della giustizia climatica e sociale: la scuola che punta a connettere problemi globali e questioni locali

È partita in Valle Vermenagna (Piemonte) la Scuola di ecologia politica in montagna. Un'intuizione nata in Emilia Romagna, nell'area dei laghi dell'Appennino Bolognese, dove a ottobre si parlerà di futuro a partire da due concetti strettamente legati: memoria e scuola

di
Daria Capitani
21 settembre | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Porsi domande non più rimandabili rispetto alla relazione tra gli esseri umani e il proprio ambiente, e in particolare rispetto alla relazione tra la città e la montagna. È il senso più profondo della Scuola di ecologia politica in montagna (ne abbiamo già parlato qui) è partita venerdì 20 settembre in Valle Vermenagna (Piemonte) e dall’11 al 13 ottobre a Castiglione dei Pepoli (Emilia Romagna).

 

Perché una scuola come questa? «L’idea è nata come evoluzione di un progetto di sviluppo territoriale a base culturale che Articolture ha curato per dieci anni sull’area dei laghi dell’Appennino Bolognese, "Lagolandia". Un tempo che ha permesso un’esplorazione profonda di quel territorio, dal punto di vista ambientale, sociale e amministrativo. Queste relazioni e consapevolezze, insieme all’incontro con l’associazione Boschilla e le loro competenze sulla montagna e le aree interne, ci hanno portato a concepire un contenitore di studio più specialistico - spiegano Andrea Chiloiro e Riccardo Franchini di Boschilla e Chiara Galloni di Articolture -, più utile per contribuire concretamente ad affrontare le sfide e le contraddizioni della contemporaneità, in particolare del rapporto controverso con i grandi capoluoghi che poggiano sull’Appennino tosco-emiliano, Bologna e Firenze».

 

 

Giunta alla quinta edizione, la scuola ha incontrato quest’anno Noau Officina Culturale e Ne.MO. Nuova Economia in Montagna per dare vita a una seconda sede a Vernante, sulle Alpi marittime piemontesi. Alla vigilia dell’esordio, la proposta piemontese è già un successo, con oltre 50 candidature, su un programma elaborato in modo lievemente diverso da quella emiliana. «Il legame con il Piemonte è cominciato fin dalle prime edizioni – spiegano i promotori -: la curatela scientifica e la collaborazione con Riabitare l’Italia ci ha portato a incontrare molti professionisti dell’arco alpino, in particolare piemontese, dove fioriscono gli studi sul contrasto allo spopolamento e nello specifico sul modello culturale e politico della metromontagna. L’anno scorso abbiamo così fatto la conoscenza dei professionisti del progetto Ne.MO. e di Noau Officina culturale. La sintonia è stata tale che abbiamo scritto un bando di progetto a sei mani con l’idea di aprire una nuova scuola e creare così, idealmente, diversi nodi di una rete che vorremmo ampliare in futuro anche all’Appennino centro meridionale».

 

Nelle settimane in cui scuola è la parola al centro dei pensieri di famiglie, istituzioni e docenti, il focus di questa edizione sarà “Futuro” a partire da due concetti: memorie e scuole. «Ogni anno la nostra scuola si snoda a partire da una o due parole chiave, sempre partendo da una prospettiva che incroci aree interne ed ecologia politica, attorno ai quali focalizzare l’attenzione e discutere in modo interdisciplinare. In conseguenza a lunghi decenni di spopolamento che hanno sottratto all'Appennino popolazione, economie e servizi, questi territori hanno perso soprattutto la capacità di immaginare dei futuri possibili da una prospettiva “autoctona”. In molti casi purtroppo assistiamo a comunità svuotate di senso. Ciò che sta avvenendo in questi anni però, anche grazie a tanti esperimenti simili al nostro, è una forma di riscatto culturale per cui le aree interne non si percepiscono più soltanto come marginali, anzi proprio la loro perifericità gli permette di porsi delle domande nuove e di interrogarsi sul proprio futuro. L’edizione di quest’anno vuole raccogliere questa sfida di ripensare sé stessi a partire da due concetti strettamente legati all’idea di futuro». Memoria non sarà intesa come nostalgia del passato ma come strumento per costruire nuove narrazioni delle comunità, ripensando in modo contemporaneo gli archivi cartacei e audiovisivi, le memorie collettive e le forme della tradizione orale. Scuola invece verrà declinata in maniera molteplice, «sia come scuola pubblica e spazio fisico cruciale per giovani, tanto più in questi territori dove la chiusura di un istituto annulla ogni prospettiva futura, sia come istituzione che anche e soprattutto nelle aree interne deve avere la forza di rinnovarsi per trasmettere conoscenze utili a rispondere alla crisi ecologica in corso. Scuola, infine, significa processo di formazione continua: tra i nostri ospiti avremo, ad esempio, il corso di formazione nazionale Ghiaccio Fragile, il progetto Neo della Valle Subequana e la Scuola dei Piccoli Comuni di Castiglion Messer Marino».

 

Ciò che più sta a cuore agli ideatori della scuola è parlare di montagna in montagna. «Fino a qualche anno fa la discussione sulle aree interne era relegata, spesso, ad alcuni convegni accademici o a incontri di specialisti che avvenivano in città. Il nostro primo obiettivo era quindi quello di portare queste riflessioni in montagna e costruirle a partire dalla montagna. Per fare questo ci è sembrato ovvio intersecare prospettive diverse ma che si interrogavano sulle stesse questioni come gli studi sul territorio e l’approccio, accademico e politico, dell’ecologia politica».

 

Le terre alte rappresentano oggi dei laboratori di sperimentazione sociale, politica, economica e culturale? «In un contesto di crisi ambientale globale ci sembrava necessario parlare di montagna attraverso le lenti della giustizia climatica e sociale, che sono poi proprie dell'ecologia politica. L’intenzione che ci muove è proprio formare équipe di ricerca con formazioni multidisciplinari al servizio del territorio e farsi contaminare dalle prospettive che la popolazione locale ci offre. Un tentativo, muovendosi tra dimensioni macro e micro, di connettere problemi globali e questioni locali, per leggere con lenti nuove la complessa ecologia di un territorio, provando a stare dentro alle trasformazioni che lo attraversano».

 

La Scuola di Ecologia Politica in Montagna non è una scuola “professionalizzante”, non rilascia certificazioni e attestati ufficiali o competenze tecniche specifiche: rappresenta un momento di incontro, confronto, scambio e reciproca ispirazione. «Il risultato lo vediamo dalle storie che ci tornano indietro – racconta Andrea Chiloiro -. Per citare l'ultima in ordine di tempo, tra le partecipanti dell'anno scorso abbiamo avuto Alice Liguori che proprio in questi giorni ha voluto condividere con noi uno dei progetti su cui è impegnata: “U' Cinemittu”, il cinema più piccolo d'Italia, a Longone Sabino (ne abbiamo parlato qui). Ebbene, Alice in questi giorni ci ha ringraziato pubblicamente affermando che questa preziosissima esperienza è in parte legata alla sua partecipazione all'edizione 2023 della scuola. Un contributo indiretto che per noi significa tantissimo e che forse riassume al meglio il senso di una scuola come la nostra in Appennino».

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