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Cultura

La montagna ha un futuro? Dipende dalla nostra capacità di osservare le stelle

(L'editoriale) In quest’Italia increspata di rilievi, come società siamo di fronte a un bivio: volgere lo sguardo a monte, per donare un futuro ai territori montani, a chi li abita e a chi vorrebbe abitarli; oppure continuare a osservare la pianura, con i suoi miti, le sue comodità e le sue sporadiche stelle

di
Pietro Lacasella
18 marzo | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Con il tramonto sopravvive soltanto la sagoma delle montagne e giù, a valle, si accendono le contrade. Il buio, avvolgendole, le trasforma in costellazioni della terra. Ma sono timidi bagliori, che sembrano fuggire dal fragore luminoso della Pianura Padana.

Non è solo la terra a essere tagliata in due, ma anche il cielo: se guardando a monte si scorgono le stelle, sulla pianura aleggia un nero opaco e impenetrabile, dove le luci degli uomini hanno bruciato quelle della natura.

 

Come suggerisce il titolo di un bel libro di Irene Borgna, la maggior parte dei cieli italiani sono neri. Le stelle, in Italia, sono una specie in via d'estinzione e molti ragazzi non hanno mai avuto la fortuna di ammirare la Via Lattea. Allo stesso modo, anche gli uomini che riescono ancora scorgerle (come gli abitanti delle valli esterne rispetto ai grandi flussi turistici) fanno parte di comunità in bilico, vittime dello spopolamento. Come le stelle, la vita di contrada è stata bruciata dalle dinamiche socio-economiche del secondo dopoguerra.

 

Ciononostante, anche nel cielo di Milano si intravvedono dei bagliori. Gli stessi che continuano a sfavillare nei paesi di montagna, grazie a chi ha avuto la forza di rimanere, ma anche a chi ha trovato il coraggio di salire dalla pianura per coprire un vuoto; per tenere viva la luce nei paesi e nelle contrade.

 

Quelle montagne “di mezzo”, come le ha identificate Mauro Varotto, che non hanno conosciuto i fasti portati dal turismo di massa (con i suoi pregi e difetti), che non hanno assaporato la speranza di un futuro economico più rassicurante e di una vita svincolata dal quotidiano rapporto con ambienti difficili, ma che al invece hanno superato in parte indenni un’epoca capace di consumare inesorabilmente il territorio: ecco, sono proprio quelle montagne oggi a diventare un foglio bianco dove abbiamo la possibilità di scrivere il futuro dei territori montani. Un futuro che non deve correre il rischio di rimanere ingessato nella malinconia di un passato a molti di noi sconosciuto, ma che può guardare in avanti grazie alle tecnologie e agli approdi culturali offerti dal presente.

 

Esistono ancora le stelle? Ovviamente sì, e ce lo dimostra quotidianamente chi ha impugnato quel foglio bianco in uno slancio di creatività. Quei fogli, quelle pagine così preziose in un presente estremamente assetato di esempi dovrebbero tuttavia essere inseriti in un volume di carattere politico, affinché le iniziative soggettive acquisiscano una dimensione collettiva.

 

In quest’Italia increspata di rilievi, come società siamo di fronte a un bivio: volgere lo sguardo a monte, per donare un futuro ai territori montani, a chi li abita e a chi vorrebbe abitarli; oppure continuare a osservare la pianura, con i suoi miti, le sue comodità e le sue sporadiche stelle.

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