Disarmato, tenta di dialogare con un gruppo di soldati tedeschi e gli sparano. In ricordo di Bruno Castiglioni, geografo di montagna caduto il primo giorno di pace
Nel giorno dell’anniversario della Liberazione d’Italia ricordiamo il geografo Bruno Castiglioni, caduto il 27 aprile 1945 a Pavia tentando di dialogare con un gruppo di soldati tedeschi che non riconosceva la resa. Come accaduto al fratello Ettore Castiglioni, anche Bruno cadde aiutando chi subiva le ingiustizie del regime nazi-fascista. Ricordiamo i due fratelli e il loro sacrificio
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Oggi il 25 aprile è un giorno di festa, la Festa della Liberazione. Quel giorno di settantanove anni fa il Comitato di Liberazione Nazionale proclamava l’insurrezione generale dei territori occupati dai nazi-fascisti.
Forse un po’ semplicisticamente ricordiamo questa data come l'anniversario della fine della seconda guerra mondiale sul nostro territorio. In realtà, in quei momenti di semplice c’era davvero poco. Tante delle lapidi sparse nelle città a ricordo dei partigiani e delle partigiane cadute in questa guerra portano come data di morte proprio il 25 aprile 1945 o i giorni immediatamente successivi. Il proclama non si tradusse infatti in un’immediata resa da parte dei nazi-fascisti. Manipoli di soldati non si arresero e continuarono a combattere contro i gruppi partigiani.
Una di queste vittime fu il geografo Bruno Castiglioni (1898-1945), ucciso a Pavia il 27 aprile 1945 da una raffica di mitragliatrice esplosa da un gruppo di nazisti accampati fuori città. Se siete appassionati di alpinismo e della sua storia, probabilmente conoscete il fratello minore di Bruno, Ettore Castiglioni (1908-1944). Egli fu uno dei protagonisti dell’epoca d’oro del sesto grado, con tante vie aperte in ogni angolo delle Alpi, molte delle quali ancora ambite e ripetute. Ettore Castiglioni, oltre che per le sue prestazioni alpinistiche di prim’ordine e il suo alpinismo romantico ed esplorativo, è ricordato per il triste epilogo. Morì assiderato nel cuore dell’inverno mentre tentava di valicare un passo in quota tra Engadina e Valmalenco. A spingerlo lassù l’impegno che da tempo spendeva per aiutare i perseguitati a raggiungere la neutrale svizzera attraverso i passi di montagna.
La salma di Ettore fu trovata solo quando le nevi si ritirarono all'inizio dell'estate. Il giorno del funerale a Chiareggio, a reggere la bara c’erano gli amici più cari e il fratello Bruno, da cui Ettore aveva a suo tempo appreso i rudimenti dell’arrampicata e dell’alpinismo e a cui era sempre rimasto profondamente affezionato.
Quel giorno, Bruno Castiglioni non pensava sicuramente alla possibilità che meno di un anno più tardi una sorte simile sarebbe toccata anche a lui. A Pavia, dove Bruno viveva da qualche tempo grazie alla cattedra universitaria di geografia che gli era stata affidata, il proclama dell'insurrezione fu diffuso il 26 aprile. Bruno Castiglioni era a casa sua con la famiglia, la moglie e i due figli piccoli. Appena saputa la notizia, decise senza esitazione di esporre un grande tricolore sul balcone, sebbene la moglie Carla lo avesse invitato alla prudenza visto il gran numero di fascisti e nazisti ancora in giro. Poche ore più tardi, per le strade si sparse la voce che alcuni nazisti si erano asserragliati fuori città, continuando a sparare a chiunque si avvicinasse. Conoscendo il tedesco, Castiglioni si diresse verso l’avamposto. Arrivato all’ultimo riparo preparò un grande panno bianco da sventolare per far capire ai soldati le proprie intenzioni: voleva spiegare loro che non c’erano ragioni per continuare a combattere, la guerra era finita.
Raggiunto il terreno scoperto iniziò a camminare deciso con il bianco drappo. Fece solo pochi metri perché subito una raffica ruppe il silenzio e il professore cadde a terra. Fu tratto al riparo, ma le ferite erano troppo gravi. Riuscì a parlare un’ultima volta con la moglie ma poche ore più tardi, il 27 aprile, spirò. Il primo giorno di pace fu per lui l'ultimo.
Bruno ed Ettore avevano cominciato ad arrampicare insieme poco più che bambini. Il primo instillando al secondo l'arrampicata, le manovre di corda e l’amore per i monti. Passavano intere estati a esplorare i più remoti sottogruppi delle Alpi Orientali: Bruno cercava piccoli ghiacciai sconosciuti e tracce geologiche da descrivere, Ettore invece sviluppava la sfrenata passione per l’alpinismo e la verticalità. Fu in quei giorni che forse inconsapevolmente Ettore imparò dal fratello a leggere il terreno con silenziosa ma incontenibile attenzione. Chi conosce le guide alpinistiche di Ettore Castiglioni -autentici tesori- sarà sorpreso dal sapere che Ettore le scrisse con la stessa cura e attenzione che Bruno mise nella preparazione delle sue monografie geografiche e geologiche. Estenuanti marce, salite, scoperte, progetti. Estate dopo estate i fratelli svilupparono una portentosa sensibilità per l'ambiente montano. Dopo questi esordi comuni presero strade diverse, ma entrambi riuscirono a rendere la montagna la cifra della propria esistenza.
Durante la sua breve carriera Bruno Castiglioni si occupò di diversi temi. Il primo fu la glaciologia, che considerò il perfetto punto di incontro tra le sue passioni: l'alpinismo da una parte e le Scienze della Terra dall'altro. Dopo essersi guadagnato la fama di più profondo conoscitore dei ghiacciai delle Alpi Orientali, Castiglioni allargò il suo campo d'azione, producendo accurate monografie geologiche e geografiche su alcuni massicci dolomitici. Insuperate rimangono quelle dedicati alla Civetta (1931) e alle Pale di San Martino (1939). Negli ultimi anni si occupò soprattutto di geomorfologia -la disciplina che studia le forme del paesaggio e i processi che le scolpiscono- e di geografia umana, ovvero quella branca della geografia che esplora lo stretto rapporto che sempre si instaura tra un territorio e la popolazione che lo abita. Tenne sempre le Alpi, e in parte gli Appennini, al centro del suo percorso di ricerca. Possiamo senza ombra di dubbio dire che Bruno Castiglioni fu in tutto e per tutto geografo e geologo di montagna.
I due fratelli Castiglioni eccelsero nei rispettivi campi, diventando veri e propri punti di riferimento. L'autorevolezza che li circondava si intuisce dai tanti tributi che gli vennero riconosciuti dopo la morte. Fu proprio la fine a riavvicinarli tragicamente a distanza di un anno l'uno dall'altro. Caddero entrambi cercando di proteggere chi subiva gli obbrobri del nazi-fascismo. La storia dei fratelli Castiglioni ci ricorda senz’altro che fare la cosa giusta può costare un enorme sacrificio. Credo sia proprio questo il messaggio più importante che dovremmo celebrare con la festa della Liberazione. Grazie Bruno, grazie Ettore.