Alexander Langer nasce a Vipiteno il 22 febbraio 1946: l'anniversario invita a ricordarlo
L'AltraMontagna ha deciso di dedicare la giornata odierna ad Alexander Langer, il cui anniversario invita a ripercorrerne la vita, le opere e il pensiero. Il primo contributo è un ricordo di Mirta Da Pra Pocchiesa
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Caro Alex (Langer),
oggi, 22 febbraio 2024, è, sarebbe stato, il tuo compleanno: 78 anni. Auguri! E grazie di continuare ad esserci, con quello che ci hai insegnato, che hai rappresentato e rappresenti per molti di noi sognatori di una Politica vera, degna di questo nome, in Italia, in Europa, nel Mondo. Noi che vogliamo essere come tu ci hai insegnato, “mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera”.
Da l’AltraMontagna - questa nuova sfida editoriale che parla a molti giovani e alla quale certamente tu avresti guardato con curiosità e avresti anche aiutato a crescere, col rigore e la passione che per te meritava tutto ciò che concerneva le montagne - mi hanno chiesto di scrivere un ricordo, dei pensieri su di te.
Lo faccio in punta di piedi, sapendo che altre persone avrebbero avuto più titolo per farlo, come Edi Rabini, tuo amico e collaboratore per tanto tempo e Valeria Malcontenti, tua moglie. Lo faccio quindi come una delle tante persone a cui hai ispirato scelte forti: sociali, ambientali e pacifiste, tutte strette saldamente assieme. Una dei tanti che ti sentono ancora vicino, rileggendo le tue parole profonde, lungimiranti, come solo i profeti sanno fare.
Per farlo riprendo parole tue su alcuni temi che oggi meritano di rileggerti. Penso alle “virtù verdi” che hai proposto a tutti, nessuno escluso, quindi non solo per gli aderenti al Partito dei Verdi che tu hai onorevolmente rappresentato non dimenticando mai, come Politico, di tenere contatti stretti, quotidiani, col mondo dei movimenti che sapevi essere spesso anticipatori di istanze e fautori di proposte per la tutela dei beni comuni. Le riprendo:
- “La consapevolezza del limite. (…) la logica del continuo accrescimento, questa logica a spirale espansionistica (“produrre di più, consumare di più, dominare di più, controllare di più, regolamentare di più”) è una logica che oggi è sicuramente in crisi e non solo perché le risorse a un certo momento si mostrano finite e quindi limitate. Il riconoscimento del limite non è quindi solo dire “non mangiamo tutto oggi perché sennò domani non ne avremo più” ma piuttosto vuol dire forse “È meglio non fare certe cose che oggi sono già fattibili ma che non sono siamo assolutamente in grado di dominare, e forse neanche in grado di prevederne le conseguenze”. (…)
- L’ “auto-limitazione e in particolare la rinuncia a tutto ciò che in qualche modo provoca conseguenze irreversibili generali. (…)la virtù dell’autolimitazione che credo più virtuosa della limitazione subìta per pressione e probabilmente anche un atteggiamento di maggiore modestia rispetto alla possibile onnipotenza che oggi l’umanità o almeno una parte di essa riuscirebbe a dispiegare significano rivalutare un obiettivo che sicuramente tutti hanno un po’ sottovalutato e cioè l’equilibrio”.
- L’altra virtù verde che ci hai proposto è la conversione ecologica. “La conversione non è solo un termine spirituale (lo è sicuramente in modo molto forte) ma è anche un termine produttivo, un termine economico. Riconvertire o convertire la nostra economia, la nostra organizzazione sociale verso rapporti di maggiore compatibilità ecologica e di maggiore compatibilità sociale, di minore ingiustizia, di minore divaricazione sociale, di minore distanza tra privilegi da una parte e privazione dall’altra (…).
- L’obiezione di coscienza. “E’ la capacità di dire no al potere (e non solo al governo, ai carabinieri, al Ministero di Difesa che manda la cartolina di precetto e altre cose del genere) ma anche la capacità di obiezione anti-consumistica, di obiezione al conformismo televisivo, di obiezione di parte di operai o tecnici alla produzione di armi”(…).
- “Privilegiare il valore d’uso al valore di scambio. Noi siamo oggi fortemente condizionati da un sistema talmente orientato al profitto e siamo talmente succubi di una logica meramente economica che ormai ogni cosa vale per quel che può dare sul mercato. (…) Privilegiare il valore di uso rispetto al valore di scambio può voler dire tante cose: dal riciclaggio delle cose già usate, fino al fatto di riconoscere un suo valore a tutto quello che usiamo, comprese quelle cose che sono considerate alla stregua di merci come l’acqua che usiamo o l’aria respirabile, che proprio per la riduzione a puro valore di scambio (l’acqua per ora costa poco, l’acquedotto lo fa pagare poco) fa sì che determinino effetti deleteri per cui per esempio l’acqua si può anche lasciarla scorrere e buttarla via”. (…)
- “privilegiare la sussistenza rispetto al profitto, al mercato. Cosa vuol dire? (…)Vedere se esistono modelli praticabili anche in una società industrializzata, in cui l’economia sia principalmente funzionale alla sussistenza, cioè a campare, a vivere, con una qualità della vita probabilmente anche più frugale ma non per questo meno ricca di soddisfazione, invece che orientare tutto al mercato”.
Accanto a queste importanti indicazioni, caro Alex, riprendo oggi solo i titoli del tuo Tentativo di Decalogo per la convivenza interetnica (punti tutti ampiamente approfonditi) che hai vissuto e praticato:
1 . “La compresenza pluri-etnica sarà la norma più che l’eccezione; l’alternativa è tra l’esclusivismo etnico e la convivenza” (…)
2. “Identità e convivenza: mai l’una senza l’altra; né inclusione né esclusione forzata”.(…)
3. “Conoscersi, parlarsi, informarsi, inter-agire: “più abbiamo a che fare gli uni con gli altri, più ci comprenderemo”.(…)
4 – “Etnico magari sì, ma non a una sola dimensione: territorio, genere, posizione sociale, tempo libero e tanti altri denominatori comuni”.(…)
5 – “Definire e delimitare nel modo meno rigido possibile l’appartenenza, non escludere appartenenze ed interferenze plurime”(…)
6 – “Conoscere e rendere visibile la dimensione pluri-etnica: i diritti, i segni pubblici, i gesti quotidiani, il diritto di sentirsi a casa”. (…)
7 – “Diritti e garanzie sono essenziali ma non bastano; norme etnocentriche favoriscono comportamenti etnocentrici”. (…)
8 – “Dell’importanza di mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera. Occorrono “traditori della compattezza etnica” ma non “transfughi””. (…)
9 – “Una condizione vitale: bandire ogni violenza”. (…)
10 – “ Le piante pioniere della cultura della convivenza: gruppi misti inter-etnici”.
Quante preziose riflessioni ci hai lasciato, caro Alex. Penso alle molte indicazioni che hai dato ad economisti e politici su come attuare scelte lungimiranti (“Possibili priorità per un benessere durevole”), su come calcolare i costi reali degli squilibri ambientali; penso a come hai più volte rilanciato la necessità di istituire un’Agenzia e un Tribunale Internazione dell’Ambiente. Penso anche alle parole di fatica che hai scritto rispetto alla guerra nell’ex Jugoslavia. Il titolo di un tuo intervento sulla rivista Azione Nonviolenta dell’ottobre 1991 è significativo in tal senso: “Carovana di pace nell’ex Jugoslavia: meglio un anno di trattativa che un giorno di guerra”.
Penso anche a un insegnamento che mi hai lasciato rispetto alla tua morte, difficile da accettare, come tutti i suicidi, sempre, per chiunque.
A me hai insegnato che dobbiamo considerare tutte le persone, anche quelle più forti e disponibili, quasi inossidabili, sempre, comunque, persone, bisognose di attenzioni, di gentilezza e, anche loro, di cura. Ho capito che non si può sempre chiedere, senza considerare le fatiche di chi agisce, con responsabilità, a nome di molti; persone in vista che hanno un loro potere, ma con questo anche molta più solitudine e che spesso sono oggetto di invidie e cattiverie gratuite (cose che in parte tu stesso hai scritto ricordando Petra Kelly, esponente dei Verdi tedeschi, anche lei morta suicida). Insomma, Alex, mi sono ritrovata nelle parole che ha detto dopo la tua morte Reinhold Messner in una intervista a Repubblica il 7 luglio 1995: l’intervistatore chiedeva a Messner “Quando l’ha visto l’ultima volta? Messner risponde: “Due settimane fa a Merano. Si parlava di traffico sulle Alpi. (…) Parlammo di molte cose, della Bosnia, mi disse che ci dovevo andare. Della Comunità Europea, mi disse che si era messa sulla strada sbagliata. Capii che aveva un peso dentro. Avrei voluto dirgli che doveva prendersi una vacanza, di venire con me un paio di settimane in montagna. Non l’ho fatto e me ne pento”.
Ed è partendo da queste affettuose parole di Messner che ti voglio pensare, oggi, che girovaghi per le montagne che tanto amavi, con leggerezza.
Voglio terminare questa difficile ed estremamente sintetica scelta di alcuni tuoi scritti, oltre che ricordando che nel tuo biglietto di commiato hai scritto “Continuate in quello che era giusto” riproponendo qui una sfida ancora attuale che giro in particolare ai giovani. Hai affermato più volte che “La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile”. E’ un’indicazione di lavoro, di creatività, di passione.
Ciao Alex, ciao ragazzi, se ci state a raccogliere questa sfida Alex certamente vi ispirerà.