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Cultura

"È sbagliato dire 'boicottiamo il Trentino perché non amano gli orsi', ma anche 'uccidiamoli tutti'”. Il rifugio Stivo decide di proiettare 'Pericolosamente vicini' per valorizzare un approccio scientifico

Domani sera (venerdì 6 settembre) alle 21:00 il Rifugio Stivo ha deciso di proiettare Pericolosamente vicini, il docufilm del regista altoatesino Andreas Pichler volto a evidenziare il ventaglio di dinamiche antropologiche ed ecologiche che ruotano attorno alla coesistenza con l’orso.
Per comprendere il motivo di questa scelta, abbiamo contattato il gestore Alberto Bighellini

di
Pietro Lacasella
05 settembre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Il ruolo dei rifugi spesso supera i confini dell’ospitalità per abbracciare intenti educativi. Un fenomeno virtuoso, che permette ai progetti culturali di espandersi in modo capillare sul territorio.

 

Domani sera (venerdì 6 settembre) alle 21:00 il Rifugio Stivo ha deciso di proiettare Pericolosamente vicini, il docufilm del regista altoatesino Andreas Pichler volto a evidenziare il ventaglio di dinamiche antropologiche ed ecologiche che ruotano attorno alla coesistenza con l’orso.
Per comprendere il motivo di questa scelta, abbiamo contattato il gestore Alberto Bighellini.

 

 

La proiezione si inserisce all’interno di un programma culturale?

 

Qui al rifugio, quando riusciamo a ritagliarci del tempo tra le varie cose, mi piace l’idea di dare un’offerta culturale. Quest’inverno ad esempio abbiamo pubblicato Food for Profit oppure organizziamo delle serate informative sul meteo e sul clima che sono argomenti a cui tengo parecchio e che si riscontrano anche qui, in quota, anno dopo anno. Quindi se, al di là di far da mangiare e dar da dormire, riusciamo ad arrivare alle persone con questi temi che ci stanno a cuore lo facciamo volentieri. Diciamo che sono iniziative che rientrano nel nostro programma di gestione anche se non c’è un vero e proprio ciclo di eventi

 

 

Perché è importante che i rifugi diventino degli spazi di sviluppo culturale?

 

Forse perché vivono il territorio in modo più consapevole e perché noi rifugisti siamo a contatto con la natura in modo più dinamico e più esposto ai cambiamenti. In città oppure nei paesi è molto più difficile rendersi conto dei vari cambiamenti: ad esempio d’inverno molto spesso c’è inversione termica e in città continua a fare nebbia e freddo, mentre quassù quando dovremmo aspettarci la neve possiamo avere temperature decisamente tiepide. Abbiamo un occhio più ravvicinato rispetto a questi fenomeni, più proiettato sul territorio e sulle trasformazioni dettate dai cambiamenti climatici. Anche perché la scienza ci dice che la montagna è un hotspot per l’emergenza climatica.
Inoltre noi rifugisti abbiamo la possibilità di raggiungere tante persone, perché spesso possiamo contare su un bacino d’utenza elevato: questo ci offre la possibilità di coinvolgere un pubblico più ampio e sfaccettato e quindi non solo chi è già interessato a un argomento.

 

 

Come mai ritenete di pubblica utilità svolgere un’opera di sensibilizzazione sull’orso?

 

Perché è uno di quei temi in cui tutti credono di poter dire la loro opinione in base a sensazioni o emozioni, ma è un argomento che dev’essere affrontato seguendo un approccio scientifico. Per me è sbagliato dire “non vado più in Trentino” o “boicottiamo il Trentino perché non amano gli orsi” così com’è sbagliato dire “uccidiamoli tutti”. Bisogna valorizzare l’approccio scientifico. Ci sono vari punti di vista da rispettare così come bisogna rispettare le paure altrui (ne avevamo scritto QUI): chi vive la montagna e ha paura a fare jogging non è uno stupido o uno che non ama la natura. È una paura e bisogna rispettarla.
Personalmente non ho mai visto l’orso ed evito di vederlo: quando vado nel bosco cerco di fare rumore o se sono con altre persone chiacchiero, perché non voglio sorprendere l’orso, specialmente se ha i cuccioli. È un animale che rispetto ma che mi fa paura e non vado in cerca di rogne.

 

 

L’orso ha un impatto sul turismo e, più nello specifico, sull’attività del rifugio?

 

L’orso può avere un forte impatto emotivo sulle persone e ogni volta che accadono eventi che lo riguardano per qualche giorno/settimana lavoriamo meno. Dopo la triste vicenda di Andrea Papi, per un mesetto ho visto tranquillamente la metà delle persone. Anche quando è stato di recente aggredito il turista francese a Dro per un paio di settimane ho notato un minore afflusso turistico. Magari è solo una coincidenza però. Tempo fa era stato pubblicato un video delle impronte sulla neve dell’orso, a breve distanza dal rifugio, e anche in quell’occasione per un po’ di tempo ho lavorato meno. Poi la gente dimentica e torna: in parte fortunatamente, in parte però questo riflette un approccio un po’ superficiale: “Ne sento parlare e allora l’orso c’è, non ne sento parlare e allora non c’è più”. E non è una critica: questa cosa fa effetto anche su di me: anch’io se ne sento parlare sono più guardingo e invece se non ne sento parlare mi sento più rilassato.

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