Vernice rossa su neve: "Troppi turisti". Roccaraso? No, Alpe di Siusi
Il problema dell'overtourism in montagna non è nato domenica 26 gennaio a Roccaraso, così come l'erosione socio-ambientale provocata dal turismo di massa non è una recente novità. Il valore aggiunto apportato dal turismo, non può essere valutato solo in termini economici
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il problema dell'overtourism in montagna non è nato domenica 26 gennaio a Roccaraso, così come l'erosione socio-ambientale provocata dal turismo di massa non è una recente novità.
Nella località abruzzese si è più semplicemente verificata in modo effervescente la sintesi di una dinamica diffusa ormai da tempo (anche se, come scrive Francesca Sabatini, "è giusto indagare se dietro all’organizzazione dei pacchetti turistici per Roccaraso ci siano network ed economie poco limpide").
"Ma le montagne vivono di turismo!" Si sente spesso affermare per giustificare afflussi esagerati. Un'affermazione correttissima che, tuttavia, in molti casi rischia di risultare superficiale.
Negli ultimi mesi mi è infatti capitato in diverse occasioni di soffermarmi su episodi di esasperazione, manifestati delle comunità locali.
Dalle scritte sulle pareti delle dolomiti "Basta nuovi turisti!", "Tourists go home!"; a quelle in Val d'Adige contro il sovraffollamento provocato dall'arrampicata "Climbers go home"; fino a quelle più recenti apparse sulla neve dell'Alto Adige, ai piedi della cabinovia dell’Alpe di Siusi, dove qualcuno ha scritto sulla neve, per tre volte, a grandi caratteri rossi, “too much”.
Il messaggio è chiaro: “troppo”, troppi turisti, troppa pressione sul territorio.
Ho quindi provato a indossare le lenti emotive di chi ha manifestato le proprie convinzioni con la bomboletta. Uno slancio empatico necessario per provare a individuare la matrice di certe azioni.
Innanzitutto bisogna considerare che non tutti vivono di turismo. Sebbene nei territori più ambiti una larga percentuale di persone dipende in modo più o meno diretto da questa economia, in essi si possono osservare anche percorsi lavorativi indipendenti. Agli occhi di queste persone il turista può apparire come una sorta di invasore, talvolta irrispettoso nei confronti di un luogo che custodisce affetti e personali punti di riferimento.
Tuttavia l’avversione espressa da queste scritte non si rivolge solo al turista, ma anche (e forse soprattutto) a chi specula in modo eccessivo sul turista e a chi “sfrutta” il territorio per accogliere un numero via via crescente di persone. Aumenta il cemento, aumentano i visitatori, ma si abbassa la qualità del paesaggio e della vita dei residenti.
È evidente quindi – come riportato in un dettagliato articolo uscito su Pianeta Psr – “che il valore aggiunto apportato dal turismo, non può essere valutato solo in termini economici né tantomeno con riferimento a una sola categoria (ad esempio gli operatori turistici), ma deve tener conto dell'intera comunità e dei modi in cui i diversi aspetti del turismo interagiscono con essa”.
Questa rinnovata sensibilità potrebbe offrire al turismo un carattere meno opaco, affrancandolo da quelle dinamiche che tutt’oggi lo rendono un’economia difficile da digerire.