Contenuto sponsorizzato
Attualità

Giochi olimpici: la Francia trasferisce le gare di pattinaggio a Torino, dando una lezione all'Italia che ha preteso una pista da bob milionaria a Cortina

La Francia (a cui sono stati di recente assegnati i Giochi olimpici invernali del 2030), per le gare di pattinaggio di velocità su ghiaccio, ha deciso di utilizzare l’Oval, un palazzetto sportivo costruito in occasione di Torino 2006, risparmiando così soldi e territorio

di
Pietro Lacasella
26 luglio | 17:36
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

“Ah, ma quindi si può? Trasferire alcune competizioni olimpiche all’estero non è una macchia indelebile per l’orgoglio nazionale? Non è uno sgarbo alla Patria?”

 

Questi i primi pensieri affiorati dopo aver letto la notizia che la Francia (a cui sono stati di recente assegnati i Giochi olimpici invernali del 2030), per le gare di pattinaggio di velocità su ghiaccio, ha deciso di utilizzare l’Oval, un palazzetto sportivo costruito in occasione di Torino 2006.

 

È proprio in quel palazzetto che lo skaters Enrico Fabris vinse due ori e un bronzo diventando, almeno nella sua regione, un atleta di riferimento. Per molti un vero e proprio idolo (soprattutto per mia nonna che andò più volte a trovarlo sull'Altipiano dei Sette Comuni, nella sua Roana).

 

La scelta della Francia di svolgere le gare all’estero, prendendo in affitto l’impianto sportivo torinese, rema controcorrente rispetto alle “sostenibilissime” Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 (nel dossier di candidatura presentato dall’Italia, le diverse declinazioni della parola “sostenibile” figurano 169 volte in 127 pagine) che, oltre ad aver ignorato l’impianto del pattinaggio torinese per realizzare una nuova struttura a Milano dal costo di 12 milioni, hanno preferito investire milioni di euro nella pista da bob di Cortina piuttosto di dirottare le gare appena al di là del confine (come suggeriva il Comitato Olimpico Internazionale) dove ci sarebbero due impianti operativi, tra l’altro a breve distanza sia da Milano (St. Moritz), che da Cortina (Innsbruck).

 

Ospitare i Giochi sembra stia diventando più un onere che un onore. Probabilmente è questo il motivo che ha portato la Francia a essere l’unica candidata in corsa per l’assegnazione delle Olimpiadi del 2030. Probabilmente è questo il motivo che ha provocato sconcerto e preoccupazione in molti francesi alla notizia di dover organizzare una seconda Olimpiade nel giro di pochi anni. I nuovi scenari aperti dai cambiamenti climatici e dalle trasformazioni sociali, nonché diverse cattedrali nel deserto lasciate sul territorio dai Giochi stessi (una su tutte la pista da bob di Cesana Pariol, abbandonata a pochi anni dell’inaugurazione dopo essere costata 110 milioni di euro), stanno infatti rendendo sempre meno giustificabile la realizzazione di costose e impattanti infrastrutture per sport innegabilmente in via di estinzione. È sempre bene ricordare, infatti, che in Italia gli atleti che praticano bob, skeleton e slittino sono appena 59.

 

Non potendo vantare un gran numero di pattinatori, la Francia – a differenza dei sostenibili Giochi italiani – ha scelto la via dell’accortezza: utilizzare un impianto esistente. Non c’è niente di cui vergognarsi in questa decisione, anzi: i veri “patrioti” difendono gli interessi della propria nazione. Certi interventi fuori scala, invece, difendono gli interessi di pochi a discapito delle necessità collettive.

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Sport
| 23 gennaio | 20:00
L'aumento delle temperature si può anche misurare in secondi? A Garmisch-Partenkirchen sì: 30
Cultura
| 23 gennaio | 19:00
Fu autore di un’intensa attività esplorativa condotta, negli anni a cavallo fra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, sulle montagne che oggi rientrano nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane. Ne parlano Eugenio Maria Cipriani e Luca Calvi nel libro "In terra incognita" (verrà presentato a Vicenza martedì 28 gennaio)
Cultura
| 23 gennaio | 18:00
È possibile esplorare il processo socio-culturale che ha portato alla formazione del paesaggio? Al Castello di Novara 70 opere d'arte ci accompagnano lungo un percorso durato quasi cento anni
Contenuto sponsorizzato