Centinaia di macchine parcheggiate alla buona lungo la strada per il Sorapis (VIDEO). Come possono, territori fragili, sopportare un tale carico di persone?
Sono di ieri mattina (giovedì 25 luglio) le immagini che riprendono centinaia di macchine parcheggiate alla bell’e meglio a passo Tre Croci, “dove tipicamente il 99% delle auto parcheggiate sono di persone che salgono al lago di Sorapis dal classico itinerario ‘per tutti’. Il tratto di strada ripreso - spiega l'autore del video - è di circa 1 chilometro e mezzo c'erano auto parcheggiate anche prima e dopo”. Queste immagini invitano a una riflessione sul turismo di massa, spesso causato dalla convergenza delle persone in specifiche località
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
In più di un’occasione, andando in montagna, mi sono sentito una processionaria.
In particolar modo nei fine settimana estivi quando lunghe code di escursionisti e alpinisti si trascinano sui tracciati più noti spinte dal desiderio di vivere per qualche ora paesaggi già ammirati migliaia di volte sui social network.
È un circolo vizioso: più un luogo viene fotografato e condiviso, più cresce la sua carica attrattiva, ma soprattutto la nostra voglia di dimostrare di averlo visitato. Si vengono così a creare dei paesaggi iconici che, come le figurine di un album, si ambiscono ad aggiungere alla propria collezione.
In questo modo si sviluppa una montagna "balbuziente", perché i rilievi situati al di fuori della strada maestra risultano invisibili agli occhi dell’escursionista e di chi promuove il territorio, e le valli minori vengono concepite come dei "territori di transizione" da attraversare il più rapidamente possibile per raggiungere quella che viene considerata la "vera montagna".
A montagne di “serie A”, spesso afflitte da forme di turismo incompatibili con l’ambiente, si alternano montagne di “serie B”, ignorate da tutto e da tutti, abbandonate assieme ai loro (ormai rari) abitanti.
È una dinamica che ha abbracciato l’intera catena alpina, ma risulta evidente soprattutto sulle Dolomiti, caratterizzate da valli più minute e spazi relativamente stretti rispetto a quelli offerti dalle ampie Alpi Occidentali. È sufficiente pensare ai laghi di Braies e di Sorapis (Video), attorno ai quali ronzano migliaia di visitatori ogni fine settimana. Oltre a un impatto ambientale non trascurabile, l’assalto di massa riduce notevolmente il valore dell’esperienza, tant’è che molti turisti tornano a casa accompagnati da un profondo senso di delusione.
Consiglio di lettura: Per sfuggire a questa logica e, quindi, per uscire dalle rotte più battute, vi consiglio la lettura di Dolomiti cuore d'Europa di Giovanni Cenacchi, pubblicato da Hoepli e vincitore del Premio Cortina.
Lunghe code a passo Tre croci
Sono di ieri mattina (giovedì 25 luglio) le immagini che riprendono centinaia di macchine parcheggiate alla bell’e meglio a passo Tre Croci, “dove tipicamente il 99% delle auto parcheggiate sono di persone che salgono al lago di Sorapis dal classico itinerario ‘per tutti’”, spiega a L’AltraMontagna Moreno Geremetta, l’autore del video.
“Il tratto di strada ripreso nel video è di circa 1 chilometro e mezzo c'erano auto parcheggiate anche prima e dopo”, prosegue Geremetta, per poi riflettere: “Ben venga il turismo, ma con questi numeri e tutto concentrato in pochi luoghi, i soliti noti, l'equilibrio è veramente fragile e prossimo al punto di non ritorno. In particolare il lago di Sorapis, zona di alto pregio naturalistico, inserita nel Parco Naturale Dolomiti d'Ampezzo, come può sopportare un tale carico di persone? Qualche centinaio di persone, se non qualche migliaio, salgono ogni giorno per vedere un lago iper pubblicizzato sui social ma che in realtà vedranno sotto un diverso aspetto. I bravi influencer del momento lo mostrano sempre azzurro, deserto, incontaminato, senza persone, quando invece salire in certe giornate equivale a mettersi in spiaggia a Jesolo, esperienza che non auguro a nessuno”.
La conversazione con Geremetta si conclude con una serie di spunti per ipotetiche soluzioni: “Innanzitutto – sostiene – regolamentare la sosta selvaggia. Tutte la auto che vede parcheggiate sono in palese divieto di sosta in quanto oltre la linea continua (e non tratteggiata quando invece si tratta di parcheggio lato strada). La zona del lago non è minimamente tutelata e una frequentazione così massiccia porta inevitabilmente la carta che scappa dalla tasca, il fazzolettino di chi non può proprio fare a meno di fare pipì dietro l'albero, il fiore strappato perché tanto ce ne sono molti altri, magari il ramo di rododendro che non è propriamente uno stelo che ricresce in fretta, il calpestio inutile al di fuori dei sentieri, il bagno nel lago perché sarebbe un peccato non farlo. Ora non dico che i turisti siano tutti così, ma vista l'eccessiva affluenza e il richiamo per il solito selfie più che per l'andare in montagna, molte delle persone che arrivano al lago, escursione di per sé molto semplice, peccano in educazione e su come avere l'approccio migliore per andare in montagna, abbigliamento e attrezzatura compresa. Regolamentare con multe come dicono molti non ha senso. Avrebbe senso invece incentivare un'educazione ambientale partendo dalla base, ma anche alcune guide ambientali sul posto (gratuite perché si sa che in Italia quando si tocca il portafoglio casca il palco) guide che potrebbero accompagnare, mostrare, educare e nel frattempo tenere sotto controllo l'area. Questo ciò che penso, ciò che vedo in altre zone al di fuori dell'Italia (Austria docet in questo senso) e che qui non si vuole vedere o fare”.