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Ambiente

Una Strategia Climatica per la Val Seriana, con le foreste al centro: "La resilienza non è solo una questione ecologica, ma anche sociale"

Nelle scorse settimane la Comunità Montana Valle Seriana e UNIMONT, il polo alpino dell’Università degli Studi di Milano, hanno presentato il progetto chiamato "RiForestAzione": una "Strategia Climatica" che vede le proprie azioni incentrate su un ritorno di attenzione verso le risorse forestali

di
Luigi Torreggiani
01 marzo | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Nelle scorse settimane la Comunità Montana Valle Seriana e UNIMONT, il polo alpino dell’Università degli Studi di Milano, hanno presentato il progetto chiamato RiForestAzione.

 

Non si tratta, come sembrerebbe indicare il nome, di un’attività incentrata sulla piantagione di alberi. La Val Seriana di boschi ne ha infatti già molti: coprono infatti ben il 47% della superficie territoriale. Il progetto, organizzato insieme al Parco delle Orobie Bergamasche e la Cooperativa Eliante, con l’assistenza tecnico-scientifica di Eurac Research e il finanziamento della Fondazione Cariplo, è piuttosto da inquadrare come una "Strategia Climatica" che vede le proprie azioni incentrate su un ritorno di attenzione verso le risorse forestali. Si tratta di una visione di lungo termine (al 2040) che considera il patrimonio forestale e naturale della valle come elemento chiave per il raggiungimento della neutralità climatica e della resilienza del territorio.

 

La "Strategia Climatica" RiForestAzione è indubbiamente di grande interesse per il territorio della Valle (formato da 38 comuni, oltre 133.000 abitanti e lungo 60 km da Ranica a Valbondione), ma è soprattutto un esempio di come un territorio montano molto caratterizzato dalla superficie forestale può immaginare il proprio futuro.

 

Per questo, partendo dalle valli bergamasche ma traguardando all’intero arco alpino e agli Appennini, abbiamo chiesto a uno dei principali attori del progetto - Giorgio Vacchiano, Professore di Selvicoltura all’Università di Milano - di condividere alcuni dei ragionamenti e delle riflessioni che stanno alla base della strategia che verrà elaborata tra i boschi delle pendici lungo il Serio.


Giorgio Vacchiano

Quali sono i rischi che corrono i territori montani nei nuovi scenari climatici, da qui al 2040?

 

I territori montani come la Valle Seriana stanno già vedendo gli effetti del cambiamento climatico, e nei prossimi anni i rischi diventeranno sempre più evidenti. Le temperature sono in aumento, la copertura nevosa si sta riducendo e le precipitazioni sono sempre più irregolari. Questo significa più siccità, incendi boschivi più vasti e veloci (già oggi bruciano in media 50 ettari all’anno nella valle), eventi meteorologici estremi come nubifragi improvvisi e tempeste di vento, e un'accelerazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico. Eventi estremi che, ad esempio, hanno anche favorito la diffusione del bostrico tipografo, che ha già colpito le foreste della Valle. La sfida è duplice: da un lato proteggere le foreste, che sono una risorsa fondamentale per la stabilità del territorio (il 30% dei boschi della Val Seriana gioca un ruolo protettivo contro il dissesto), dall’altro renderle più resilienti e capaci di affrontare questi cambiamenti. È proprio questo l’obiettivo della strategia RiForestAzione: prevenire i danni e costruire un futuro in cui la foresta non sia solo una vittima del clima che cambia, ma una soluzione per contribuire a mitigarne gli effetti.

 

La strategia che creerete cercherà di adattare il territorio al clima che cambia generando anche opportunità economiche? Quali?

 

Adattamento al cambiamento climatico non significa solo gestire i rischi, ma anche trasformare le sfide in opportunità. Con RiForestAzione vogliamo far sì che la foresta diventi un motore di sviluppo sostenibile per la Valle Seriana, creando nuove filiere economiche che partano proprio dalla gestione climaticamente intelligente del bosco. Penso alla valorizzazione del legname locale, che oggi è sottoutilizzato, alla produzione di energia da biomassa con gli scarti di lavorazione, al rilancio dell’agroforestazione e dei pascoli montani. Penso ai possibili schemi di pagamenti per servizi ecosistemici di regolazione (crediti di carbonio, di biodiversità, valorizzazione della protezione idrogeologica) che possono nascere a valle di una seria pianificazione forestale a scala di valle, che coinvolga anche i soggetti privati che sono interessati a investire sul territorio in cui operano le loro aziende. Anche il turismo può beneficiarne, perché una montagna ben gestita e resiliente diventa più attrattiva per attività come escursionismo, educazione ambientale e turismo esperienziale. L’obiettivo è dimostrare che le foreste non sono solo un elemento del paesaggio, ma una risorsa concreta per l’economia locale, trovando modalità “win-win” per la loro conservazione e per chi le gestisce in modo virtuoso.

La strategia tratterà anche di mitigazione del cambiamento climatico, quindi di riduzione delle emissioni? Come?

 

Assolutamente sì. Le foreste sono in grado di assorbire una certa quantità di CO, ma per funzionare bene devono essere gestite in modo intelligente. Con RiForestAzione vogliamo rafforzare la capacità delle foreste di sequestrare carbonio, migliorando la loro struttura, stabilità ecologica e biodiversità. Un altro aspetto chiave è l’utilizzo sostenibile del legno: se quello che preleviamo lo usiamo per materiali di lunga durata, indirizzando nel lungo periodo la selvicoltura alla produzione di assortimenti di buona qualità, possiamo ridurre la dipendenza da materiali fossili e abbattere ulteriormente le emissioni. Poi c’è tutto il tema della mobilità e dell’efficienza energetica: favorire la decarbonizzazione del territorio significa anche promuovere sistemi di trasporto più sostenibili, migliorare l’isolamento degli edifici e incentivare pratiche agricole e forestali a basse emissioni. La mitigazione climatica passa attraverso tanti aspetti, ma il ruolo della foresta resta centrale.

 

Alla base di tutto questo vostro lavoro c'è un'idea di montagna viva, vitale, popolata. L'abbandono del territorio è considerabile un fattore di rischio nei nuovi scenari climatici? Perché è necessario che anche le comunità, oltre agli ecosistemi, debbano essere più resilienti?

 

Se un territorio un tempo antropizzato viene lasciato a sé stesso, stiamo rinunciando a indirizzare i processi ecologici compatibilmente con i bisogni della società. Alcuni boschi e la loro biodiversità beneficerebbero di un minor disturbo, ma altri invece potrebbero veder aumentare il pericolo di diffusione degli incendi, la scomparsa di specie legate agli spazi aperti o la perdita di paesaggi storici tradizionali. Senza sapere cosa succede e dove, senza prendersi responsabilità pianificando il territorio, non sapremo se le dinamiche degli ecosistemi saranno compatibili con la presenza e le richieste umane, da parte di una popolazione che ben presto ricomincerà ad aumentare, a causa delle migrazioni climatiche dalla pianura. Un territorio montano senza persone diventa anche un territorio più fragile, più esposto ai cambiamenti climatici, meno capace di rispondere alle emergenze. Per questo RiForestAzione non è solo un progetto di gestione forestale, ma una strategia di rigenerazione territoriale. Dobbiamo riportare le persone a vivere la montagna, creare opportunità di lavoro, rendere le comunità parte attiva della gestione del territorio. Perché la resilienza non è solo una questione ecologica, è anche sociale.

 

 

Foto di copertina: Dans - Wikimedia Commons (Valle Seriana dal Pizzo Formico, verso Nord)

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