"Le alternative agli impianti? Coinvolgere gli abitanti della valle nella progettualità sarebbe già una rivoluzione": il collettivo TerreAlt(r)e e la difesa delle montagne
Paolo Pasini, del collettivo terreAlt(r)e, è l'ospite della nuova puntata di "Un quarto d'ora per acclimatarsi", il podcast de L'AltraMontagna che approfondisce i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi le vive, le affronta e le studia
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Nelle montagne bergamasche un costoso progetto di collegamento tra due stazioni sciistiche sta infuocando la discussione pubblica, coinvolgendo non solamente la popolazione del posto. Le due posizioni contrastanti sulla sensatezza del progetto hanno dato vita due petizioni: una per il no, firmata dal collettivo terreAlt(r)e e l’altra, lanciata dal sindaco di uno dei due Comuni coinvolti, per il sì, perché, citandoli “La Valle Seriana si sta spopolando. Noi vogliamo vivere e non sopravvivere nei nostri territori”.
Nella nuova puntata di “Un quarto d’ora per acclimatarsi”, il podcast de L’AltraMontagna che intervista chi vive, ama e protegge le terre alte, ne parliamo con Paolo Pasini, che fa parte proprio del collettivo terreAlt(r)e.
“Siamo un gruppo di amici che si è trovato di fronte a questa sfida e, nel momento del bisogno, si è stretto ancora di più - racconta Pasini - Ci stiamo dando piccoli compiti da portare a termine e sta funzionando”. Quello di terreAlt(r)e è un progetto partito dal basso, in maniera spontanea, dalla genuina volontà di proteggere la valle da sempre chiamata “casa”.
Pasini, a nome del collettivo, racconta come fin dai primi passi la risposta della popolazione locale abbia fatto comprendere ai suoi membri di stare andando nella direzione giusta: “Abbiamo organizzato due serate informative che hanno riscosso un grande successo, sono venute molte persone dalla valle”.
“Molti erano curiosi di conoscere le nostre posizioni, capire perché fossimo contrari a un progetto che, secondo la narrativa dell’amministrazione, dovrebbe essere molto innovativo e portare benessere nelle nostre zone” commenta Pasini, riflettendo sul pubblico intercettato dall’opera di divulgazione del collettivo. E degli obiettivi del neo-costituito gruppo, dice: “Noi vogliamo mostrare l’altra faccia della medaglia, che spesso non viene raccontata”.
È la terza volta che questo progetto, che prevede l’unione di due stazioni sciistiche già esistenti, di Lizzola e di Colere, viene presentato: "Per realizzare questo collegamento - racconta Pasini - verrebbero realizzate seggiovie, piste e addirittura un traforo di 450 metri sul pizzo di Petto che andrebbe insistere proprio nella zona del sentiero delle Orobie". L'attivista ci tiene a precisare le quote entro cui si espendono questi compensori, per dare un'idea della lungimiranza dell'investimento: "Gli impianti di Lizzola partono da 1300 metri e rimangono sempre al di sotto dei 2000 metri, con il collegamento si arriverebbe a circa 2150 nel punto più alto del nuovo comprensorio".
Sui motivi della loro necessità di aprire un dibattito pubblico su questo progetto, dice: "Quello che a noi non torna è la relazione tra i costi e i benefici, perché stiamo parlando di 70 milioni di euro di fondi pubblici, ma anche la visione che vogliamo avere e promuovere di turismo in montagna. Sappiamo che queste montagne sono fragili, devono essere trattate con attenzione e tutelate, e questa urgenza non sembra essere stata recepita dall’amministrazione".
Il grande successo della petizione lanciata dal collettivo su change.org testimonia l’interesse degli abitanti della vallata e in generale del popolo delle terre alte verso questa vicenda e soprattutto verso una diversa idea di montagna: "Ci rinfranca vedere quante persone vedono la montagna nello stesso modo in cui la vediamo noi - commenta -. Più se ne parla, più queste scelte possono essere ostacolate o almeno problematizzate".
Le alternative? Secondo Pasini (e il suo collettivo) ci sono eccome: "Veniamo spesso accusati di non proporre alternative, ma è importante decostruire questa retorica. Noi vogliamo partire dal basso, coinvolgere la popolazione, anche solo far accedere gli abitanti del posto al processo decisionale sarebbe una rivoluzione. Poi le alternative, di per sé, sono tante: basti guardare alla frequentazione della montagna più lenta e meno impattante, in termini di infrastrutture, come lo scialpinismo, o anche al patrimonio culturale, storico e enogastronomico della zona che possono e dovrebbero essere valorizzati".
La ricetta per guardare al futuro con occhi diversi, per Pasini e il collettivo, è semplice: "Puntare su quello che abbiamo e non su quello che non c’è. Sulle persone che ci abitano, sulle loro tradizioni, sul territorio e ciò che ha da offrire".
Qui è possibile ascoltare la puntata, disponibile anche su tutte le principali piattaforme podcast (Spotify, Apple e Google Podcast, Audible):