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Ambiente

“Crisi senza precedenti”. Le querce da sughero della Sardegna muoiono, ma non è chiaro il perché: “Corsa contro il tempo: serve un piano di monitoraggio regionale”

Il professor Bruno Scanu, docente all'Università di Sassari, non nasconde la sua preoccupazione: "Nelle ultime settimane si è aggravata, ma sappiamo troppo poco di quello che sta succedendo: occorre accelerare sul fronte del monitoraggio e della prevenzione" 

di
Marcello Oberosler
10 agosto | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

È un vero e proprio grido di allarme, quello che arriva dalla Sardegna, terra colpita da una crisi senza precedenti che sta travolgendo uno dei simboli dell’isola, i boschi di quercia da sughero.

 

Una tragica moria si sta abbattendo in queste settimane in un’area che ormai interessa migliaia di ettari di bosco: una situazione che mette a rischio un prezioso patrimonio naturale e ambientale, ma anche culturale ed economico.

 

Sì, perché dalla Sardegna arrivano i due terzi della produzione nazionale di sughero e la filiera produttiva è una delle principali dell’intera isola. E c’è una preoccupazione, intensa e crescente: perché non c’è chiarezza sulle cause di questa crisi ambientale, e prima di trovare soluzioni occorre avere un quadro definito di quali siano le cause che hanno portato a questo disastro.

 

Ne ha parlato con L’Altramontagna il professor Bruno Scanu, ricercatore e docente di patologia forestale e micologia nel dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari; un accademico in prima linea per portare all’attenzione pubblica questo problema che non va sottovalutato e che anzi, rischia di trasformarsi in una vera e propria emergenza. “È fondamentale – dice Scanu - che tutti noi prendiamo coscienza di questo problema e agiamo per proteggere le nostre querce da sughero”.

 

Professore, partiamo dalle basi: cosa sta succedendo?

“Ci troviamo davanti a una situazione che è ‘esplosa’ all’improvviso: il deperimento della quercia da sughero è noto da tanto tempo in Sardegna ed è stato segnalato in più occasioni sia a livello internazionale, attraverso pubblicazioni scientifiche e relazioni in congressi, che a livello locale. Tuttavia, a partire da settembre/ottobre dello scorso anno i casi sono aumentati e nelle ultime settimane la situazione si è ulteriormente aggravata in maniera preoccupante, con un’accelerazione del tutto imprevista e imprevedibile. Siamo passati da centinaia di piante colpite a centinaia di ettari di piante coinvolte, tanto per dare un’idea delle dimensioni del problema. Le zone più colpite sono quelle della Gallura, della Baronia e dell’Ogliastra”.

 

Tra esperti e ricercatori che idea vi siete fatti sulle cause che hanno portato a questo quadro drammatico?

“Sarebbe imprudente in questa fase indicare questa o quella causa: nel senso che quando si parla di deperimento si fa riferimento a una sindrome complessa, cioè un insieme di sintomi, in cui entrano in gioco diversi fattori biotici e abiotici. Abbiamo identificato alcuni patogeni predominanti e quelli che vediamo in questi giorni sono sintomi riconducibili ad essi, ma non abbiamo ancora certezze scientifiche. In questo senso, un’indiziata potrebbe essere la Phytophthora cinnamomi, che colpisce le radici ed è un agente di marciumi radicali”.

 

La siccità e il cambiamento climatico potrebbero aver accelerato questi processi?

“Probabilmente sì, ma vorrei anche essere chiaro su questo punto: la siccità può avere avuto un ruolo, ma stiamo parlando di piante di 60, a volte 80 anni, nel pieno della produzione, abituate al clima mediterraneo della Sardegna che è normalmente caratterizzato dalla siccità estiva. La vegetazione locale è adattata a questo clima. In più quest’estate non è nemmeno stata caldissima, rispetto per esempio a quella del 2023, in cui temperature alte e siccità erano molto più impattanti. E allora vuol dire che oggi potrebbe esserci qualcosa di diverso che sta provocando il collasso di queste piante. Il che ci porta a fare un ulteriore considerazione”.

 

Prego.

“Normalmente le morie le vediamo a fine estate, tra settembre e ottobre, il periodo in cui per esempio lo scorso anno si era aggravato il quadro della situazione: ma le segnalazioni hanno cominciato ad arrivare già in queste settimane, dai primi giorni di luglio. Il quesito più inquietante che ci poniamo a questo punto è: dobbiamo aspettarci ulteriori peggioramenti? Inutile dire che sarebbe a dir poco devastante”.

 

 

Un collasso che peraltro ha già gravi conseguenze, da più punti di vista.

“C’è sicuramente una questione legata all’economia del territorio: in Sardegna il sughero rappresenta una delle principali filiere produttive. C’è una questione ambientale, perché i boschi di querce dominano il paesaggio rurale e compongono buona parte delle foreste della Sardegna; perderli rappresenterebbe un danno ecologico e paesaggistico enorme. E poi c’è una questione culturale: in Sardegna l’estrazione e la lavorazione del sughero è una tradizione con radici antichissime, la produzione sarda di sughero è di alta qualità, che serve poi non solo per la produzione di tappi ma anche di altri elementi usati per esempio nella bioedilizia”.

 

C’è già una stima, a grandi linee, su quanto è stato perso fino ad oggi, in termini di produzione?

“Difficile fare una stima, il sughero viene estratto dalle piante ogni 12-15 anni. Però qualcuno alla luce delle problematiche di questo periodo ha scelto di non decorticare le querce nell’anno in corso. Ma l’impatto sulla produzione c’è, ed è significativo: stiamo parlando di piante morte, si perde la produzione di oggi e del futuro”.

 

A questo punto arriva la domanda ‘fatidica’: cosa bisogna fare per fronteggiare questa emergenza?

“Per prima cosa, occorre attivare un piano di monitoraggio regionale. Il prima possibile. Per mappare le aree colpite, approfondire le cause e i fattori che portano alla moria delle piante. In questo può aiutare tantissimo la tecnologia che in campo forestale ci offre degli strumenti preziosi. Una volta identificate le cause, serve agire di conseguenza con strategie di difesa e prevenzione: se si tratta di una malattia, dobbiamo impedire che si diffonda alle piante sane. Si è iniziato a discuterne ad un tavolo tecnico in Regione, ma è una corsa contro il tempo perché la situazione sta precipitando e ad oggi sappiamo troppo poco di quello che sta succedendo”.

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