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Ambiente

Turismo e cambiamenti climatici: pratiche da modificare per un futuro da salvare

L’impatto del cambiamento climatico sul turismo di montagna sotto la lente dei ricercatori delle Università di Innsbruck e di Waterloo

di
Serena Lonardi
07 marzo | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Nonostante la neve in montagna sia finalmente arrivata, i primi due mesi dell’anno sono stati caratterizzati da temperature notevolmente sopra la media e scarse precipitazioni nevose, che hanno reso evidenti quanto la montagna e le comunità che la abitano sia particolarmente sensibili e vulnerabili al cambiamento climatico.

 

La letteratura scientifica di turismo si è occupata spesso di cambiamento climatico nelle aree di montagna. Un'analisi approfondita sull'impatto del cambiamento climatico sul turismo di montagna è stata fatta in un recente studio condotto dall'Università di Innsbruck in Austria e dall'Università di Waterloo in Canada, che ha esaminato le ricerche precedenti in questo ambito. Data la posizione remota delle aree montane, le attività outdoor e il turismo possono rappresentare un’opportunità di diversificare l’economia, generare entrate e creare posti di lavoro per la popolazione locale, sostenendo allo stesso tempo, l’industria locale e altri settori correlati.

 

Il cambiamento climatico impatta e continuerà ad impattare il settore turistico presente e i suoi sviluppi futuri nelle regioni di montagna con inevitabili conseguenze sulla qualità della vita dei residenti nelle comunità di montagna che dipendono dal turismo. Il turismo montano è tra le forme di turismo che sono più sensibili alle condizioni metereologiche, da cui dipendono la maggior parte delle attività (neve per sciare, meteo sereno per il trekking, e così via). L’impatto negativo del cambiamento climatico sulla stagione invernale, soprattutto in relazione alle attività turistiche legate alla neve, si manifesta in modo inequivocabile ed è oggetto di approfondite ricerche scientifiche.

 

Con l’impiego sempre più diffuso della neve artificiale per assicurare l’innevamento delle piste e migliorare la programmazione della stagione sciistica, una prima generazione di studi riteneva che gli impatti del cambiamento climatico sul turismo invernale in montagna fossero contenuti. Tuttavia, col tempo sono emersi crescenti conflitti, in particolare riguardo all'utilizzo delle risorse idriche. Inoltre, le temperature in costante aumento stanno compromettendo la capacità di produrre neve artificiale.

La presenza di neve e la garanzia di innevamento sembrano ancora costituire il fattore principale che influenza la scelta di una destinazione invernale, con conseguenze sull'insoddisfazione del turista. Da un lato, le località con comprensori sciistici a bassa quota, che faticano a garantire l’innevamento, sono particolarmente vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico. Dall’altro lato, un aumento vertiginoso di sciatori e turisti concentrati in un numero sempre più limitato di destinazioni che corrispondono all’ideale di meta turistica invernale, aumentano le situazioni di sovraffollamento, causa di stress e tensioni nelle destinazioni, come è il caso sempre più frequente delle Dolomiti. Inoltre, la ricerca della meta ideale può comportare un aumento delle emissioni: come nel caso dei turisti australiani che optano per viaggi internazionali. Tuttavia, i turisti spesso non riconoscono la loro mobilità come fattore che contribuisce ad aggravare il cambiamento climatico. La scarsità delle precipitazioni nevose non impatta però ugualmente sulle diverse attività ludico-sportive invernali. Nonostante la neve sia fondamentale anche per lo sci di fondo e sci alpinismo, i turisti in questo caso sono più propensi ad adattarsi e a svolgere attività alternative in caso di mancanza di neve.

La letteratura ha, inoltre, approfondito gli impatti del cambiamento climatico sulla stagione estiva, evidenziando, soprattutto, come con le temperature sempre più alte contribuiscano ad allungare la stagione estiva e rendano più attrattive le attività outdoor in montagna. In generale, l’attrattività della montagna è legata al fatto che rappresenta un rifugio dalle ondate di calore delle città limitrofe, che diventano più frequenti e acute col cambiamento climatico. Tuttavia, a lungo termine, tale vantaggio sembra essere più probabile per le destinazioni ad alta quota, dove le situazioni di caldo estremo sono ridotte. Parallelamente, alcune attrazioni nelle località di montagna sono state colpite da crescenti fenomeni meteorologici estremi, responsabili di disastri naturali sempre più frequenti. Questi eventi non solo possono limitare l'accessibilità a percorsi e sentieri, ma rendono anche le pratiche sportive come alpinismo e trekking potenzialmente più pericolose. Naturalmente, anche l’accessibilità ai ghiacciai è compromessa, anche se può aprire la possibilità di sviluppare percorsi di trekking alternativi. Inoltre, la natura come asset di attrazione principale in montagna è a rischio con il cambiamento climatico, viste le conseguenze negative per la biodiversità e il paesaggio delle destinazioni di montagna. Infine, interessante è il fenomeno del Last Chance Tourism, turismo legato all’ultima opportunità di vedere il ghiacciaio, che se da un lato può essere positivo nel breve termine, portando più visitatori nei rifugi e nella destinazione, dall’altro lato contribuisce all’accelerazione della scomparsa del ghiacciaio.

 

In conclusione, nonostante per la stagione invernale la letteratura ha identificato principalmente conseguenze negative, le implicazioni per la stagione estiva sono estremamente complesse: la mitigazione di alcuni rischi potrebbe contribuire ad accentuare altri.

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