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Ambiente

Proiettare l'umano sul non umano: due alberi, un pensiero di pace

Una riflessione per il giorno di Pasqua, a partire dal ricordo dell'incontro di due strani alberi: un faggio e un pino silvestre cresciuti vicinissimi, fianco a fianco, tronco a tronco, quasi come un unico organismo

di
Luigi Torreggiani
31 marzo | 19:00

Alcune settimane fa, camminando nel bosco, mi sono imbattuto in due strani alberi: un faggio e un pino silvestre cresciuti vicinissimi, fianco a fianco, tronco a tronco, quasi come un unico organismo. Le loro radici e i loro fusti, alla base, sembravano una cosa sola; l'intrico dei loro rami pareva formare un'unica chioma, perfettamente simmetrica: un affascinante ed equilibrato insieme di diversità.

 

Osservando quelle forme contorte ho pensato a quante diverse proiezioni umane potremmo farvi, fantasticando a non finire e arrivando a conclusioni anche del tutto opposte.

 

Ad esempio, il bacio di due amanti, oppure l'abbraccio di due amici o la convivenza tra diverse culture. Ma anche, perché no, la lotta spietata per lo spazio tra due vicini di casa - o due popoli - che si odiano. O ancora... una sfida tiratissima a braccio di ferro o la sopportazione dell'altro che ognuno di noi impara a sviluppare con fatica, inevitabilmente, per sopravvivere giorno dopo giorno in mezzo ai propri "simili".

 

In realtà, si tratta semplicemente di due alberi, i cui semi, qualche decennio fa, sono caduti e germinati del tutto casualmente nello stesso identico luogo. Due alberi che nella normale, dura, spietata competizione per la vita hanno, diciamo, "pareggiato", trovando ciascuno il proprio spazio per chiome e radici.

 

 

Il faggio e il pino mi hanno fatto inizialmente pensare a quanto sia problematico proiettare l'umano sul non umano e a quanto chi lo fa, anche se in buona fede, stia in fondo creando un inganno.

 

Un inganno che modifica la nostra percezione sulla "Natura" (con la N maiuscola) e che incide poi sulle nostre scelte di ogni giorno. Un inganno potenzialmente molto pericoloso, perché proiettare l'umano sul non umano genera cortocircuiti cognitivi e ci allontana da una narrazione oggettiva dei fatti e delle scelte che riguardano la "natura" (con la n minuscola), quella con cui, inevitabilmente, dobbiamo interagire per la nostra necessità di risorse, per sopravvivere. Proiettare l'umano sul non umano, su alberi o anche animali, rischia di allontanarci dall'oggettività necessaria per comprendere e affrontare le sfide del nostro tempo, che vanno vissute senza inutili retoriche né ideologie. Bisognerebbe sempre tenerlo presente e fare le giuste tare con molta consapevolezza quando si sente parlare, o si legge, di caratteristiche, doti e virtù degli alberi descritte al pari di quelle degli esseri umani.

 

Detto questo però, sottolineato con cruda oggettività che il faggio e il pino né si amano, né si odiano... non nascondo di aver ripensato a quei due alberi in questa uggiosa giornata di Pasqua, dove giustamente da più parti si invoca la pace.

 

Ho ripensato a quella visione forestale perché i due alberi - in lotta ma al tempo stesso in tregua - possono davvero trasmetterci qualcosa: un pensiero, una riflessione, un monito.

 

Gli alberi non sono umani, ma possono ispirare noi esseri umani. Osserviamoli con tanta consapevolezza, con oggettività, ma senza perdere l'incanto: spesso riescono involontariamente a farci emozionare, a farci pensare.

l'autore
Luigi Torreggiani

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato per CdF “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini. Per People ha pubblicato “Sottocorteccia. Un viaggio tra i boschi che cambiano”, scritto a quattro mani con Pietro Lacasella. 

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