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Ambiente

"Mi ha fatto piangere". Due fotografie, scattate al ghiacciaio del Rodano a quindici anni di distanza, evidenziano la velocità delle trasformazioni climatiche

Il confronto fotografico per un attimo toglie il respiro, perché proietta nella preoccupante realtà climatica che stiamo attraversando. Il ghiacciaio sembra infatti seguire i ritmi biologici dei due soggetti in primo piano: qualcuno ha trovato sfumature romantiche in questa dinamica che, invece, dovrebbe preoccupare molto

di
Pietro Lacasella
06 agosto | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Questo confronto fotografico sta rimbalzando di social in social coinvolgendo emotivamente molte persone. A pubblicarlo su X è stato Duncan Porter – anche lui commosso – con la seguente didascalia: “Sono passati quindici anni meno un giorno tra queste due fotografie, scattate al ghiacciaio del Rodano in Svizzera. Non mentirò, mi ha fatto piangere”.

 

In effetti le fotografie per un attimo tolgono il respiro, perché ci proiettano nella preoccupante realtà climatica che stiamo attraversando. Il ghiacciaio sembra infatti seguire i ritmi biologici dei due soggetti in primo piano: qualcuno ha trovato sfumature romantiche in questa dinamica che, invece, dovrebbe preoccupare molto.

 

Come scrive Giovanni Baccolo, glaciologo e membro del comitato scientifico de L'AltraMontagna, nel suo ultimo libro (I ghiacciai raccontano, People editore), il ritiro dei ghiacciai “è uno dei simboli più evidenti ed efficaci delle mutazioni che il cambiamento climatico sta producendo sugli ambienti naturali. Chi non rimane impressionato dai confronti che mostrano l’evoluzione di un ghiacciaio negli ultimi decenni? Senza il bisogno di essere esperti o avere a disposizione una spiegazione, simili immagini parlano da sole. I ghiacciai che scompaiono sono un’immagine potente. Essi hanno avuto un ruolo importante - e continuano a averlo - nello scolpire la consapevolezza che oggi abbiamo del cambiamento climatico, mostrandocene senza filtri la gravità”.

Nonostante le evidenze, però, per molti negare la stretta relazione tra cambiamenti climatici e attività antropiche è più semplice che accoglierla: per questo motivo, nell'arena sociale, una percentuale non irrilevante di persone chiude gli occhi e scrolla il capo di fronte a un’ormai chiara connessione.

 

“Eppure sono stati pubblicati centinaia di studi scientifici”, penseranno comprensibilmente molti di voi, “che dimostrano in modo dettagliato e uniforme l'influenza umana sull'aumento delle temperature".

 

Ma c'è un problema considerevole, che tuttavia viene spesso trascurato e che nasce dalla diffusa tendenza a intendere le società come una tavolozza monocroma. Al contrario, le declinazioni umane che la compongono sono incalcolabili: ogni persona abita un suo "micro mondo", fatto di passioni, di necessità, di frequentazioni, di riferimenti etico-culturali/controculturali e, soprattutto, di possibilità economiche.

 

Nessuna traiettoria umana è identica alle altre, ed è questo sostanzialmente il motivo che spinge alcune frange sociali a rifugiarsi nel rifiuto, nella negazione, e le motivazioni di questa (spesso) inconsapevole scelta sono le più disparate: c'è chi è sinceramente convinto dell'innocenza antropica, perché influenzato da canali d'informazione imperniati sul complotto; c'è chi rifiuta la voce della scienza in modo furbesco, perché sulla negazione ha trovato una via per speculare; c'è chi nega per pigrizia, perché ogni trasformazione implica un cambiamento, anche soggettivo; c'è chi si tappa le orecchie per ragioni economiche (sul piano alimentare, per fare un esempio, "mangiare sostenibile" ha un prezzo maggiore; così come sul fronte dell'abbigliamento "vestire sostenibile" costa di più); c'è chi imbavaglia le bocche della scienza perché nel fossile trova ancora una considerevole forma di guadagno; e così via, l'elenco potrebbe protrarsi ancora a lungo.

 

L'oggettività scientifica; ciò che all'interno delle mura delle accademie ha una forma chiara, dettagliata e inequivocabile, sfuma quindi non appena si affaccia nella società.

 

È proprio nell'esile spazio che separa accademie e società che si inserisce I ghiacciai Raccontano; e ha un compito delicato quanto importantissimo: semplificare approdi scientifico-culturali senza ridurne la complessità. Nel farlo Giovanni Baccolo adotta un linguaggio empatico, capace di intercettare i desideri e i timori delle persone per accompagnarle verso gli esiti degli studi seguendo percorsi narrativi più idonei alle diverse sensibilità.

 

 

 

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