Manolo in bici fino alle pareti del Verdon: ''Erano 30 anni che non salivo sui pedali, da quando hanno provato ad investirmi delle auto. C'è tanto da fare per la mobilità su due ruote''
Nuova avventura per Maurizio Zanolla, conosciuto come Manolo, arrampicatore, alpinista e Guida Alpina, considerato uno dei pionieri dell'arrampicata in Italia e uno degli scalatori più noti a livello internazionale. Un viaggio in bici all’insegna della sostenibilità, in completa autonomia, partendo da Padova e arrivando fino alle pareti del Verdon per salire una via speciale. Un esempio dell’utilizzo della bici come mezzo green, per promuovere una dimensione più attenta all'ambiente e al viaggio
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Nuova avventura per Maurizio Zanolla, conosciuto come Manolo, arrampicatore, alpinista e Guida Alpina, considerato uno dei pionieri dell'arrampicata in Italia e uno degli scalatori più noti a livello internazionale. Un viaggio in bici all’insegna della sostenibilità, in completa autonomia, partendo da Padova e arrivando fino alle pareti del Verdon per scalare una via speciale. Un esempio dell’utilizzo della bici come mezzo green, per promuovere una dimensione più attenta all'ambiente e al viaggio.
Manolo, com’è andata la sua avventura? Si è divertito?
Sì, molto, erano trent’anni che non andavo in bici. Anche se più che divertito ho fatto una gran fatica: a un certo punto pensavo di morire. Poi piano piano ho preso il ritmo e sono riuscito a superare il mal di gambe, per non parlare del fondoschiena. È stata di sicuro una bellissima esperienza. Ho sempre avuto la passione per la bicicletta, solo che tanto tempo fa l’ho appesa al chiodo, e ho continuato a pedalare solo con la mountain bike, senza avventurarmi più in viaggi così lunghi.
Com’è nata l’idea di questo viaggio?
Non avevamo programmato nulla in particolare, avevamo solo avuto questa idea durante l’inverno: volevamo arrivare fino in Francia, fare una via lunga e poi tornare indietro, il tutto in autonomia. Avevamo anche voglia di vedere come fosse cambiato l’ambiente dopo tanti anni, se fossero state costruite molte case, e respirare di nuovo l’aria che avevamo vissuto quando eravamo giovani. Inizialmente però i tempi di percorrenza che avevo previsto erano un po’ più lunghi, pensavo di fare settanta, ottanta chilometri al giorno; invece siamo partiti subito pedalando per centoquaranta, centosessanta, duecento chilometri al giorno. Una tappa è stata addirittura di duecentoventi chilometri.
Era da solo o aveva un compagno?
Ero insieme a un amico, Antonio Betella, molto allenato, una guida che va sempre in bici. Sulle pianure ha sempre tirato tanto e dovevo cercare di stargli a ruota. Insieme ci siamo molto divertiti e abbiamo fatto tanta fatica.
Da dove siete partiti?
Siamo partiti da Padova, il mio amico abita in quella città. Abbiamo percorso il Po fino a un certo punto poi abbiamo deviato verso Alba e abbiamo preso il Colle della Maddalena. Lì abbiamo preso tanta di quell’acqua mista a neve! Quanto freddo! È stata una tappa molto dura: erano centonovanta chilometri con quasi tremila metri di dislivello. Davvero molto impegnativo.
Quanti chilometri avete pedalato di media al giorno?
La prima tappa centoquaranta, la seconda centosessanta, poi duecentoventi, in seguito una corta di centoventi fermati dalla pioggia sotto il Passo della Maddalena, poi siamo scesi giù e poi abbiamo fatto un altro colle a 2.250 metri di altitudine. Poi un’altra tappa da centonovanta chilometri, infine centosettanta. Tappe sempre molto lunghe! La più corta è stata di centoventi fermati dalla pioggia. Non male considerando che io ho quasi sessantasette anni, il mio amico sessanta, e che non andavo in bici da trent’anni. Poi non ci siamo mai fermati un giorno, abbiamo sempre pedalato in continuazione.
Quanti tempo avete impiegato in tutto?
Cinque giorni all’andata, poi ci siamo fermati per scalare la Fete de Nerfs, una via di dieci tiri, con grado massimo 7a+. Poi il giorno dopo siamo ripartiti da La Palud e siamo arrivati a Ventimiglia. Un’altra tappa molto lunga che non pensavamo così difficile: sono centonovanta chilometri con quasi tremila metri di dislivello. Davvero molto impegnativo. Il giorno dopo pioveva a dirotto, ne avevamo abbastanza di prendere acqua e quindi abbiamo deciso di prendere un treno, anche perché avevamo entrambi impegni a casa e non potevamo tardare più di tanto. In tutto abbiamo pedalato circa mille chilometri.
Che bici avevate? Avete pedalato solo su strada?
Io avevo una gravel, il mio amico una bici da strada. Abbiamo cercato strade dove ci fosse meno traffico possibile ma in questo modo abbiamo allungato tutto il tragitto. Abbiamo trovato molte sorprese, tratti di sterrato, salite che non avevamo visto nel tracciato e tanto vento contro. Abbiamo dovuto improvvisare, poi la Pianura Padana non finisce più. È stato molto avventuroso pedalare su queste strade.
La bici è un mezzo unico per promuovere una dimensione più attenta all'ambiente e al viaggio. Lei che idea si è fatto?
Le ciclabili che esistono spesso sono malmesse, altre volte non ci sono proprio e comunque non è facile muoversi in bici, ed è un peccato perché invece è molto bello spostarsi senza usare l’automobile. È stato molto interessante appurare che è possibile andare così lontano in bici: chiaramente bisogna avere un po’ di gamba e la passione.
Cosa ama in particolare della bici?
Il fatto che ti permette di esplorare l’ambiente: ci sei dentro, lo attraversi metro per metro. Vedi la natura, le montagne e impari ad apprezzare il silenzio. Entri in una dimensione del pensiero differente, ti rilassi, e la fatica ti svuota. Dopo cento chilometri entri proprio in un’altra dimensione, sei solo concentrato sul pedalare e sei sollevato da quello che vedi, dal paesaggio che cambia lentamente, che non si può riavvolgere rapidamente come succede con un’auto o una moto. Devi guadagnartela, pedalata dopo pedalata. Così un cavalcavia diventa un Gran Premio della montagna perché hai le gambe prosciugate e speri sempre di vedere l’orizzonte che si abbassa. È anche interessante conoscere le persone che ti ospitano, ognuno con una storia speciale: ti permette di entrare in contatto con diversi spaccati di umanità, è fantastico.
In passato andava in bici?
Sì, trent’anni fa andavo spesso con la bici da strada, mi ha sempre affascinato molto. Purtroppo all’inizio non potevo permettermela economicamente, ma quando ho iniziato a lavorare, appena ho potuto, la prima cosa che ho comprato è stata la bicicletta. Ho cominciato subito a pedalare e pedalare, e ho rispolverato tutte le strade delle Dolomiti. Poi, dopo che hanno provato ad ammazzarmi tre volte con le automobili, ho detto basta. Ho comprato la mountain bike e vado un po’ con quella, facendo al massimo quaranta chilometri al giorno.
Avevate con voi le tende e l’attrezzatura per scalare o come vi siete organizzati?
No, avevamo solo l’occorrente per cambiarci, poi cercavamo lungo la strada qualche bed and breakfast per dormire. La stagione certo non ha aiutato, spesso le strutture erano chiuse e dovevamo arrangiarci. Molte persone si stupivano che fossimo arrivati così all’ultimo momento. L’attrezzatura per arrampicare l’abbiamo trovata direttamente sul posto grazie a un amico. Spesso non trovavamo neanche un ristorante aperto, ma quando capitava ordinavamo subito quattro piatti di pasta. La bici mette una gran fame e con noi avevamo solo qualche gel, con i quali cercavamo sempre di tirare fino a sera. Avevamo solo tre borse a testa, con il necessario per vestirci, cambiarci, per aggiustare la bici e qualcosa da mangiare.
Il tema della sicurezza per chi ama la bici da strada non è da sottovalutare… esiste un problema culturale?
Nel nostro Paese è un disastro con il traffico. In Francia invece va molto meglio: sono più rispettosi, le auto passano lontano, mentre in Italia ti arrivano a dieci centimetri a tutta velocità, non gliene importa proprio niente della bicicletta. Il novanta per cento delle persone non ha alcun rispetto per i ciclisti, ti fanno davvero passare la voglia di andare in bicicletta. Le strade in Francia sono meno trafficate, forse anche perché è meno densamente abitata del nostro Paese e più vasta. Probabilmente c’è anche un tema culturale, in Francia c’è un altro modo di vedere e vivere la bicicletta, mentre in Italia sembra quasi che la bici dia fastidio: l’automobilista non vuole ostacoli, non vuole aspettare neanche un minuto per farti passare. Andare in bici dovrebbe essere considerata un’attività normale, invece in linea di massima non mi sembra di avvertire in Italia una cultura del rispetto nei confronti di chi pedala.
Dalle foto sembra che l’abbigliamento per la pioggia non fosse propriamente tecnico…
Esatto, abbiamo dovuto improvvisare per poter proseguire, ma a noi piace così. L’ultima sera siamo arrivati al buio e spesso eravamo bagnati fradici. Non avevamo previsto le condizioni di neve e un tempaccio, abbiamo trovato davvero molto freddo. Inizialmente abbiamo pensato di fermarci ma poi abbiamo deciso di provare comunque.
Com’è andata invece sulla via che avete scalato in Verdon?
Non è stato banale: il mio amico fa la guida ma ormai sale vie facili in montagna e aveva anche un problema alla spalla, e anche io avevo più di un dolore. Abbiamo scelto una via che avevo salito quarant’anni fa, la Fete de Nerfs, di grado sul 7a+, molto sostenuta, una delle più belle e più impegnative del Verdon su queste difficoltà. Una via che meritava di essere salita in quel contesto: i tiri non sono neanche pochi, è una delle più lunghe delle Gole. Anche se l’avevo già scalata non mi ricordavo nulla, neanche l’attacco. C’era un tiro che richiedeva sedici rinvii mentre noi ne avevamo circa una decina. È stato tutto una vera sorpresa, anche perché ci eravamo informati fino a un certo punto, ma è bello così.
Ritiene abbiano qualcosa in comune la bici e l’arrampicata?
Penso che, entrambe, quando sei un po’ allenato, ti donino un grande senso di libertà: ti permettono di andare quasi ovunque, senza bisogno di fermarsi per fare benzina, scoprendo spazi che erano quasi inimmaginabili. Poi sono attività che rispettano l’ambiente.
C’è qualche aneddoto che l’ha colpita in particolare?
È stato bello, la sera, ascoltare le storie delle persone che abbiamo incontrato: personaggi che hanno magari girato mezzo modo, chi magari ha avuto sfortuna nella vita e poi si è riscattato e ha trovato in qualche modo a trovare uno spazio nella vita e a comprare una casa e trasformarla in un ristorante. Altri che invece hanno avuto una vita famigliare travagliata, con forti contrasti quotidiani, che magari hanno perso l’amore.
Cosa le è rimasto impresso del territorio che avete attraversato?
È stato molto interessante: siamo partiti appena dopo la foce del Po con un certo tipo di ambiente, una dimensione piatta che non finisce mai, abbiamo visto i canneti, attraversato campagne, e poi quando ci avvicinavamo al Piemonte sono iniziate le colline e le Langhe, e i colori cambiano. Mi ricordo il Monviso che spuntava lontanissimo, e non si avvicinava mai. Poi siamo entrati nelle valli che si facevano sempre più strette, ruvide. Poi abbiamo visto la neve, che è arrivata presto quest’anno. Poi siamo arrivati in Francia, e il paesaggio è cambiato ancora: abbiamo visto diverse tipologie di alberi, che iniziano a cambiare le foglie, e nuove strade. La bellezza della natura era molto affascinante e ha aiutato a continuare a pedalare.
Quali sono state le emozioni più forti?
Quando sono uscito dalla via è stato un momento davvero speciale: ho realizzato che eravamo riusciti a concretizzare il progetto che tempo prima avevamo solo sognato. È stata una bellissima sensazione. Poi era una serata straordinaria, con una brezza meravigliosa e colori stupendi. Un ambiente unico, con pareti che scivolano verso il vuoto. Era andato tutto come avevamo immaginato.
Cosa si è portato a casa da questa avventura?
Mi è tornata la voglia di pedalare e fare avventure simili, anche se per il momento si avvicina l’autunno e non ho più tanta voglia di prendere così tanto freddo. Viaggiare comunque arricchisce sempre ed è stato così anche in questo caso. È stato bello vivere questa esperienza con il mio amico, in completa autonomia, senza dover chiedere niente a nessuno, guadagnandosela pedalata dopo pedalata. Se si ha la possibilità, il tempo, e l’allenamento, sono di sicuro avventure che vale la pena vivere. È davvero una bella dimensione muoversi con la bicicletta.