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Ambiente

"Ma cosa faccio se mi trovo davanti un orso?" Una guida pratica per gestire i possibili incontri dal Parco Adamello-Brenta

Il Parco Adamello Brenta ha redatto un manuale per la convivenza tra uomo e orsi dal titolo ''Uomo-orso: gestire gli incontri''. Si spiega come la figura dell'orso sia mistificata da luoghi comuni e false credenze e come la conoscenza sia la prima e la più importante 'arma' a disposizione dell'essere umano per gestire le situazioni di conflitto. Si analizzano, poi, le diverse casistiche di incontro (abbiamo provato a sintetizzarle ma pubblichiamo anche il documento integrale) e come saper interpretare i comportamenti del plantigrado

di
Luca Pianesi
16 maggio | 20:30
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

'L’orso bruno è un animale selvatico mistificato, la cui presenza in prossimità dell’uomo è condizionata in modo pesante da credenze e false verità. La sensazione trasmessa dal racconto “distorto” di molte situazioni realmente accadute è che gli orsi siano creature pericolose e meschine che rappresentano

una minaccia estrema per le persone in ogni circostanza. Un altro mito diffuso è che gli orsi siano creature più simili agli orsacchiotti di peluche che a veri e propri animali, allontanandoli dalla loro vera essenza selvatica''. Comincia così "Uomo-orso: gestire gli incontri" il manuale del Parco naturale Adamello Brenta da poco pubblicato che punta a dare suggerimenti a tutte le persone che a vario titolo si trovano a condividere gli spazi naturali con il plantigrado.

 

Comincia, quindi, spiegando che è la conoscenza la prima e inderogabile 'arma' che gli esseri umani devono perseguire (aggiungiamo anche in questo campo) per poter imparare a convivere con i plantigradi. ''Lynn Rogers - prosegue il documento - biologa e studiosa nordamericana di orsi, sostiene che “la cosa migliore che le persone possono fare per gli orsi sia sostituire le idee sbagliate con i fatti”. (...) La conoscenza è quindi una condizione sine qua non per agevolare la conservazione dell’orso bruno, nella consapevolezza che non possa essere la sola misura gestionale da mettere in campo ma per certo una delle più importanti ed efficaci''.

 

Ovviamente, prosegue il documento, ''a condizionare il grado di pericolosità rimangono anche le caratteristiche individuali dell’orso che si incontra''. E quindi è determinante se sia o meno confidente (e anche in questo senso la 'responsabilità' di evitare che ciò avvenga è praticamente tutta in capo all'essere umano che con i suoi comportamenti può modificare il comportamento di qualsiasi selvatico, per esempio abituandolo al cibo anche indirettamente con i rifiuti lasciati a 'portata' di zampa) e il tipo di carattere innato dello stesso (più o meno intraprendente). 

 

Il manuale analizza una vasta gamma di possibilità che, pur non avendo un carattere esaustivo, permettono al lettore una traccia approfondita di come comportarsi per ridurre le possibilità che un eventuale incontro si trasformi in un’aggressione.
 

''L’uomo non è interpretato come una potenziale preda da parte dell’orso bruno, che è capace di gesti violenti quando è spaventato. Gli orsi - spiega il Parco - attaccano l’uomo solo in casi molto rari e generalmente legati alla difesa del cibo, dei cuccioli o del loro “spazio vitale” (...). In generale è possibile affermare che l’orso bruno presente sulle Alpi e in Europa Meridionale (Ursus arctos arctos) è pericoloso per l’uomo solo quando spaventato dalla sua presenza e/o dal suo atteggiamento''. 

 

Sono analizzati quindi i segnali di aggressione che è importante conoscere: 

  1. esibizione dei denti, con apertura delle fauci e messa a nudo dei canini;
  2. abbassamento del corpo verso terra (rimanendo “a quattro zampe”) ed erezione del pelo come per apparire di maggiori dimensioni;
  3. realizzazione di vocalizzazioni quali forti rugli e/o soffi, spesso accompagnati da movimenti evidenti del capo;
  4. rincorse e finti attacchi.

Ricordando sempre che ''l’orso rincorre quando l’uomo scappa, come per rinforzare il messaggio di minaccia, spinto anche da un istinto predatorio che lo porta a rincorrere ciò che si muoveNella quasi totalità dei casi la rincorsa di un orso deve essere considerata come un atteggiamento di minore aggressività rispetto ad un falso attacco propriamente detto e si risolve con l’orso che cambia direzione e scompare alla vista dell’inseguito''. Mentre il ''falso attacco deve essere interpretato come il tentativo da parte dell’orso di evitare il contatto fisico diretto o di rimandarlo; una sorta di ultimo avvertimento''.

 

Una tabella, poi, spiega quali sono le situazioni più rischiose e come si può fare per ridurre il livello di rischio (che comunque come con qualsiasi animale non è mai pari a zero).

Un capitolo è dedicato a ''come abbassare le possibilità di incontrare gli orsi'': Segnalare la propria presenza (di fatto facendo rumore); Parlare ad alta voce è normalmente sufficiente; L’utilizzo dei campanelli da orso attaccati allo zaino può allertare l’orso; Non dare cibo agli orsi per attirarli in zone utili all’osservazione e alla fotografia; Non lasciare agli orsi disponibilità di cibo nei parchi urbani; Non devono quindi essere lasciati residui alimentari (spazzatura e/o avanzi) a disposizione dell’orso all’esterno delle case e nei parchi urbani.

 

Ma come ci si deve comportare in caso di incontro con un orso? ''Nel momento dell’incontro, il comportamento degli orsi non è sempre prevedibile (e in fin dei conti non lo è nemmeno quello degli esseri umani ndr) per questo motivo ogni incontro può essere diverso e non esistono strategie univoche capaci di garantire la sicurezza dell’uomo in tutte le situazioni possibili. Non si possono quindi dare regole di comportamento “assolute” e capaci di garantire la nostra incolumità, ma più semplicemente linee guida utili ad abbassare il rischio di un’aggressione, criteri orientativi che non contemplano tutta la gamma delle possibilità di incontri uomo/orso''.

Si analizza una serie di casi e si cerca di divulgare il comportamento più corretto a seconda delle situazioni che si verificano.

 

Incontro in auto: non scendere dall’automobile. Non inseguire l’orso. 

 

Incontro a grande distanza con l’orso che non si accorge della nostra presenza: va attentamente evitato ogni tipo di interazione e si deve cercare di allontanarsi senza essere visti. Questa opzione deve essere quella privilegiata in tutti i casi in cui sia possibile. (...) Come seconda scelta di comportamento, solo dopo aver aumentato la distanza con l’orso ed esserci sottratti alla possibilità di essere visti, possiamo fare un forte rumore (fischio, grido) per segnalare la nostra presenza.

 

A grande distanza con l’orso che si accorge della nostra presenza: rimango fermo per pochi secondi cercando di interpretare il comportamento (l’attitudine) dell’orso. Se l’orso continua ad osservarmi senza muoversi chino lentamente il capo, chiudo le spalle come per rendere più esile la mia figura, mi giro lentamente abbassandomi come per farmi più piccolo e mi allontano lentamente nella direzione dalla quale sono arrivato. Mentre mi allontano, con il capo chino provo ad osservare l’orso per interpretarne le intenzioni. Nel raro caso in cui l’orso mi segua lentamente continuo ad allontanarmi senza accelerare il passo parlando ad alta voce e cercando di osservare l’orso per comprenderne il comportamento. Se l’orso mi segue accelerando il suo passo e riducendo la distanza che mi separa da lui, mi fermo devo mostrare un atteggiamento fortemente passivo, senza reagire alle eventuali “provocazioni” dell’orso.

 

A media distanza con l’orso che non si accorge della nostra presenza: nel caso in cui io mi trovi a media distanza (indicativamente sopra i 30 metri e sotto i 100 metri) e l’orso non si sia accorto di me, evito ogni tipo di interazione e mi allontano senza essere visto.

 

A media distanza con l’orso che si accorge della nostra presenza: devo evitare ogni tipo di interazione e adottare un comportamento passivo. Se l’orso si allontana subito rimango fermo, aspetto un minuto e poi parlo ad alta voce senza mostrare aggressività nel tono. Poi mi muovo in una direzione diversa. Se l’orso non si allontana e rimane fermo guardandomi, distolgo lo sguardo, chino lentamente il capo, chiudo le spalle come per rendere più esile la mia figura, mi giro lentamente abbassandomi come per farmi più piccolo e mi allontano lentamente nella direzione dalla quale sono arrivato. Se l’orso si alza sulle zampe posteriori non è un atteggiamento aggressivo ma più semplicemente il tentativo di vedere meglio e interpretare la situazione. In questo caso, rimango fermo e osservo il comportamento dell’orso. L’orso mostra atteggiamenti di aggressività: raspa il terreno violentemente con le zampe anteriori, sbuffa, mostra le fauci o si abbassa leggermente apparendo più largo e con il pelo più folto e arruffato rimango passivo, chino lentamente il capo, chiudo le spalle come per rendere più esile la mia figura.

 

A distanza ravvicinata: nel caso in cui mi trovi a distanza ravvicinata da un orso perché né io né l’orso ci siamo precedentemente accorti della reciproca presenza devo mostrare un atteggiamento fortemente passivo, senza reagire alle eventuali “provocazioni” dell’orso. La situazione è certamente molto difficile da affrontare e necessita di un forte autocontrollo. Se l’orso si allontana ma non scompare alla mia vista e si ferma ad osservarmi. Distolgo lo sguardo, chino lentamente il capo, chiudo le spalle come per rendere più esile la mia figura, mi giro lentamente abbassandomi come per farmi più piccolo e mi allontano lentamente nella direzione dalla quale sono arrivato. Mentre mi allontano con il capo chino provo ad osservare l’orso per interpretarne le intenzioni. Nel caso in cui non si muova mi allontano fino a scomparire alla sua vista. Se l’orso non si allontana, rimango fermo senza guardare l’orso negli occhi, osservo la situazione facendomi piccolo e cercando una postura che rassicuri l’orso: se l’orso non si allontana, rimango fermo senza guardare l’orso negli occhi, osservo la situazione facendomi piccolo e cercando una postura che rassicuri l’orso. se l’orso mi aggredisce con contatto fisico “leggero” ma penso che non sia a rischio la mia vita, mi butto a terra proteggendomi il torace e il capo. Se l’orso mi aggredisce e temo la mia stessa vita, reagisco nel modo più violento possibile, urlando e cercando di colpire l’orso sul muso, con preferenza agli occhi e al tartufo (parte terminale del naso). Tale nostro comportamento deve essere considerato solo nei casi estremi mentre va sempre privilegiato il più volte richiamato atteggiamento passivo, da ritenersi utile anche come difesa dalla possibilità che l’aggressione diventi ancor più cruenta''.

 

Vi sono poi specifici consigli su chi compie attività outdoor, quindi se si va in mountain bike o si fa corsa in montagna o passeggiate. E ancora su come comportarsi con il cane al seguito.

 

Il documento integrale è disponibile a questo link.

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