L’"estate fredda dei morti" che ormai non c'è più. San Martino è sempre più caldo ed esteso nel tempo
Le temperature di questi giorni, decisamente al di sopra dei valori medi di stagione, ci stanno regalando giornate magnifiche, un invito a trascorrere le poche ore di luce all’aperto. Il folclore ha dato un nome a questi episodi di tempo stabile e temperatura mite che capitano tra ottobre e novembre: l’estate di San Martino. Solo di questo stiamo quindi parlando? Queste belle giornate sono la semplice ricorrenza di un evento meteorologico tipico? O forse no?
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Conosciamo tutti la cosiddetta estate di San Martino. Si indica con questo termine il breve periodo di bel tempo che spesso cade intorno ai primi di giorni di novembre. Il nome deriva dal fatto che San Martino ricorre l’11 novembre e questi giorni con temperature sopra la media capitano di frequente vicino a quella data.
C’è un poeta che ha dedicato a questo evento un bello e malinconico componimento, perfetto esempio del decadentismo di cui fu uno dei massimi interpreti. Mi riferisco a Giovanni Pascoli e alla sua Novembre:
Gèmmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l'estate,
fredda, dei morti.
Il tepore che scalda l’aria e il cielo azzurro cristallino possono confonderci, facendoci pensare di essere in primavera, ma Pascoli ci ricorda che l’estate di San Martino è assai diversa dalla vera estate meteorologica. Le piante sono secche ché le foglie sono ormai cadute e in cielo non svolazza nemmeno un uccellino. I passi rimbombano sul terreno gelato che risponde ai nostri passi con suoni sordi e vuoti. Nonostante l’apparenza possa ingannare, l’estate di San Martino è un fenomeno superficiale che non è in grado di destare una natura già sopita e sonnolenta. L’estate fredda dei morti. Questa era l’estate di San Martino descritta ai tempi del poeta romagnolo. Proviamo ora a immaginare quanto abbiamo vissuto in questi ultimi giorni.
La temperatura ha raggiunto valori davvero elevati, anche in quota. Domenica a mezzogiorno a 3000 metri c’erano circa 5 gradi e per trovare la temperatura di 0° (il famoso zero termico) avremmo dovuto salire fin oltre i 4000 metri. Per dare un senso a questi valori ricordiamo che fino a pochi decenni fa, la quota dello zero termico si spingeva oltre i 4000 metri solo durante le giornate più calde nel cuore dell’estate. Ciò era una garanzia per la sopravvivenza dei ghiacciai alpini. La fusione dei loro settori più in quota - quelli dove viene prodotto nuovo ghiaccio - era limitata a poche giornate all’anno. Ora lo zero termico estivo scende di rado sotto i 4000 metri e anzi, può raggiungere quei livelli anche nel cuore dell’autunno, come in questi giorni. Trovare temperature positive alle massime quote alpine a novembre è qualcosa che non ha più tanto a che fare con l’estate di San Martino, ma semmai con il cambiamento climatico. Un articolo di Sofia Farina di pochi giorni fa ha approfondito in dettaglio proprio questo aspetto e l’impatto prodotto sui ghiacciai da uno zero termico che si porta eccessivamente in quota nella stagione sbagliata.
C’è poi da considerare un secondo elemento che rende queste giornate molto diverse da quelle ritratte nei versi di Pascoli. In passato l’estate di San Martino era una parentesi, una scheggia di bel tempo incastonata in una stagione già fredda e marcatamente autunnale. Anzi, queste giornate di bel tempo spesso segnavano una prima cesura che poneva fine alle giornate propriamente autunnali per lasciare spazio a quelle decisamente invernali (ricordiamo infatti che l’inverno meteorologico, a differenza di quello astronomico, inizia il 1 dicembre). Considerando le ultime settimane diventa molto difficile scorgere i primi segnali di inverno. Anzi, a ben vedere è addirittura problematico individuare la netta transizione tra condizioni meteorologiche estive e autunnali.
Questo autunno, sebbene molto ricco di precipitazioni, è stato finora molto mite. Pensando nuovamente ai ghiacciai, la neve caduta sulle Alpi negli ultimi mesi ha riguardato solo le alte quote. Sotto ai tremila metri ha piovuto abbondatemente, contribuendo alla fusione dei ghiacciai. Le più recenti immagini satellitari mostrano le Alpi quasi completamente prive del manto bianco, solo le massime elevazioni conservano piccoli cappucci bianchi. Forse l’unico elemento meteorologico davvero autunnale sono le basse temperature raggiunte durante le lunghe notti di bel tempo, che permettono al terreno di raffreddarsi efficacemente. Appena il sole torna a fare capolino, la colonnina di mercurio torna però a salire decisa come negli scorsi giorni.
Soffermiamoci poi sulla parte viva dei paesaggi autunnali. Al netto del sole splendente e delle temperature piacevoli, Pascoli non riusciva a trovare altri segni di una natura attiva e vitale e difatti nella poesia descrive un paesaggio addormentato. Oggi tutto è diverso. Negli scorsi giorni mi trovavo intorno a mille metri. In cielo tanti puntini neri saettavano da una parte all’altra, gli uccellini erano in piena attività e questo significa che anche gli insetti abbondavano. E addirittura ho scorto qualche rara farfalla svolazzare incerta nell’aria cristallina. I colori, quelli traevano forse un poco in inganno. Era il regno del rosso, dell’arancio e del bruno. I faggi erano esplosi in quell’insieme meraviglioso di colori che ben conosciamo. Le tinte calde donavano al paesaggio una chiara atmosfera autunnale. Ricordiamo però che ai tempi di Pascoli di foglie sugli alberi di questa stagione ce ne sarebbero state davvero poche. D’altronde sappiamo che il cambiamento climatico sta modificando le stagioni e la fenologia degli alberi. Ogni anno la stagione vegetativa estiva guadagna 0.2 giorni. In 5 anni l’estate gauadagna un giorno a scapito dell’autunno, ormai da decenni. E così se un tempo a novembre, specie in montagna, era normale che le foglie fossero già tutte accatastate nel sottobosco, oggi le troviamo ancora sui rami.
Anche il colore dei prati avrebbe fatto storcere il naso a Pascoli. Quelli che osservavo ieri erano brillanti, verdi e grassi come sarebbe tipico trovarli in primavera. D’altronde la temperatura è stata alta per tutto l’autunno e le precipitazioni sono state abbondanti. Acqua e tepore, gli ingredienti perfetti per avere splendidi pascoli anche nel cuore dell’autunno. Vedevo infatti alcune vacche pascolare contente al limitare del bosco. Cambia il clima e cambiano i tempi della pastorizia.
Al netto di questi impressionanti cambiamenti possiamo davvero riconoscere quanto sia diversa l’Estate di San Martino della tradizione da quella prodotta dal nuovo clima. Se le cause meteorologiche dietro a questi fenomeni sono sempre le stesse (un’alta pressione che garantisce tempo stabile, assenza di umidità nell’aria e temperature elevate soprattutto nei primi 1500 metri), gli effetti che producono sugli ecosistemi non sono nemmeno confrontabili. Il cambiamento climatico non è mai un semplice numerino come potrebbe essere un tasso di riscaldamento o un aumento di temperatura. Dietro a quelle cifre si nasconde un intero pianeta che si trasforma, cercando nuovi adattamenti. A volte questi cambiamenti possono apparentemente portare a qualcosa di positivo e godibile - come queste giornate miti -, ricordiamo però che a poche migliaia di chilometri sappiamo quali disastri mortali si sono abbattuti di recente.
Certamente sarebbe sbagliato consigliare di non godere di queste giornate. Cerchiamo però di essere consapevoli del fatto che questa anomalia che nelle nostre regioni sembra quasi benevola è l'altra faccia della stessa medaglia che ha prodotto i disastri di Valencia. Avere consapevolezza di tutto questo, come anche ricordato da Pietro Lacasella in questo articolo, è il primo passo che dobbiamo compiere in questo lungo e complesso cammino.