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Ambiente

La percezione distorta del bosco

Per presentare L'AltraMontagna, il curatore del portale Pietro Lacasella ha intervistato i componenti del comitato scientifico. 

Qui di seguito l'intervista a Luigi Torreggiani.

di
Luigi Torreggiani
07 gennaio | 21:05

Per presentare L'AltraMontagna, il curatore del portale Pietro Lacasella ha intervistato i componenti del comitato scientifico. 

Qui di seguito l'intervista al dottore forestale Luigi Torreggiani.

 

Alpi e Appennini vengono spesso percepiti come una sorta di tempio della “natura incontaminata”, assumendo così una dimensione sacrale che tuttavia non trova riscontro nella realtà, perché sulle montagne della Penisola la presenza dell’uomo ha contribuito in modo attivo alla costruzione del paesaggio. A tuo parere, in che misura il patrimonio boschivo si fa riflesso di questa dinamica e quanto è importante la componente antropica per i boschi italiani?

 

I boschi italiani sono l’emblema di questa percezione distorta. Se le forme di un campo, di un pascolo, di un terrazzamento o di un frutteto richiamano immediatamente, nell’immaginario di ciascuno, la presenza del lavoro degli esseri umani nel tempo, il mantello verde e omogeneo della foresta ne cela la storia.

La maggior parte delle persone ha ormai perso il legame millenario che ci lega all’utilizzo dei boschi, semplicemente perché non ne ha mai fatto esperienza diretta, anche banalmente andando a funghi con i propri genitori o i propri nonni, o preparando la legna per l’inverno. Tante persone non si rendono conto di quanti boschi ci sono attorno a noi (ormai il 40% circa d’Italia, in costante aumento) e vivono unicamente le foreste come sfondi, sfocati e lontani, che diventano veri e propri “luoghi” soltanto per qualche giornata di relax in quel verde che improvvisamente diventa salvifico, dopo giornate passate tra asfalto e cemento. È quindi normale percepire un bosco, qualsiasi bosco, come “natura incontaminata” e scandalizzarsi di fronte al taglio di alcuni alberi. Le stesse persone, inoltre, non hanno consapevolezza di quanto i prodotti e i servizi derivanti dalla gestione forestale siano presenti nelle proprie case, nelle proprie vite: tutto ciò che è in legno o che deriva dal legno, ovviamente, ma anche l’acqua potabile, i frutti selvatici, il sughero che chiude le bottiglie di vino, …

 

Le cause di tale inconsapevolezza forse non sono da attribuire al singolo, ma al contesto sociale di cui fa parte…

 

… Certo! Ovviamente la colpa non è delle persone. Lo stravolgimento sociale dell’ultimo secolo, che ha visto progressivamente la popolazione allontanarsi dai territori rurali e dai mestieri della terra, unita ad una crescente narrazione urbanocentrica e ad una concezione della protezione dell’ambiente spesso forzatamente semplificata, hanno determinato l’affermarsi di questa percezione diffusa. Bisogna anche evidenziare che gli amministratori delle aree montane e i gestori delle foreste hanno investito ben poco per raccontare il ruolo e l’importanza dei Servizi Ecosistemici che derivano dall’interazione sostenibile uomo-bosco. E un ruolo determinante, in questa visione, lo hanno avuto anche i media, che spesso non sanno (o non vogliono) distinguere ciò che drammaticamente accade nel Sud del mondo, dove decine di migliaia di ettari di foreste vengono distrutti per sempre, e ciò che invece si attua sulle nostre montagne, dove gli interventi selvicolturali sono normati e in cui i boschi sono sottoposti a vincoli ambientali, idrogeologici e paesaggistici.

I boschi italiani sono parte di un paesaggio culturale di grande valore. Le loro forme e la loro composizione specifica derivano dall’interazione millenaria uomo-bosco. Le nostre foreste sono state da sempre utilizzate per soddisfare i bisogni e le esigenze della società, produttive ovviamente, ma anche, ad esempio, di protezione dei versanti. In passato li abbiamo anche maltrattati, non bisogna negarlo, insieme ai loro abitanti non umani, ma oggi abbiamo normative, sensibilità, tecnologie e conoscenze tecnico-scientifiche che possono permetterci di mettere in pratica una vera gestione sostenibile, in grado di fornire servizi fondamentali per tutti noi, ancora più importanti lungo il cammino della transizione ecologica.

Attuando davvero la “Strategia Forestale Nazionale”, che finalmente il nostro Paese si è dato per governare i propri boschi per i prossimi vent’anni, è possibile trovare un equilibrio tra protezione della natura e tutela della biodiversità (con anche la creazione di più Riserve integrali e Boschi vetusti) e una selvicoltura di stampo naturalistico, ma con funzioni anche produttive. Questo significa “gestire”, “prendersi cura”: pianificare in modo partecipato l’utilizzo sostenibile dei boschi tenendo conto di ogni loro funzione e di ogni sensibilità. Ciò è l’esatto contrario della logica dell’abbandono che, occorre sottolinearlo, per i boschi non sarebbe affatto un problema, mentre per noi lo sarebbe eccome…

 

Eppure in molti sono ancora convinti che intervenire sul patrimonio boschivo sia eticamente biasimevole. Per evitare di inciampare su pericolose derive ideologiche, quanto è importante promuovere una narrazione delle Terre alte più vicina alla scienza?

 

“Fa più rumore un solo albero che cade di un’intera foresta che cresce”: questa massima rispecchia perfettamente la realtà. Fin da piccoli siamo educati a vedere l’albero come un’entità sacra - e ci mancherebbe, istruire al rispetto della natura è fondamentale! - ma troppo spesso, a furia di semplificare, incensare e ammantare forzatamente la natura di connotati umani, si arriva ad eludere completamente la complessità del rapporto tra noi e le risorse naturali.

Il punto fondamentale, da ricordare sempre anche ai più piccoli, è che ciascuno di noi necessita di risorse naturali, altrimenti, banalmente, non potrebbe vivere! Ad esempio, se non utilizziamo i nostri boschi, perché è brutto osservare nel paesaggio, qua e là, alcune piccole aree tagliate (che si richiuderanno comunque a breve), quel legno che ci serve (e che può sostituire materie prime non rinnovabili, portando un beneficio climatico e ambientale) lo andremo a prendere da qualche altra parte. Non a caso l’Italia, al momento, importa circa l’80% del proprio fabbisogno di legname dall’estero, spesso da Paesi o aree geografiche dove la tutela dell’ambiente è molto meno radicata che da noi.  

Le derive ideologiche ci spingono a vedere il mondo attraverso un sistema binario di giudizio: tutto bianco o tutto nero. Le foreste e in genere le montagne, in questo scenario, possono diventare uno straordinario laboratorio di comprensione e di educazione a quella moltitudine di colori che in realtà esiste, al di là delle ideologie. Il loro essere per definizione multifunzionali ci spinge costantemente a trovare soluzioni di equilibrio, stimola la creatività della scienza, ci obbliga al confronto costruttivo.

Proprio per questo sono convinto che le Terre alte, grazie ad un rilancio della gestione forestale, possano trovare una rinnovata identità, fatta di economia e di lavoro, ma anche di tutela di un ambiente sano e ricco di biodiversità in un contesto sociale vitale e attrattivo.

La scienza (in campo forestale, ma anche ambientale e sociale) lavora ormai da tanti anni alla difficile costruzione di questo equilibrio possibile. Uscire dalla finta logica, anche di marketing, della “montagna incontaminata” per avvicinarsi ad una più sincera narrativa incentrata sul necessario equilibrio tra esigenze ambientali, economiche e sociali sarà molto difficile, ma credo possa rappresentare uno sforzo quanto mai necessario.

Grazie a L’AltraMontagna avremo uno strumento in più per stimolare un dibattito aperto, sereno e costruttivo attorno a questi temi.  

l'autore
Luigi Torreggiani

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato per CdF “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini. Per People ha pubblicato “Sottocorteccia. Un viaggio tra i boschi che cambiano”, scritto a quattro mani con Pietro Lacasella. 

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