Il New York Times promuove Massa Carrara, ma dimentica i danni provocati dall’attività estrattiva
Il New York Times ha inserito Massa Carrara nell’annuale rubrica “i posti da vedere”.
"Gli appassionati d'arte – si legge nella scheda che giustifica la scelta – possono anche esplorare le circostanti Alpi Apuane da cui è stato estratto il marmo per tanti capolavori, tra cui il David di Michelangelo, visitare le cave di marmo e magari incontrare uno scultore che scolpisce sul lato della strada". Peccato sia solo lo 0.5% il marmo estratto per finalità artistiche.
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il New York Times ha inserito Massa Carrara nell’annuale rubrica “i posti da vedere”. Sono 52 le mete che il quotidiano invita a visitare nel 2024 (ipoteticamente una alla settimana). La “capitale” del marmo, unica destinazione italiana, occupa il diciassettesimo posto.
"Gli appassionati d'arte – si legge nella scheda che giustifica la scelta – possono anche esplorare le circostanti Alpi Apuane da cui è stato estratto il marmo per tanti capolavori, tra cui il David di Michelangelo, visitare le cave di marmo e magari incontrare uno scultore che scolpisce sul lato della strada".
Peccato sia solo lo 0.5% il marmo estratto per finalità artistiche. Ma andiamo con ordine.
Per motivare l’inserimento di Massa Carrara nella tradizionale classifica, edita ogni inizio anno, la giornalista Ingrid K. Williams offre due spiegazioni.
La prima, interessante, nasce dal desiderio della Galleria degli Uffizi di uscire dal “contenitore” museale per affacciarsi sul territorio: “Nel tentativo di ridurre la folla che riempie le Gallerie degli Uffizi a Firenze - scrive Williams - il rinomato museo ha trasferito alcuni dei suoi capolavori in luoghi meno conosciuti in tutta la Toscana. Nell'ambito dell'ultima iniziativa del programma in continua espansione noto come Uffizi Diffusi, una raccolta di opere, tra cui dipinti provenienti dallo studio del pittore barocco Carlo Dolci, sarà esposta questa primavera nella città di Massa, presso il Palazzo Ducale, che ospita anche gli uffici governativi della provincia di Massa-Carrara, nella Toscana nord occidentale”.
A stimolare una diversa riflessione è tuttavia la prosecuzione del testo che, come riportato in apertura di articolo, invita a esplorare le Alpi Apuane “da cui è stato estratto il marmo per tanti capolavori, tra cui il David di Michelangelo, visitare le cave di marmo e magari incontrare uno scultore che scolpisce sul lato della strada".
Un’immagine molto romantica, a forte trazione artistica, ma che semplifica in modo eccessivo il carattere di un territorio estremamente complesso, per non dire compromesso, dalla presenza delle cave.
Leggendo un articolo pubblicato nel 2020 dal Corriere della Sera si evince – come già detto – che solo lo 0.5% del marmo viene estratto per finalità artistiche.
Lo stesso articolo spiega che l'80% del carbonato di calcio che esce dalle viscere dei monti, finisce nell’edilizia, nelle industrie farmaceutiche e cosmetiche, in gomme, colle e carta, ... Mentre il 19,5% viene utilizzato per elementi di arredo e piastrelle.
Fonti attendibili sostengono inoltre che negli ultimi 20 anni, nelle Apuane si è scavato più che nei 2000 anni precedenti.
Tra gli effetti collaterali, non bisogna infine scordare il problema delle risorse idriche, provocato soprattutto dalla marmettola, ... un fango carbonatico prodotto dall'attività di estrazione e di segagione del marmo.
E chi grazie alle cave lavora e di conseguenza vive? Sempre l'articolo del Corriere riporta che se negli anni Cinquanta i lavoratori erano circa 16.000, oggi sono poco meno di mille. Una drastica diminuzione ovviamente provocata dalla meccanizzazione delle operazioni.
“Ancora oggi all’interno dei confini del Parco delle Alpi Apuane sono presenti oltre 100 ettari a destinazione d’uso estrattiva - riporta inoltre un recente articolo di Chiara Braucher, ricercatrice dell’Università di Trento, pubblicato da IlManifesto -. Il Parco delle Alpi Apuane è un parco particolare, guardandolo dall’alto si può notare che presenta, lungo tutta la sua estensione, diversi buchi. Questi in parte hanno destinazione d’uso industriale e risultano infatti formalmente a destinazione d’uso estrattiva. Per questi buchi, il Parco Regionale delle Alpi Apuane viene spesso definito un Parco a macchia di leopardo, disegnato intorno a quegli intoccabili interessi dell’industria del marmo. Le macchie di leopardo si estendono per oltre 1700 ettari e, sebbene siano completamente circondate dal Parco, hanno livelli di tutela completamente differenti”.
Alla luce di questi dati, il sapore artistico sfuma, lasciando spazio a una profonda amarezza, perché questo slancio estrattivo evidenzia un chiaro meccanismo di socializzazione delle problematiche per favorire un accentramento elitario degli utili.
È importante che queste montagne vengano visitate. Al contempo è anche necessario ricalibrare la narrazione turistica con cui vengono promosse: se da un lato sono di sicuro territori capaci di offrire ai visitatori ambienti e suggestioni uniche, dall’altro non bisogna scordare che una così larga attività estrattiva sta, giorno dopo giorno, allargando una serie di cicatrici che già ne hanno trasformato i lineamenti e la morfologia.
Il New York Times dedicherà un approfondimento anche alle sfumature meno candide del marmo? Sarebbe un ottimo contributo per distribuire nel mondo turisti consapevoli, anche perché oggi, sulle strade che si inoltrano tra le Apuane, è più facile incontrare i caterpillar che uno scultore (magari con una barba simile a quella che aveva Michelangelo).