Il ghiacciaio fonde e riemergono le incisioni rupestri: per i negazionisti 'dimostrazione' che i cambiamenti climatici ci sono sempre stati? Chi nega l'influenza antropica sbaglia
La scoperta di incisioni rupestri preistoriche nelle vicinanze di un ghiacciaio offre lo spunto per alcune riflessioni sullo stato dei ghiacciai alpini e sull'aumento delle temperature
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
È nel 2017 che arrivano le prime segnalazioni circa la presenza di curiosi segni incisi sulle rocce levigate alla base del ghiacciaio del Tresero. Ci troviamo nelle Alpi Retiche Sudorientali, alle propaggini meridionali del grandioso e glacializzato gruppo dell’Ortles-Cevedale. Fin dalle prime valutazioni è subito stato chiaro che il ritrovamento fosse qualcosa di notevole. Intanto a sorprendere è stata la quota a cui è avvenuta la scoperta: le rocce si trovano a circa tremila metri. Sulle Alpi simili testimonianze non sono mai state trovate tanto in alto. Le incisioni del Tresero compaiono su delle rocce montonate. La loro superficie è stata levigata dal passaggio dei ghiacciai. Nel loro fluire trasportano piccoli frammenti di roccia che agiscono come minuscole frese in grado di produrre queste forme. Rocce di quel tipo dovevano apparire agli antichi abitanti delle Alpi come fogli bianchi, il supporto ideale per conservare i segni che scelsero di tramandare.
Tra i petroglifi del Tresero compaiono figure umane, spirali, animali, elementi geometrici. Spiccano gli oranti, figure antropomorfe che protendono le braccia al cielo. La radioattività naturale ha permesso di datare queste arcaiche forme d’arte: le incisioni hanno un’età compresa tra 3000 e 3500 anni. Le rocce che ospitano i petroglifi si trovano ad alcune centinaia di metri dalla fronte attuale del piccolo ghiacciaio del Tresero. Le stesse rocce erano però sommerse dal ghiaccio fino a pochi decenni fa. Sono infatti state esposte solo a partire da un momento compreso tra gli anni 1950 e 1960. Prima di allora il ghiacciaio del Tresero inglobava tutto il pianoro dove affiorano le rocce montonate incise.
Ed ecco il nocciolo della questione. Quando i segni furono scolpiti, la piana doveva per forza di cose essere sgombra dal ghiaccio. Circa tremila anni fa i ghiacciai del Tresero avevano un’estensione simile a quella attuale. Come dobbiamo interpretare questa evidenza? La crisi climatica e il declino dei ghiacciai non sono dunque conseguenze uniche ed eccezionali del nostro impatto sul pianeta? Tremila anni fa i ghiacciai non erano troppo dissimili da oggi. Qualcosa non torna? Assolutamente non è così, eppure sono state numerose le reazioni di chi ha fatto leva sulla notizia per mostrare il proprio scetticismo nei confronti della causa antropica del cambiamento climatico.
La scoperta fatta ai piedi del Tresero non sposta di una virgola il problema del cambiamento climatico e la sua eccezionalità. Negli ultimi diecimila anni -corrispondenti circa all’epoca interglaciale in cui ci troviamo, l’Olocene- i ghiacciai delle Alpi sono andati incontro a diverse fasi di avanzata e ritiro, seguendo la naturale variabilità del clima. Ho cercato di ripercorrere questa lunga storia in uno dei capitoli del libro I ghiacciai raccontano. Qui non abbiamo però lo spazio per farlo, cerchiamo di fare un riassunto.
I primi millenni dell’Olocene sono stati relativamente miti sulle Alpi, portando alla contrazione dei ghiacciai. Solo quelli aggrappati alle massime elevazioni alpine sono riusciti ad attraversare per intero questo periodo senza scomparire mai del tutto. Superata questa prima fase mite, il clima iniziò poi a raffreddarsi; questo è accaduto a partire da circa 6000 anni fa. Man mano che la temperatura diminuiva i ghiacciai tornavano ad ammantare i versanti spingendosi a quote via via inferiori. Eppure questo processo non è avvenuto con soluzione di continuità, le avanzate si sono comunque alternate a periodi sfavorevoli al glacialismo.
L’età dichiarata dei petroglifi del Tresero corrisponde grossomodo a una fase climaticamente mite nota come Periodo Caldo dell’Età del Bronzo, datato sulle Alpi tra i 3700 e i 3400 anni fa. In quel frangente diversi passi alpini glacializzati fino a pochi anni fa erano sgombri dal ghiaccio, come testimoniato dal ritrovamento di reperti archeologici di vario tipo (per citarne alcuni: Loetschenpass, Schnidejoch). Chi scolpì le incisioni del Tresero raggiunse con tutta probabilità le aree poste nelle vicinanze dell’antico ghiacciaio durante una fase di contrazione. Nei secoli successivi l’abbassamento delle temperature diede vigore al ghiacciaio che lambì le rocce montonate e infine le sommerse. A testimonianza di ciò il fatto che i segni sono parzialmente consumati dall’erosione glaciale.
Le incisioni del Tresero sono una chiara conferma che i ghiacciai delle Alpi hanno già attraversato fasi di contrazione paragonabili a quelle attuali. Questa non è però una novità, è anzi un’evidenza oramai robusta e confermata in diversi settori delle Alpi. Utilizzo il termine ormai perché mentre è stato relativamente semplice studiare le antiche avanzate dei ghiacciai grazie alla presenza delle morene depositate alla fronte durante le fasi di espansione, quelle di ritiro sono state più delicate da individuare e datare.
Rispetto ai periodi di contrazione come quello occorso durante il periodo caldo dell’età del bronzo, la condizione attuale dei ghiacciai alpini è però completamente diversa, anche se in questo momento storico presentano una estensione probabilmente non troppo diversa. Le fasi di ritiro dei ghiacciai alpini nella prima fase dell’Olocene furono il risultato di una variabilità climatica naturale, contenuta all’interno di oscillazioni inferiori a 0.5°C (sia in senso negativo che positivo, vedi il grafico mostrato qui sotto) e sviluppate attraverso i secoli o addirittura i millenni. Questo consentì agli antichi ghiacciai di reagire al clima senza discostarsi eccessivamente dalla condizione di equilibrio. Anche durante le fasi oloceniche meno favorevoli al glacialismo, i ghiacciai alpini mantennero comunque un equilibrio con il clima perché le variazioni furono relativamente lente e contenute.
Quanto accade oggi ha invece poco a che fare con la variabilità naturale del clima. I ghiacciai attuali sono molto lontani dalla condizione di equilibrio a causa della velocità e dell’intensità del riscaldamento che ha caratterizzato gli ultimi decenni. Non sono riusciti a tenere il passo con l’aumento della temperatura. Se anche il riscaldamento cessasse dall’oggi al domani, i ghiacciai continuerebbero a contrarsi per svariati decenni raggiungendo già nei prossimi anni un’estensione assai minore rispetto a quella che permise ai nostri antenati di lasciare quelle incisioni ai piedi del Tresero. Un amico e collega glaciologo -Riccardo Scotti del Servizio Glaciologico Lombardo- ha ideato un’efficace metafora per descrivere lo stato dei ghiacciai alpini: i ghiacciai delle Alpi sono come cubetti di ghiaccio buttati sul tavolo. Durante l’Olocene i cubetti, per quanto piccoli, si sono sempre trovati all’interno del freezer. Nella migliore delle ipotesi (riducendo le emissioni di CO2 da subito), solo il 15 % dei ghiacciai alpini raggiungerà la fine del secolo. Se non taglieremo le emissioni, i ghiacciai scompariranno invece quasi del tutto. Nella storia climatica e glaciologica dell’Olocene questi sono scenari senza precedenti.
Per concludere vorrei condividere alcune riflessioni che esulano un poco dalla glaciologia. Qualche anno fa, insieme a due amici, passai proprio dove si trovano le incisioni. Queste non erano ancora state individuate e ovviamente anche io non sapevo nulla della loro esistenza. Eravamo diretti sulla cima del Tresero che avevamo deciso di raggiungere seguendo un itinerario dimenticato. Fu una giornata lunga ma di soddisfazione. Attraversando quel pianoro posto ai piedi del ghiacciaio ricordo nitidamente quel senso di pienezza che arriva improvviso quando ci si ritrova immersi nella natura, in sintonia con essa e in qualche modo parte di essa. Non capita spesso, ma in quel luogo arrivò l’illuminazione che ci accompagnò per tante ore. Scoprire che migliaia di anni prima di quel giorno altre misteriose presenze salirono lassù sentendo il bisogno di lasciare un segno nel paesaggio ha reso il ricordo di quella giornata ancora più prezioso.