"Ci si deve preparare alla gestione dei flussi tra città e montagna per la crisi climatica", Membretti e il progetto MiCliMi: "C'è un enorme patrimonio dismesso da riqualificare"
Il progetto MiCliMi, realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo, si propone, tra le prime innovative iniziative in questo senso, di investigare, quantificare e comprendere il fenomeno della migrazione interna per cause o concause climatiche
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
"La crisi climatica e l'aumento delle temperature dovrebbe spingere il decisore a prepararsi a sviluppare politiche di gestione dei flussi tra la montagna e la pianura". A dirlo è Andrea Membretti, dottore di ricerca e docente di sociologia all'Università di Pavia, coordinatore del progetto scientifico MiCliMi e componente del comitato scientifico de L'AltraMontagna. "L'assalto e un carico eccessivo nella fruizione delle terre alte può essere una dinamica equiparabile, se non peggiore, rispetto all'abbandono".
L'Italia si colloca nell'area mediterranea considerata un hotspot del cambiamento climatico, le aree interne-montane appaiono maggiormente resilienti agli effetti di questa crisi e possibili luoghi di adattamento. Negli ultimi anni è stata documentata in queste aree una crescita di abitanti che inizia a rivestire un ruolo rilevante come fenomeno di mobilità interna.
Ecco che il progetto MiCliMi si propone, tra le prime innovative iniziative in questo senso, di investigare, quantificare e comprendere il fenomeno della migrazione interna per cause o concause climatiche, con particolare riferimento alla Metromontagna Padana del nord-ovest, il territorio interconnesso tra Milano e Torino, che comprende il tessuto urbano e di pianura delle città lombarde e piemontesi con quello montano e interno delle valli alpine (Qui progetto). Questo studio si è poi tradotto nella recente pubblicazione del libro "Migrazioni verticali. La montagna ci salverà?" (ed. Donzelli) a cura di Andrea Membretti, Filippo Barbera, Gianni Tartari (Qui info).
Un progetto molto articolato e realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo, ente filantropico impegnato nella promozione di progetti di utilità sociale legati a arte, cultura, ambiente, sociale e ricerca scientifica, e ormai da tempo attento allo sviluppo dei territori fragili, delle aree interne, con particolare attenzione al territorio montano. Un'attitudine dimostrata anche nella pubblicazione del bando "Montagne in transizione" per incentivare e accompagnare i migliori progetti che guardano al futuro delle terre alte (Qui info, dettagli e approfondimenti).
La montagna, soffre per l’incremento della temperatura, che nei rilievi viaggia a velocità doppia rispetto a quello medio globale e che entro il 2050 potrebbe raggiungere i 2-3 gradi in più rispetto a oggi. Una dinamica che ha già fatto arretrare frontalmente i ghiacciai dell’arco alpino di molti metri, anche di una sessantina in appena due anni, e porta all’aumento irreversibile di frane e di distacchi di roccia e detriti.
Le attività umane mettono a rischio la biodiversità montana, incide per esempio la produzione (a causa della sempre maggiore scarsità di quella naturale) la "risorsa neve", fondamentale per un certo tipo di economia turistica tradizionale basata sugli sport invernali, sci in primis, che impatta sulla vita degli ecosistemi idrici.
Il progetto MiCliMi, curato da Membretti e Gianni Tartari, è suddiviso in diverse sezioni con i contributi anche di Filippo Barbera, Silvia Di Gennaro, Luciana Favaro, Silvia Keeling, Marco Modica e Viktoriia Tomnyuk. I dati climatici portano la firma di Luca Mercalli, gli scenari climatici fino al 2050 sono di Arpa Lombardia mentre quelli fino al 2040 e 2060 di Arpa Piemonte.
"Le città possono diventare 'invivibili' con rischi per la salute tra malattie respiratorie o un caldo eccessivo per anziani e bambini", dice Membretti. "Ma in media il 30% degli intervistati, con una propensione maggiore con riferimento al Piemonte, valuterebbe un trasferimento in montagna per almeno alcuni mesi all'anno per sfuggire ai picchi estivi del caldo. Un altro problema che viene evidenziato in questo studio è sulle residenzialità: ci si sposta per molti mesi, si vive de facto in montagna ma si mantiene la residenza in città con possibili ripercussioni in termini di impatto sui servizi e sulla fiscalità, per esempio".
A ogni modo dopo decenni di abbandono delle aree montane delle Alpi e degli Appennini è stata documentata un'inversione di tendenza. "Queste nuove forme di migrazione e di mobilità residenziale interessano in larga parte territori colpiti da spopolamento e invecchiamento della popolazione rimasta a vivere", prosegue Membretti. "Le terre alte sono territori fragili esposti a diversi rischi quali frane e siccità collegati anche agli eventi estremi della crisi climatica ma in città le nuove emergenze possono essere le temperature elevate e l'inquinamento".
Da qui un confronto sull'asse Milano-Torino, con un'analisi delle migrazioni interne. "E' probabile un incremento dei flussi verso le aree rurali e montane. Il progetto si propone di effettuare una prima investigazione a carattere esplorativo per iniziare a quantificare e comprendere questo fenomeno".
La terza sezione affronta anche le opinioni dei residenti nelle aree urbane della metromontagna da Milano a Torino, da Bologna a Venezia, da Padova a Treviso. E' il capitolo "Vado a vivere in montagna? Indagine campionaria sulla percezione del cambiamento climatico nelle grandi città della pianura padana e sulla propensione dei loro abitanti a trasferirsi in montagna”.
"La montagna è una possibile via di fuga ma servono investimenti in termini di sicurezza e servizi, accoglienza e mobilità. Non tutti si sentono preparati a un cambio di vita". Interventi che, però, non possono prevedere altro consumo di suolo. "C'è un enorme patrimonio dismesso da riqualificare e da rilanciare, si può pensare di sviluppare i soggiorni climatici e altre iniziative di adattamento per preparare il territorio", conclude Membretti.