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Roby Baggio compie 58 anni. "Il miglior calciatore italiano. Nome in codice: Cooter. E l'aneddoto del cane è verissimo". Antonio Filippini ci "racconta" il "Divin Codino"

Per tre anni e mezzo uno dei due "gemelli del calcio italiano" ha condiviso la maglia biancazzurra con Roberto Baggio. "Calcisticamente un genio, dal punto di vista umano un ragazzo sensibile, addirittura timido con le persone con cui non aveva confidenza, e simpaticissimo. Quando entravi in empatia con lui, Roby era uno spasso. E aggiungo anche generoso. Una persona splendida. Sapemmo prima del suo arrivo e gli affibbiamo un nome in codice per non rischiare di divulgare la notizia"

Di Daniele Loss - 18 febbraio 2025 - 20:18

TRENTO. "Da quando Baggio non gioca più, non è più domenica" recita un verso di una delle canzoni più belle e di successo di Cesare Cremonini. Tifosissimo del Bologna, il cantautore felsineo ha potuto ammirare il "Divin Codino" - anche se solamente per una stagione - con indosso la maglia che tanto ama.

 

Ma anche se Roby Baggio non avesse vestito i colori rossoblù (annata 1997 - 1997: 30 presenze e 22 reti in campionato per il fuoriclasse di Caldogno, nonostante i contrasti con il tecnico Ulivieri), ugualmente - ne siamo certi - Cremonini gli avrebbe dedicato parole al miele.

 

Sì, perché Baggio è stato un campione amato da tutti, non solamente dai tifosi di Vicenza, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia, le squadre in cui ha militato durante la sua carriera. Campione in campo e fuori dal terreno di gioco, è stato protagonista con la maglia azzurra ai Mondiali del '90 (che gol contro la Cecoslovacchia), del '94 (e "pazienza" per il rigore sbagliato in finale: l'Italia nemmeno sarebbe arrivata lì senza le sue "magie") e del '98 (ah, se quel fantascientifico tiro contro la Francia fosse entrato) ed è, senza "se" e senza "ma", un'icona del calcio italiano e mondiale.

 

Oggi il "Divin Codino" compie 58 anni, non fa più parte del mondo del pallone, che tanto avrebbe bisogno di un volto "pulito" e di una persona "limpida" quale è sempre stata Roby Baggio. Un campione che ha unito. Sempre e comunque.

 

E, dopo aver militato nelle tre squadre più blasonate d'Italia (vincendo tutto sommato molto poco rispetto al suo valore), ha vissuto una seconda giovinezza in provincia. A Brescia, dove Carletto Mazzone, alla notizia che avrebbe potuto accasarsi alla Reggina, lo convinse a ripartire da una "piccola", con la quale - dai 33 ai 37 anni - giocò 95 partite, mettendo a segno 45 reti. E, solamente l'integralismo e la "miopia" tattica di Trapattoni, gli impedirono di partecipare al quarto Mondiale della sua carriera, quello di Giappone e Corea del 2002, che avrebbe meritato ampiamente.

 

Era un gran bel Brescia quello di Mazzone: nei quattro anni in cui Baggio vestì la maglia delle Rondinelli, a Mompiano transitarono - in ordine sparso - giocatori del calibro di Pep Guardiola (con il quale si è creato, ed è rimasto negli anni, un rapporto di grande amicizia), Luca Toni, Dario Hubner, Andrea Pirlo, Daniele Bonera, Aimo Diana, Filippo Galli, Igli Tare, Federico Giunti, Matuzalem, l' "Airone" Andrea Caracciolo, Emiliano Viviano e Luigi Di Biagio, tanto per citarne solamente alcuni.

 

E, ovviamente, i "gemelli del calcio italiano", Antonio ed Emanuele Filippini, due "icone" del Brescia, i due "settepolmoni" che, nel 2019, vennero citati dal Ronaldo "Il Fenomeno" che, proprio al Festival dello Sport di Trento, disse: "I gemelli Filippini erano il mio incubo. Erano dappertutto, correvano tantissimo, sempre. Andavano a duemila all'ora e sembravano cinque fratelli".

 

"Un momento incredibile - racconta Antonio a Il Dolomiti - perché eravamo consapevoli di aver disputato una buona carriera, ma ricevere, così dal nulla, l'investitura da parte di uno dei più grandi giocatori della storia del calcio è stato semplicemente favoloso e inaspettato".

 

Antonio Filippini, oggi allenatore (nell'ultimo anno e mezzo ha guidato il Genoa femminile in serie B) e transitato anche sulla panchina del Trento diverse stagioni fa, con Baggio ha condiviso tre stagioni e mezza eccezionali al Brescia. Lui e il gemello Emanuele, che oggi fa il "vice" di Aimo Diana alla Feralpisalò, in serie C, erano i "portatori d'acqua" di un centrocampo nel quale un giovanissimo Pirlo "disegnava" calcio grazie all'intuizione proprio di Mazzone, che da trequartista lo spostò davanti alla difesa, a fare il regista.

 

Ha fatto gli auguri a Roby per il suo compleanno. Prima abbiamo citato Ronaldo "Il Fenomeno", ma anche Baggio appartiene al ristretto numero di "leggende" del calcio.

"Gli ho mandato un messaggio - confida - e immagino sarà subissato di auguri, come è normale sia. Per me è stato il più forte giocatore italiano della storia, amato da tutti. Gli volevano e gli vogliono bene tutti, per quello che ha rappresentato e per come si è sempre comportato. Un fuoriclasse, ma anche un grande esempio".

 

Se dovesse descriverlo con poche parole?

"Beh, calcisticamente un genio, dal punto di vista umano un ragazzo sensibile, addirittura timido con le persone con cui non aveva confidenza, e simpaticissimo. Quando entravi in empatia con lui, Roby era uno spasso. E aggiungo anche generoso. Una persona splendida".

 

Quando ha saputo che sarebbe venuto a Brescia, cosa ha pensato?

"La storia è particolare. A "noi bresciani" lo disse - in anteprima - Filippo Galli, che aveva giocato con lui al Milan ed era lì con noi da un paio di stagioni. L'imperativo era quello di non farsi scappare nemmeno una parola, altrimenti la notizia si sarebbe diffusa subito a macchia d'olio e, allora, gli demmo il nome in codice "Cooter", come il meccanico di "Hazzard", la famosa serie tv degli anni '80. E, ne parlavamo liberamente, a quel punto, dicendo: "Oh ma se viene Cooter, quanto forti siamo?". Più d'uno ci guardava come se fossimo diventati matti e noi ce la ridevamo, aspettando trepidanti il momento in cui sarebbe arrivato".

 

E come è stato condividere tre stagioni e mezza con Baggio?

"Per me è stato meraviglioso ogni singolo allenamento che ho disputato assieme a lui. Pensavo sempre: "prima lo affrontavo da avversario e lo compravo al fantacalcio, adesso sono qui con lui ed è un mio compagno di squadra". Bellissimo, semplicemente favoloso".

 

Un ricordo calcistico particolare. La prima cosa che le salta alla mente pensando al campo?

"Beh, quel gol a Torino contro la Juventus è stato qualcosa d'incredibile. Siamo sotto 1 a 0 al "Delle Alpi", c'è un contrasto a metà campo, mi pare tra Bachini e Zambrotta, la palla arriva ad Andrea (Pirlo, ndr) che lancia il profondità e io sto per mandarlo a quel paese, visto che ero libero, avremmo potuto ripartire in contropiede e la giocata mi sembrava troppo lunga. La palla arriva in area, Baggio, verde che Van Der Sar sta uscendo e con un controllo fantascientifico mette contemporaneamente giù il pallone e salta il portiere della Juve, prima d'insaccare a porta vuota. Una cosa mai vista".

 

Quanto marca Roberto Baggio al calcio italiano?

"Secondo me i "grandi" come Roby, Maldini, Del Piero e Totti dovrebbero far parte del mondo del calcio e avere anche grande voce in capitolo. Si tratta di campioni eccezionali e persone perbene che potrebbero dare tantissimo al movimento. Forse sono "troppo" educati e rispettosi per un ambito dove non sembra esserci spazio per quelli che sono stati dei veri "signori". Dentro e fuori dal campo".

 

Un'ultima cosa: ma l'aneddoto che si racconta sul cane di Roby Baggio e Mazzone è vero?

"Ah certo che sì. Un giorno il compianto Vittorio Mero portò il suo cagnolino al campo e il mister, quando lo vide, disse "Ahò, ma di chi è quel cane?". Rispondemmo che era di Vittorio e lui: "Fuori, fatelo uscire". Una settimana più tardi, circa, al centro d'allenamento arrivò Roberto con il suo cane, credo fosse un esemplare da caccia. Quando Mazzone lo vide chiese ancora: "Ahò, ma di chi è quel cane?". "E' di Baggio" fu la risposta. E lui": Diamogli da magnà subito". Impareggiabile il mister: eravamo una grande squadra e un grande gruppo. E Roby la "stella", anche se non si è mai comportato da tale. Impossibile non volergli bene. Tanti auguri Divin Codino".

 

Certo che, dal 16 maggio 2004, veramente "non è più domenica".

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