"Un anno di squalifica sarebbe stato eccessivo. Si è trattato di un caso unico". La Wada spiega perché ha patteggiato con Sinner
"Tenendo conto, in particolare, del livello di gravità della violazione in base ai fatti specifici - si legge in uno dei passaggi più significativi di un report reso pubblico dalla stessa Agenzia -, la Wada (e il suo consulente legale esterno) hanno infine ritenuto che una sanzione di 12 mesi sarebbe stata eccessivamente severa. Per questo motivo, la Wada era disposta a stipulare un accordo di risoluzione"
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TRENTO. E' Sinner che ha patteggiato con la Wada o la Wada che ha patteggiato con Sinner?
La domanda, a questo punto, sorge spontanea. E un report, firmato dalla stessa Agenzia mondiale antidoping, nel quale sono contenute le motivazioni che hanno spinto la Wada stessa a siglare un accordo con il numero 1 al mondo, oltre a non fornire una risposta al quesito, alimenta addirittura i dubbi a riguardo. Chi ha proposto a chi la "transazione" per arrivare ad un accordo prima dell'udienza di metà aprile al Tas? L'agenzia, i legali del tennista o entrambi?
"Tenendo conto, in particolare, del livello di gravità della violazione in base ai fatti specifici - si legge in uno dei passaggi più significativi del documento -, la Wada (e il suo consulente legale esterno) hanno infine ritenuto che una sanzione di 12 mesi sarebbe stata eccessivamente severa. Per questo motivo, la Wada era disposta a stipulare un accordo di risoluzione".
Dunque secondo la contestatissima Agenzia mondiale antidoping un anno di squalifica avrebbe rappresentato una pena eccessiva, vista l'unicità della situazione e il livello di gravità ma, secondo il principio della "responsabilità oggettiva", Sinner avrebbe dovuto incorrere in una squalifica.
E, siccome, probabilmente, il Tas avrebbe optato per almeno un anno di stop (il minimo - al momento - nel caso di condanna in casi come questo), si è optato salomonicamente per una "via di mezzo" (anzi meno), ovvero i tre mesi che lo costringeranno a restare ai box sino al prossimo 4 maggio.
"Prima ancora che il caso di Jannik Sinner emergesse - prosegue la nota - il team che sta redigendo il nuovo codice Wada per il 2027 aveva proposto una maggiore flessibilità per i casi di contaminazione, come quello di Sinner, prevedendo un intervallo di sanzioni che va da un semplice avvertimento fino a due anni (ovvero eliminando il minimo di un anno per le sostanze non specificate). Questa modifica nella bozza del Codice 2027 è stata ampiamente accolta dalla comunità antidoping, data la crescente consapevolezza della diffusione di situazioni di contaminazione imprevedibili".
Dunque la Wada ammette che quella di Sinner è stata una contaminazione "imprevedibile" (leggasi: involontaria) al Clostebol (la positività venne riscontrata in due differenti controlli durante il Masters 1.000 di Indian Wells, a marzo 2024). Un caso più unico che raro.
"I fatti di questo caso, come delineati nella decisione di primo grado, erano veramente unici - è riportato in un altro dei capoversi fondamentali - e diversi dagli altri casi di somministrazione da parte del personale di supporto dell'atleta. Infatti, non si trattava di una somministrazione diretta da parte dell'entourage dell'atleta, ma di un assorbimento transdermico, poiché il massaggiatore dell'atleta (senza che quest'ultimo ne fosse a conoscenza) aveva trattato un taglio sul suo dito con un prodotto contenente Clostebol. Attraverso la propria approfondita revisione del caso, la Wada ha verificato e concordato che lo scenario dell'atleta fosse scientificamente plausibile e ben supportato dai fatti".
Ecco perché, a fronte dell'assoluzione, l'Agenzia mondiale antidoping ha presentato ricorso dopo che, in primo grado, il tribunale Sport Solutions, al quale si era rivolto l'International Tennis Integrity Agency (l'agenzia che si occupa di antidoping nel tennis), aveva assolto Sinner per assenza totale di colpa o negligenza.
"Nel caso di Sinner - si continua a leggere nel report -, la Wada ha ritenuto che la decisione di primo grado fosse errata secondo il Codice. Infatti, il commento alla disposizione sulla "nessuna colpa o negligenza" stabilisce che essa non si applichi nei casi in cui vi sia stata la "somministrazione di una sostanza proibita da parte del medico personale o del preparatore atletico dell'atleta senza che quest'ultimo ne fosse a conoscenza (gli atleti sono responsabili della scelta del proprio personale medico e devono informarlo che non possono ricevere sostanze proibite)". Per difendere il principio fondamentale secondo cui gli atleti sono effettivamente responsabili delle azioni del proprio entourage, la Wada ha deciso di presentare appello al Tribunale Arbitrale dello Sport".
In buona sostanza, il farmaco contenente il Clostebol, utilizzato dall'ex fisioterapista Giacomo Naldi (a cui era stato dato dall'ex preparatore atletico Umberto Ferrara) per suturare una ferita ed entrato in contatto con il corpo di Sinner durante un trattamento, non avrebbe dovuto nemmeno entrare "in casa".
Alla fine, è il caso di dirlo, tutti possono essere soddisfatti, sia Sinner che non salterà alcun torneo del Grande Slam (potrà rientrare già agli Internazionali d'Italia in vista del Roland Garros), che la Wada "soddisfatta che sia stata fatta giustizia e che la sanzione sia appropriata per la violazione commessa. Ed e è lieta di aver potuto gestire questa questione in modo aperto e trasparente, con i fatti del caso resi disponibili e di dominio pubblico. Ogni caso deve essere considerato in base al merito e ai fatti specifici".
In Spagna, intanto, i media stanno rilanciando con forza il caso di Laura Barquero, la pattinatrice sul ghiaccio spagnola squalificata per 6 anni perché trovata positiva al Clostebol. Anche lei spiegò di essere rimasta vittima di una contaminazione e nel suo corpo venne trovata una quantità infinitesimale della sostanza proibita, ma le affinità tra i due accaduti finiscono qui, nonostante le polemiche sollevate da alcuni organi d'informazione iberici.
Con una nota inviata all'Associated Press, la Wada ha infatti spiegato che "la differenza fondamentale tra i due casi è che la versione della signora Barquero su come la sostanza è entrata nel suo sistema non era convincente alla luce delle prove, tanto che le circostanze sono rimaste sconosciute per quanto riguarda la Wada. Al contrario, nel caso Sinner, le prove hanno chiaramente confermato la spiegazione dell'atleta, come delineato nella decisione di primo grado". L'Agenzia mondiale antidoping poi aggiunge che "la squalifica di sei anni era stata accordata e sottoscritta da Wada, Isu e dall'atleta e se la signora Barquero non era d'accordo con la sanzione proposta, non era obbligata a firmare l'accordo di risoluzione del caso ed era libera di portare avanti il caso per l'udienza al Tas".