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Profughi, Bolzano sull'orlo di una crisi di nervi. A Trento il sistema accoglienza tiene

La provincia di Bolzano emana una circolare che limita gli aiuti ai profughi: "Un crudele muro burocratico". Il modello trentino vince la sfida: "Esempio per tutta l'Italia"

Di Donatello Baldo - 16 ottobre 2016 - 11:37

TRENTO. Per una volta la Provincia di Trento batte la Provincia di Bolzano. Per quanto riguarda l'accoglienza dei profughi il Trentino è riuscito ad organizzarsi in modo decisamente migliore dei fratelli a nord di Salorno. Bolzano è sull'orlo di una crisi di nervi, le risposte che vengono date sfiorano il ridicolo ma anche il disumano.

 

È pur vero che, a differenza della nostra provincia, in Alto Adige si registra la presenza di un numero consistente di immigrati “fuori quota”, quelli cioè che non sono stati inviati a Bolzano dallo Stato (i migranti sbarcati in Sicilia) ma che sono arrivati direttamente spesso dalla rotta balcanica. Queste 300 persone dovrebbero essere inserite nella quota (oggi vicina a 1500 unità) che spetta alla Provincia di Bolzano, ma per troppo tempo si è fatto finta di niente, si è voluto non vedere anziché trovare soluzioni per garantire anche a queste persone l'accoglienza.

 

L'Alto Adige ha fatto finta di non vedere per un motivo preciso, per evitare l'effetto richiamo. Ovvero per non invogliare altri profughi a presentarsi direttamente sul territorio altoatesino e chiedere direttamente alla Questura di Bolzano lo status di rifugiato. Se per tempo si fosse affrontato il problema, trovando anche le soluzioni, non si sarebbe arrivati, ad esempio, alla circolare Critelli.

 

Luca Critelli è un giovane sociologo, classe 1974, laureato in quel di Trento, che dal 2012 è direttore della Ripartizione Famiglia e Politiche sociali della Provincia autonoma di Bolzano. Passerà alla storia per aver scritto una circolare che ha fatto infuriare la Caritas, il vescovo e tutte le associazioni che si occupano di profughi e di diritti umani. “Un crudele muro burocratico in salsa sudtirolese identico a quelli che si sono costruiti nel resto d’Europa”, l'ha definito il deputato Florian Kronbichler .

 

Sulla circolare Critelli c'è scritto, nero su bianco, che si escludono dall'accoglienza coloro che hanno attraversato altri Paesi europei o extra europei nei quali avrebbero potuto chiedere asilo. Anche le famiglie, quelle che alla Tv ci hanno tanto commosso mentre cercavano di forzare i reticoli di filo spinato al confine dell'Europa: è garantita l'accoglienza delle mamme e dei figli minori, ma solo di età inferiore ai 14 anni, il padre e altri membri adulti del nucleo familiare sono esclusi.

 

Facile capire che la strategia sia questa: trattiamo male i profughi così gli altri si scoraggiano e per salvarsi la vita cercano altre strade. Forse questa è la stessa ratio che ha mosso la Questura di Bolzano quando nei giorni scorsi ha affidato a un ragazzo di appena 18 anni del Gambia un minore della Somalia. “Se quel diciottenne fosse un passeur e lavorasse per dei trafficanti di uomini?”, si chiedeva l'avvocato Nicola  Canestrini che ha denunciato questo affido fatto in modo superficiale e senza apparenti verifiche.

 

Contro questa circolare si sono mobilitati tutti, la Chiesa, le associazioni: una lettera firmata da venti realtà che si occupano di diritti, tra cui Human Rights, Fondazione Langer e Melting Pot Europa è stata inviata addirittura alle agenzia umanitarie dell'Onu. Ma sembra che questo non riesca a intenerire quel “crudele muro burocratico”.

 

In provincia di Trento invece le cose sembrano funzionare. I numeri dei “fuori quota” sono decisamente più contenuto, se ne contano una cinquantina, ma nel complesso il piano di accoglienza sembra tenere. “La fase critica con l'invio dallo Stato di ingenti numeri è ormai finita”, afferma l'assessore Luca Zeni. “In inverno gli sbarchi in Sicilia diminuiscono e di conseguenza cala l'invio di nuovi profughi ai territori. In questo periodo cercheremo di alleggerire la concentrazione di persone presso le ex Caserme di Trento e l'ex polveriera di Marco di Rovereto per distribuire i richiedenti asilo su tutto il territorio”.

 

Le polemiche dei sindaci che si mettono di traverso non sembrano così preoccupanti: “Non mi risulta che la divisione tra i sindaci sia tra chi vuole i profughi e chi non li vuole. Ci sono amministrazioni che si attivano e altre più passive”, afferma Zeni. “Ma spesso i Comuni sono sprovvisti di appartamenti idonei da destinare ai rifugiati, e spesso siano noi a dover rinunciare per evitare situazioni di elevata concentrazione”. Negli ultimi mesi sono aumentate le disponibilità dei privati, “e verso queste nessun sindaco può opporsi”.

 

Il modello trentino funziona: “Per tutta l'Italia siamo il modello da seguire, abbiamo dimostrato che la gestione diretta in mano alla Provincia l'abbiamo saputa utilizzare al meglio, altrove a gestire i profughi sono i prefetti”. Il peso maggiore è ora sulle spalle di Trento e Rovereto, “ma durante l'inverno l'obiettivo è quello di distribuire i richiedenti asilo sui territori senza però creare concentrazioni, per questo non abbiamo intenzione di utilizzare alberghi o altre strutture ricettive ma si coinvolgere Comuni e privati. Puntiamo all'inserimento nel tessuto sociale e culturale, numeri piccoli diffusi in tutto il Trentino con l'attivazione delle associazioni presenti sul territorio”. Un modello che fino ad oggi, al netto delle polemiche politiche che spesso confondono al realtà, sembra funzionare. Molto meglio che a Bolzano

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