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Come una festa diventa fascista: quando il regime si appropriò del 4 novembre, anniversario della vittoria italiana nella Grande Guerra

Molto vicina alla data della marcia su Roma, la ricorrenza del 4 novembre, anniversario della vittoria italiana nella Grande Guerra, attirò subito l’attenzione del fascismo. Il suo scopo era infatti di proporsi agli occhi degli italiani come il vero erede dei soldati caduti “per la patria” nelle trincee del conflitto mondiale. Prosegue la rubrica “Cos’era il fascismo”

Foto tratta da wikipedia
Di Davide Leveghi - 06 novembre 2022 - 09:33

Il partito consacrò la Vittoria vilipesa, quando il popolo era mistificato. Questa è l’origine del Partito fascista che diede alla Patria non solo dei giornali e degli opuscoli che nessuno legge, ma dei morti. Diede del sangue puro, giovane: sangue di giovinetti, di mutilati, di combattenti. Così rivendicò il grave diritto ed il pesante privilegio di governare l’Italia” (Benito Mussolini, da Per il secondo anniversario della Marcia su Roma, 1924)

 

TRENTO. Dichiarato giorno di festa nazionale dall’ultimo governo liberale, poco prima che i fascisti arrivassero al potere nell’ottobre 1922, il 4 novembre finì automaticamente per essere fagocitato dalle celebrazioni del regime. Progressivamente fascistizzata, questa festività – unica a passare indenne dall’epoca liberale alla repubblica (QUI un approfondimento) – fu nondimeno oggetto di contese simboliche, prima che il fascismo, ormai consolidatosi alla guida del Paese, ne monopolizzasse la celebrazione.

 

Marcia su Roma e anniversario della vittoria, celebrato solennemente nel 1921 con la lunga cerimonia dell’inumazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria (QUI un approfondimento), sin dal principio ebbero un forte legame. Spiega la storica Giulia Albanese in La marcia su Roma riguardo alla scelta della data per l’insurrezione: “La vicinanza dell’anniversario della vittoria agì in maniera determinante. La frequenza dei progetti eversivi concentrati in questi giorni negli anni precedenti aveva infatti spinto Luigi Facta a immaginare, per il 4 novembre 1922, un anniversario in grande stile, organizzato in modo da coinvolgere tanto i nazionalisti che D’Annunzio”.

 

Il tentativo di legittimare politicamente le basi della Stato liberale e di conseguenza del governo stesso, spiega ancora Albanese, spinsero così Mussolini a anticipare la marcia, evitando ogni possibile esclusione o marginalizzazione dei fascisti. Durante la stessa sfilata del 31 ottobre 1922, ottenuta dal re con la minaccia di intemperanze da parte degli esuberanti squadristi (QUI l’articolo), le camicie nere entrate nella capitale omaggiarono non a caso il Milite Ignoto, rivendicando così l’eredità fascista della vittoria italiana.

 

Nell’elevarsi a unici veri interpreti della vittoria nella Grande Guerra, i fascisti marginalizzarono progressivamente ogni altra forza politica interessata a celebrare il sacrificio dei soldati. Tale tendenza, però, si fece strada non senza conflitti. Già nel 1923, ad esempio, l’Associazione nazionale dei mutilati e degli invalidi di guerra invitò al corteo milanese dell’anniversario della vittoria esponenti politici antifascisti, suscitando una dura reazione fascista.

 

L’anno successivo, a Forlì, i rappresentanti di Italia Libera, associazione di ex combattenti di fede repubblicana e antifascista, organizzarono una manifestazione alternativa a quella ufficiale, provocando l’intervento delle camicie nere, che annullarono l’iniziativa. A questa dimostrazione di opposizione alla fascistizzazione del culto patriottico della guerra, la dirigenza del Pnf rispose con durissime parole: “Molti che la guerra avversarono come nemici, che la Vittoria rinnegarono come stranieri, e quanti furono complici con essi, si confondono nella ricorrenza, anzi pretenderebbero che la loro postuma contrizione fosse quasi titolo di benemerenza nazionale per dare diritto di cittadinanza ad una opposizione che ripete l’ultima coalizione dispersa nell’ottobre del 1922. Bisogna rifiutare ad essi qualsiasi indulgenza” (in Le feste nazionali di Maurizio Ridolfi).

 

Particolarmente aspro nell’anno del delitto Matteotti, lo scontro fra fascisti e antifascisti attorno alla celebrazione della vittoria in guerra venne superato definitivamente dall’irrigidimento del regime. La repressione delle opposizioni si accompagnò così al rafforzamento del legame tra la ricorrenza del 28 ottobre, mito fondante del fascismo, e del 4 novembre. A fornire la sintesi di questa sovrapposizione fu il culto dei martiri fascisti, equiparati di fatto ai soldati caduti per la patria nel corso del conflitto con gli Imperi centrali.

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