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Vita e morte nella “prima città redenta”: 103 anni fa una bomba austriaca uccideva ad Ala 8 civili e 25 soldati

Il 26 giugno 1918 la città di Ala viene bombardata dall'artiglieria austro-ungarica, provocando più di trenta morti. Tra questi anche otto civili, come testimoniato dagli archivi parrocchiali e da una lapide dissotterrata in un orto di Pilcante. Ma quale fu la vicenda del centro lagarino nel corso della Grande Guerra?

Di Davide Leveghi - 26 giugno 2021 - 14:31

ALA. “Prima città redenta”, Ala fu più volte bombardata nel corso della Grande Guerra. Il controllo italiano, la vicinanza al fronte e di conseguenza la presenza di comandi e acquartieramenti ne fecero un bersaglio privilegiato dell’artiglieria austro-ungarica, provocando vittime sia tra i soldati del Regio esercito che tra la popolazione civile. Il 26 giugno 1918 se ne verificò uno particolarmente duro, che sommerse e spense tra le macerie la vita di ben otto alensi e di oltre venti militari.

 

La vicenda è riemersa in una particolare occasione, il ritrovamento in un orto di Pilcante di diverse lapidi del cimitero civile di Ala (QUI l’articolo). Tutti i cippi funerari appartengono al periodo della Grande Guerra e furono dismessi a pochi anni dalla sua fine per la concentrazione delle salme dei soldati nel Sacrario militare di Castel Dante, a Rovereto. Ma non tutti appartengono a soldati italiani, la cui identità è stata ricostruita dal Ministero della Difesa (QUI l’articolo). Tra di loro, nell’orto di Renato Vicentini, si trovava infatti anche una lapide recante il nome di Silvia Mellarini.

 

Ma chi era costei e come era morta? Dalle nostre ricerche, grazie alla consultazione degli archivi parrocchiali, è stato possibile contestualizzarne la morte. La ventinovenne Silvia Eccheli, sposata Mellarini, nata il 9 novembre del 1889, era rimasta uccisa in un bombardamento austriaco su Ala. Erano le 19 del 26 giugno 1918. Assieme a lei, altri sette civili, alcuni giovanissimi, tutti inumati (eccetto uno) nel cimitero civile del centro lagarino.

 

La traiettoria della città di Ala nel primo conflitto mondiale si apre ben prima della conquista italiana, avvenuta il 27 maggio del 1915. Dopo lo “sparo di Sarajevo”, con cui il nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip uccise l’erede al trono d’Austria-Ungheria Francescso Ferdinando, la città fu interessata come tutto l’Impero dalle operazioni di mobilitazione. Nell’agosto, dopo il rifiuto della Serbia di accettare le condizioni dell’ultimatum austriaco, circa il 20% della sua popolazione fu arruolato ed inviato in guerra.

 

Come noto, la mobilitazione imperiale coinvolse tutti gli uomini abili fra i 18 e i 50 anni. Su una popolazione totale di circa 5000 abitanti, furono circa 1000 pertanto i soggetti avviati in divisa verso il fronte orientale, a migliaia di chilometri da casa, per combattere contro l’esercito zarista (fonte: Luigi Delpero sulla rivista “I quattro vicariati”). Nei primi mesi di guerra, in quelle terre lontane erano già una cinquantina circa gli alensi deceduti, un centinaio i feriti. Nel mentre, a casa, le autorità imperiali procedevano alla requisizioni degli animali da tiro e alla stretta sulla vita sociale (QUI un approfondimento sulla vita a Trento-Città fortezza). In città rimanevano solo vecchi, donne e bambini.

 

Trattative mai decollate (QUI un approfondimento) e spinte provenienti da diversi settori portano l’Italia a rompere con la Triplice Alleanza e ad entrare in guerra a fianco dell’Intesa. Il 24 maggio 1915, il governo Salandra apre le ostilità contro l’ex alleato austro-ungarico. La vita della città di Ala verrà a questo punto sconvolta.

 

Nella retorica nazionalista italiana, ad Ala si consumò la “prima redenzione”. Fu il centro lagarino, infatti, il primo e più importante ad essere conquistato dal Regio esercito dopo alcuni scontri con le truppe imperiali. Ancora prima dell’arrivo in città degli italiani, le autorità hanno stabilito presidi militari sul territorio, arrestato i sospetti di simpatie filo-italiane (inviati al campo di Katzenau) e fatto saltare il ponte sull’Adige che unisce Ala con Pilcante.

 

È la sera del 27 maggio del 1915 quando le avanguardie del Regio esercito mettono piede a Pilcante prima e ad Ala poi. Anche in questo caso, i sospetti di simpatie per il nemico, in questo caso gli “austriacanti”, vengono interrogati, arrestati e confinati. Tra questi anche diversi ecclesiastici, tra cui il decano di Ala don Fontana.

 

Si apre a questo punto una stagione tragica. Il fonte trentino non è infatti particolarmente movimentato, secondario per i comandi italiani sia per motivi strategici che militari rispetto a quello del Carso (QUI e QUI degli approfondimenti sull’Offensiva di primavera austro-ungarica del 1916 e sulla controffensiva italiana). Ciononostante, il territorio provinciale viene devastato dalla guerra, che assume in certe zone, tra cui la bassa Vallagarina, dei caratteri “totali”.

 

La popolazione viene infatti in gran parte evacuata. Se la maggioranza, naturalmente, viene sfollata dalle autorità imperiali nei territori interni (Austria, Moravia, Boemia), coloro che finiscono nel lembo di territorio controllato dagli italiani verranno a loro volta deportati nel Paese. In entrambi i casi, come noto, i trentini vennero visti con diffidenza, ritenuti infidi nell’Impero e austriacanti in Italia.

 

Per quarantuno mesi, Ala fu quindi retroguardia devastata dalla guerra. I bombardamenti si ripetono con cadenza impressionante e diverse frazioni, da Chizzola a Serravalle, sono rase al suolo dalle bombe. Le vittime fra i civili, tuttavia, sono meno. Nel settembre del 1916, infatti, sui circa 5000 abitanti del periodo pre-bellico sono rimasti in città attorno alle 270 persone. Tutti gli altri, invece, sono stati sfollati nel Nord Italia.

 

Il primo bombardamento con vittime civili si abbatte sulla città il 10 ottobre del 1915. Un aereo austriaco in sorvolo sulla zona lascia cadere un ordigno che uccide due lavoratori in un orto. Artiglieria e aviazione austriache, da quel momento, continuano a battere sul centro lagarino, tanto che nel marzo del 1917 i comandi italiani vengono trasferiti in zona più sicura, ad Avio.

 

Il bombardamento più drammatico, però, avviene la sera del 26 giugno 1918. A pochi mesi dalla fine delle ostilità, la guerra ancora impazza quando delle bombe austriache si abbattono su un incrocio del centro, facendo crollare diversi palazzi. Sono trentatré le persone che rimangono sepolte dalle macerie: 25 di loro sono soldati, 8 civili. Tra questi la ventinovenne Silvia Eccheli.

 

Prima città redenta”, Ala pagò un pesante contributo di sangue. Simbolicamente, la bandiera tricolore che le era stata consegnata il 27 maggio del ’15 dal generale Antonio Cantore, verrà portata a Trento il 3 novembre del 1918, quando i cavalleggeri raggiunsero la città, conquistata per la prima volta al nemico in disfatta. Sarà quella a sventolare per la prima volta sul torrione del Castel del Buonconsiglio.

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