I paradossi altoatesini nella stretta mortifera tra fascismo e nazismo: 81 anni fa veniva firmato il Patto d'Acciaio
L'alleanza nazi-fascista fu non solo frutto della comunanza ideologica ma anche delle circostanze del contesto internazionale. Il nazionalismo, componente portante di entrambi i regimi, li portava infatti inevitabilmente a collidere, misurandosi precisamente nel territorio altoatesino, passato all'Italia con la Grande Guerra. Il tutto tra molti paradossi. Ne abbiamo parlato con lo storico Giorgio Delle Donne
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TRENTO. Fascismo e Nazismo furono realtà che per prossimità ideologica non poterono che avvicinarsi. Eppure, uno degli elementi portanti di questi regimi, l’esasperato nazionalismo, rappresentava la ragione inevitabile di aspri conflitti, che trovarono proprio nell’Alto Adige l’argomento dirimente. Furono le evoluzioni del contesto internazionale, pertanto, a stringere nella più oscura e luttuosa stretta Roma a Berlino.
A marcia forzata il fascismo italiano si approssimò al Terzo Reich nazista nonostante tutte le resistenze del "Duce", isolato dal consesso internazionale dopo l’avvio dell’avventura coloniale etiope, che costò le sanzioni e l’uscita dalla Società delle Nazioni, e spinto sempre più verso chi da quell’organizzazione aveva già deciso di uscire non appena Adolf Hitler assumeva la carica di cancelliere della Germania.
Se la questione antisemita e più in generale razziale si sviluppò nel Regno d’Italia in maniera autonoma, le conseguenze di ciò che venne ratificato definitivamente con la firma del trattato bilaterale passato alla storia come Patto d’Acciaio rispecchiarono perfettamente gli equilibri economici, politici e militari vigenti. L’Italia fascista diveniva dunque protagonista di accordi per l’invio di manodopera in Germania, rafforzava ancor più i legami con l’industria germanica, ma soprattutto ne avrebbe seguito le sorti nella folle impresa in cui Hitler si era lanciato alla formazione del Grande Reich tedesco.
“Dalla Marcia su Roma all’ascesa del nazismo passarono 11 anni – esordisce lo storico bolzanino Giorgio Delle Donne – quando Hitler guidava il putsch di Monaco nel 1923, tentando di prendere il potere con la forza, Mussolini era già alla guida del Paese da un anno. Incarcerato, il capo del nazionalsocialismo avrebbe scritto il Mein Kampf, dedicando un interno capitolo all’Alto Adige e entrando in contraddizione con ciò che sosteneva il pangermanesimo, cioè che si dovessero riunire in un’unica Nazione tutti i tedeschi. Egli scrisse che la Germania avrebbe dovuto rinunciare al Brennero perché si potevano sacrificare 200mila tedeschi sull’altare di quello che sarebbe dovuto essere l’alleato naturale, l’Italia fascista guidata da Mussolini”.
“Il libro ebbe alterne fortune, la prima edizione del ’26 finì praticamente al macero mentre la seconda dell’anno successivo riscosse un grande successo – continua – ciò avvenne a seconda dell’altalenante sorte del nazismo in virtù della crisi economica tedesca. La data discriminante fu il ’34: la Germania esce dalla Società delle Nazioni, con un putsch si cerca di annettere l’Austria finendo per ferire a morte il cancelliere di Vienna Engelbert Dolfuss. Mussolini, che era protettore del Paese alpino, mandò così 4 divisioni al Brennero”.
Mostrando i muscoli l’Italia fascista manifestava la sua contrarietà all’arrivo del nazismo al Brennero, Vienna non sarebbe dovuta diventare parte del Reich. Ma la sua indipendenza aveva le ore contate. “Con la guerra d’Etiopia l’Italia viene isolata internazionalmente e nel 1936 sarebbe nato l’Asse Roma-Berlino, poi allargato anche a Tokio. Questo aveva una funzione fondamentalmente anti-comunista e anti-sovietica. Dall’alleanza ideologica si sarebbe passati però a quella politica e militare. E ciò avvenne dopo l’Anschluss, quando Mussolini non mostrò lo stesso atteggiamento del ’34, con la firma del Patto d’Acciaio il 22 maggio 1939 e con i referendum, tra cui quello che stabilito dall’accordo del giugno di quell’anno avrebbe dovuto risolvere pacificamente la questione altoatesina. Con l’annessione della Cecoslovacchia e quella della Polonia ci si sarebbe avviati alla guerra, che come sappiamo vide l’entrata dell’Italia solo nel giugno 1940”.
La popolazione di lingua tedesca della provincia di Bolzano, nata nel 1927, si oppose dapprima al fascismo per motivi nazionali più che per motivi ideologici, così come furono soprattutto le angherie subite dal regime italiano che ne determinarono l’avvicinamento verso il nazismo. “Negli anni ’30 – spiega Delle Donne – l’atteggiamento della popolazione sudtirolese cambia. Se prima infatti contro il fascismo si esprime una resistenza culturale di stampo profondamente cattolico, che ebbe modo di manifestarsi nelle Katakombenschulen, poi si sviluppò una resistenza di tipo politico, foraggiata e organizzata attorno alle organizzazioni naziste che appaiono in provincia”.
Organizzazioni che non potevano per legge ospitare cittadini italiani (quindi sudtirolesi), ma che poi divennero sempre più in vista e ufficializzate. “Sono organizzazioni che verranno alla luce definitivamente nel settembre 1943, quando uscirono dalla clandestinità a cui erano state costrette dal regime fascista. Già con le Opzioni i nazisti hanno comunque più potere, se pensiamo che negli accordi delle Opzioni si permetteva di istituire in provincia degli uffici di reclutamento della Wermacht. L’esito di queste, d’altro canto, andarono in maniera opposta alle previsioni dell’allora prefetto fascista della provincia di Bolzano Mastromattei, che stimava in 10mila il numero di sudtirolesi che avrebbe deciso di abbandonare l’Italia per il Reich”.
Diversi elementi determinano così l’avvicinamento dei sudtirolese al nazismo, il tutto a causa delle politiche di snazionalizzazione messe in atto dal fascismo. “Il movimento nazista, con la sua componente fortemente anti-cattolica, è culturalmente estraneo al cattolicesimo sudtirolese. Fu l’odiosa politica italiana a quel punto a spingere la popolazione tedesca nelle braccia dei nazisti”.
E ciò nonostante le delusioni che ciclicamente percorrevano la società di lingua tedesca, come avvenne quando Hitler fece visita a Mussolini a Roma, alzando il calice nel brindisi di Palazzo Venezia del maggio ’38, in cui il "Führer" non mancò di rassicurare il camerata italiano del disinteresse tedesco a mutare i confini lassù al Brennero. Come spesso accade con le canzoni “registrate” su qualche taccuino, questa cocente frustrazione sarebbe stata fotografata da una canzonatura dell’Horst-Wessel Lied, inno ufficiale del Partito nazionalsocialista dei lavoratori, che ironizzò amaramente sulle “tendine” chiuse del treno proveniente da Berlino e passato dalla provincia in direzione dell’incontro con il capo del fascismo.
“Quel giorno, in cui si ambienta anche il film ‘Una giornata particolare’ con Mastroianni e Sofia Loren – continua – venne salutato con delusione dai sudtirolesi, che avevano pensato di accogliere il liberatore e invece si trovarono di fronte ad un finestrino ben chiuso del treno in cui viaggiava Hitler”.
Ciò non fu che uno dei tanti paradossi di cui visse l’alleanza italo-tedesca attorno alla questione altoatesina. “Nel ’27 Mussolini istituisce la provincia di Bolzano, disfacendo così la Venezia Tridentina che era nata per tenere i tedeschi in minoranza. Tolomei è contrario a questa scelta, che viene operata dal capo del fascismo per fare politiche mirate, con interventi straordinari nella struttura edilizia del capoluogo e con la creazione dell’industria. Gli italiani sia allora che in misura minore adesso non si rapportano molto con la questione altoatesina, non si sentono tanto altoatesini quanto italiani che vivono in quel territorio”.
“Dunque questi non erano consapevoli delle contraddizioni, né erano a conoscenza del ruolo che poteva avere la questione nei rapporti con la Germania. Mussolini, che nel 1934 aveva inviato 4 divisioni al Brennero e nel ’38, con l’Anschluss, mostra un atteggiamento diverso, dando il suo assenso, si rende conto di avere un alleato potentissimo, che gli equilibri non vanno più a favore dell’Italia. Così viene costruito il Vallo Littorio, una serie di fortificazioni che difendono il confine italiano sulle Alpi, con grande concentrazione proprio in Alto Adige”.
“All’interno del nazismo d’altronde un conto è la figura di Hitler, che stima e considera necessaria l’alleanza con Mussolini, un altro è il retroterra dei nazisti, che nell’ideologia del pangermanesimo vedevano la riunificazione di tutti i tedeschi in un’unica nazione, cosa che si vedrà nelle Opzioni- conclude - i nazisti sudtirolesi dicevano al tempo che se loro potevano andare dal Reich, un giorno sarebbe stato il Reich a venire da loro. Come sappiamo a partire dopo il plebiscito delle Opzioni, però, sarebbero stati solo i più fanatici o quelli che non avevano nulla da farsi stimare. L’elemento dell’Heimat, con il nazismo, diveniva a quel punto un altro aspetto di contraddizione”.