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A Trento Oleg Mandic, l'ultimo bambino di Auschwitz: "Non odiate. L'odio non ci gratifica e ci rende schiavi"

La sua testimonianza, al Teatro Sociale, ha ripercorso gli episodi più duri della prigionia nel campo di sterminio e la fatica di elaborare quel lutto. Ad ascoltarlo i ragazzi degli istituti scolastici della città. Alcuni di loro, a breve, partiranno con "Il treno della memoria". Mandic: "L'odio porta a nuove Auschwitz"

Pubblicato il - 14 febbraio 2020 - 19:31

TRENTO. Oleg Mandic, oggi, ha 87 anni e sul braccio sinistro ha tatuato il numero 189488. Quell'inchiostro è lì da quando, il 12 luglio del 1944, varcò assieme alla madre i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz. 

 

Ieri, al Teatro Sociale, davanti ad una platea gremita di giovani, "l'ultimo bambino di Auschwitz" (così è conosciuto) ha lanciato con forza il suo appello: "Non odiate, l'odio porta solo a nuove Auschwitz". Molti dei ragazzi e delle ragazze accorsi ad ascoltarlo, tra qualche giorno, partiranno con il "Treno della memoria".

 

Gli istituti scolastici della città, tramite le associazioni Terra del Fuoco Trentino e Treno della Memoria, in collaborazione con la Fondazione Museo Storico del Trentino e il patrocinio della Provincia autonoma di Trento con il Dipartimento dell'Istruzione e cultura, hanno voluto offrire ai propri studenti la sua testimonianza di ex prigioniero nei campi di sterminio nazisti come una straordinaria lezione di civiltà e di cittadinanza consapevole, un racconto sull'orrore.

 

La testimonianza di Mandic ha ripercorso il travagliato rapporto, richiamato anche dal direttore della Fondazione Museo Storico Ferrandi, tra storia e memoria. Conoscere la storia è imprescindibile ma la storia (qualsiasi storia) ha bisogno di memoria. E la memoria va coltivata: oggi grazie all'indispensabile apporto di chi, di quella memoria, si fa portavoce diretto (come Mandic o la senatrice Liliana Segre); domani, quando le loro voci si saranno spente, grazie a chi saprà farsi testimone a propria volta. 

 

Oleg Mandic ha ripercorso, con i ragazzi, gli episodi più duri della sua esperienza nel campo di Auschwitz. La testimonianza più feroce, però, riguarda la fatica che Mandic ha dovuto affrontare una volta uscito da quei cancelli, ultimo bambino prigioniero. Ci mise ben dieci anni ad elaborare quel trauma. Solo nel 1955, infatti, con la pubblicazione del suo primo articolo, Oleg Mandic si rese conto che raccontare era, innanzitutto, un dovere morale e che quanto aveva vissuto faceva parte di un tutto più grande appartenente, in ultima analisi, all'umanità intera. 

 

"L'odio - ha detto  - è sempre diretto verso gli altri ma raramente soddisfa chi lo esprime, è un sentimento che produciamo da noi stessi e che solo noi possiamo sopprimere dentro di noi. L'odio non ci gratifica, odiare porta a nuove Auschwitz".

 

 

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