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Gli anarchici: "Cesare Battisti traditore sì, ma del proletariato"

Un manifesto affisso sui muri di Trento si inserisce nel dibattito sulla figura di Battisti. Lo storico Saltori: "Una posizione interessante con qualche imprecisione"

Di Donatello Baldo - 17 ottobre 2016 - 14:19

TRENTO. La contrapposizione sulla figura di Cesare Battisti non si consuma soltanto tra filo-austriaci e nazionalisti italiani, tra Schutzen e Alpini. C'è un altro attore che entra in scena, una novità per il dibattito a cui eravamo abituati fin qui.

Gli anarchici (presumibilmente roveretani, la penna sembra essere quella di Massimo Passamani) hanno affisso sui muri del capoluogo, come solitamente fanno, un manifesto dal titolo: “Cesare Battisiti traditore sì, ma del proletariato”. Segue un testo fitto fitto e il disegno di un soldato con in teschio al posto della faccia.

 

“Non se ne può più” – scrivono gli anarchici sul muro: “Nell'annoso dibattito storico e giornalistico sulla figura di Cesare Battisti il vero è solo un momento del falso. All'austriacantismo trentino-tirolese secondo il quale il socialista ha tradito l'impero a cui pagava le tasse, si contrappone il patriottismo democratico e fascista sull'eroe che si è sacrificato per l'Italia”.

 

Per loro la verità, oltre la divisione nazionalistiche, emergerebbe “dalle lettere in italiano stentato con cui gli operai e i contadini socialisti definivano all'epoca la scelta interventista di Battisiti: tradimento della classe proletaria”. Il manifesto continua ricordando che “Battisti si era formato alla scuola del socialismo democratico di Vienna. Dalla collaborazione con la borghesia al voto unanime sui crediti di guerra, dal legalitarismo costituzionale all'ignominiosa resa di fronte al fascismo, la socialdemocrazia austriaca ha scritto, certo non da sola, una delle pagine più vergognose del movimento operaio d'Europa”.

 

Per lungo tempo, in Italia, quella nazionalista fu un'esigua minoranza di intellettuali e giornalisti – si legge nel manifesto – il proletariato aveva sentimenti risolutamente antimilitaristi. L'interventismo democratico – che allo scontro fra le classi anteponeva e sostituiva quello tra le nazioni – ha inquinato non poco il clima. Il fascismo, in quanto nazionalizzazione delle masse, fu anche un frutto avvelenato di quel clima”.

 

Gli anarchici se la prendono con le attuali celebrazioni della sua figura, “per cui si è scomodato persino il capo dello Stato”: non servono solo a “giustificare” i seicentomila italiani morti durante la prima guerra mondiale per gli interessi della borghesia, ma anche a difendere l'odierno imperialismo italiano e i suoi cacciabombardieri”.

 

Quest'ultima è polemica politica. A noi interessa soffermarci sulla questione storica, cogliendo la novità di un punto di vista che spesso viene ignorato nel racconto della figura di Battisiti, schiacciato tra i nazionalismi di ambo le parti. 

 

Mirko Saltori, storico della Fondazione Museo strorico del Trentino ed esperto della figura di Battisti, coglie anch'esso questa novità: “E' interessante che sia uscita anche questo punto di vista. Ormai il dibattito su Battisti che schiera da una parte l'Italia e dall'altra l'Austria è un po' asfittico. Viene messa in luce non la contraddizione eroe/traditore ma quella tra il Battisti di prima e di dopo la guerra, tra il suo pacifismo e il successivo interventismo”.

 

Ma lo storico ci tiene a mettere un punto fermo: “La categoria del traditore non fa parte dell'analisi storiografica”. Detto questo, Saltori ammette che “è vero che c'è un salto il primo e il secondo Battisti. Nel 1913 a Vienna tiene discorsi antimilitaristi e soltanto l'anno dopo si esprime con foga interventista. Questo – continua lo storico – fa oggettivamente venire la vertigine, anche se i prodromi di un suo riavvicinamento all'interventismo c'erano da qualche tempo”.

 

“Ma dire che i proletari trentini lo chiamassero traditore è una forzatura – sostiene Saltori - c'è sempre stato affetto per Battisti anche a livello popolare, anche da parte dei socialisti trentini che hanno sempre rivendicato la sua figura con nostalgia”. Negli archivi sono stati trovate voci e canti dei socialisti trentini che maledivano gli studenti per aver causato l'intervento in guerra dell'Italia: “Ma oggi sappiamo che Battisiti non pesò in alcun modo sulla decisione di entrare in guerra da parte dell'Italia”.

 

Per Mirko Saltori quello degli anarchici è un “intervento provocatorio” anche se riconosce che questa uscita ha il merito di togliere la palla a quel “gioco a due che imprigiona Battisit all'ultimo segmento della sua attività”. Ricordare, come hanno fatto indirettamente gli anarchici, il suo impegno per il proletariato “dà più corpo alla sua figura e permette di osservarla nel suo complesso”.

 

“Anche se – sottolinea Saltori – c'è più di una imprecisione in quel testo”. Uno su tutti: “ La socialdemocrazia austriaca non ha votato i crediti di guerra, anche perché il parlamento austriaco era chiuso dal 1914, e di guerra non ha mai potuto discuter”. La storia, come si sa, non la si fa con i se. “Ma se si fosse discusso a Vienna sui crediti di guerra – azzarda Saltori – non ci sarebbe stata di certo l'unanimità, quella dimensione internazionale e composita, fatta di culture e lingue diverse, non avrebbe di sicuro convinto i socialisti triestini o quelli cechi a votare a favore”. E poi che la socialdemocrazia sia la responsabile assoluta della catastrofe, “questa è una forzatura ideologica”.

 

Su Battisti, in generale, Mirko Saltori afferma che un atteggiamento più laico non farebbe male: “O eroe o traditore, o tutto socialista o tutto nazionalista. Queste semplificazioni non rendono giustizia alla complessità di una figura che deve essere letta nella sua complessità e anche nelle sue contraddizioni”. 

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