"Scendiamo in piazza e spingiamo per il ritorno all’accoglienza diffusa", sul Centro per i rimpatri a Trento arriva il no della deputata Sara Ferrari
La deputata del Partito Democratico ha deciso di scrivere una lettera: "Voglio fare appello tutte e tutti voi, alla società trentina tutta, quella organizzata e non, che ha saputo essere esempio nel passato e riconosciuta come la più capace d’Europa in termini di solidarietà, perché nell’anno in cui celebra questo riconoscimento sappia ricorrere a tutti gli anticorpi di umanità e buon senso che possiede, per far sentire la sua voce, scendere in piazza e spingere per il ritorno all’accoglienza diffusa"
TRENTO. “Un centro di detenzione per migranti in Trentino è il fallimento stesso dell’autonomia in salsa leghista, il finale cercato per non assumersi vera responsabilità di gestire la questione”. A dirlo è la parlamentare del Pd, Sara Ferrari, che ha deciso di scrivere una lettera in cui lancia un appello alla società trentina per “far sentire la sua voce, scendere in piazza e spingere per il ritorno all’accoglienza diffusa”.
Il tema che sta facendo discutere è l'annuncio fatto venerdì dal governatore Maurizio Fugatti, della costruzione di un Centro di permanenza per i rimpatri a Trento. Una struttura di 20-25 posti che potrebbe trovare spazio a Trento sud o in destra Adige. “Se si deve realizzare una struttura del genere dobbiamo anche avere l'ambizione che sia d'eccellenza” aveva commentato a il Dolomiti ieri il sindaco di Trento Franco Ianeselli sottolineando come sia fondamentale tutelare “la dignità delle persone”. “Ho la consapevolezza - aveva poi continuato – che se ci devono essere delle espulsioni allora delle strutture del genere servono”.
Una posizione più dura arriva oggi, invece, dalla deputata del Pd Ferrari.
Ecco la lettera
"Appello alle cittadine e ai cittadini della Capitale europea del volontariato e del Trentino.
Care e cari, secondo voi a cosa ci serve l’autonomia speciale, se per gestire un fenomeno strutturale del nostro tempo come l’immigrazione, dobbiamo ricorrere allo Stato? Un centro di detenzione per migranti in Trentino e’ il fallimento stesso dell’autonomia in salsa leghista, il finale cercato per non assumersi vera responsabilità di gestire la questione.
Costruire un luogo di detenzione statale, che in Italia brilla per essere più di pena che di transito, e farlo in un territorio che per decenni si era distinto in positivo per un’accoglienza diffusa e umana, in piccoli gruppi, a vantaggio dei cittadini trentini in termini di sicurezza e inserimento sociale e lavorativo per i nuovi arrivati, rappresenta oggi l’esito più amaro e fallimentare della nostra storia di provincia autonoma.
Dov’è la capacità di usare un autonomo potere decisionale, legislativo, finanziario, per promuovere politiche innovative di gestione dei migranti, capaci di tornare a farci essere luogo di sperimentazione sociale, esempio virtuoso da seguire, come in passato? Fugatti ha voluto costruire negli anni le condizioni per generare insicurezza, concentrando a Trento una messe di persone a cui è stato negato l’insegnamento della lingua, ma anche l’assistenza psicologica, e i progetti di domanda-offerta di lavoro. Ecco che in città sono comparse persone a vivere sotto i ponti, dormire sulla strada, senza occasioni lavorative, ne’ cure psico-sanitarie, a cui non si ingegna più la nostra lingua e le nostre leggi. Che cosa ci abbiamo guadagnato? Mentre magari nelle nostre campagne, nei nostri allevamenti, nelle nostre aziende manca manodopera? E ci stupiamo se queste persone sbarcano il lunario nell’illegalità? Ma il gioco è fatto: così si sono costruiti i presupposti perché nella comunità trentina si possa accettare un centro di “detenzione” statale per i rimpatri, se viene detto che è “un deterrente a far arrivare quelli che vengono per delinquere”. Una nota falsità a cui si aggiunge che il governo Meloni, impossibilitato a fare rimpatri con molti Paesi, ha appena inventato con la legge sicurezza il reato di resistenza passiva agli ordini e ha messo il bavaglio alle manifestazioni dei cittadini italiani con il reato di blocco stradale. Agli stranieri senza permesso nega anche la sim del telefono. Il disegno securitario e repressivo sembra essersi compiuto, senza aver in alcun modo risolto il problema sicurezza. Senza un centesimo per il personale delle forze dell’ordine. Voglio fare appello tutte e tutti voi, alla società trentina tutta, quella organizzata e non, che ha saputo essere esempio nel passato e riconosciuta come la più capace d’Europa in termini di solidarietà, perché nell’anno in cui celebra questo riconoscimento sappia ricorrere a tutti gli anticorpi di umanità e buon senso che possiede, per far sentire la sua voce, scendere in piazza e spingere per il ritorno all’accoglienza diffusa, che è l’unico modo virtuoso e sperimentato per una convivenza reciprocamente vantaggiosa e l’unico deterrente all’illegalità."