Le realtà culturali scrivono alla Provincia e suonano la ''sveglia'' a Bisesti: "Irreversibili i costi dell'esitazione. Proposte sul tavolo da tempo, basta tergiversare"
Trento Spettacoli, Abbondanza-Bertoni, Portland, Estro e Aria Teatro scrivono un documento appello all'assessore e alla Provincia: non si possono più attendere gli interventi di sostegno ad un settore vitale per presente e futuro del Trentino. Le proposte per affrontare l'emergenza e costruire la ripartenza sono sul tavolo da tempo. La situazione di centinaia di persone si fa sempre pesante. Basta tergiversare
TRENTO. Dagli Antichi Romani in poi “Panem et circenses” non è stato un bel dire. La locuzione latina ha indicato il baratto tra consenso e spettacolo: la plebe, insomma, andava distorta dalle sue rimostranze con larghe dosi di divertimento. Ma se il “panem”, la pagnotta, si condisce con la cultura – tutte le forme dotte e non di cultura – la società certo non regredisce. E in una fase tragicamente virale come quella che si sta vivendo la progressiva asfissia dell’offerta di cultura è morte civile di cui si pagheranno i costi anche dopo la fine dell’emergenza. E per chissà quanto.
Oggi il rischio grande – da aggiungere ad altri rischi grandi senza tuttavia considerarlo l’ultimo dei guai – è che non ci siano più né il “panem” né il “circences”. Tutto è fermo ma per fortuna tutto non tace perché sono innumerevoli gli sforzi di vitalità proposti in modo autonomo, creativo ed encomiabile da chi “fa cultura” con lo spettacolo, la ricerca, l’intrattenimento.
Ma certo non basta la buona volontà di attori, musicisti, ballerini, scrittori eccetera che ogni giorno riempiono il web della loro presenza. Della loro compagnia. Il settore – un settore ampio, variegato, differenziato, più o meno strutturato – soffre drammaticamente l’impossibilità di “operare”. E conseguentemente si aggrava giorno dopo giorno il problema di sbarcare il lunario per centinaia di protagonisti, delle loro famiglie. La crisi del settore è economica, così come tutti gli altri settori. Ma le ricadute di difficoltà mai così grandi, mai così comuni agli operatori, potrebbero pesare in maniera fatale su una provincia che si è sempre piazzata ai piani più alti delle classifiche di consumo culturale in Italia.
Ad oltre un mese dallo stop a tutte le attività di spettacolo e di aggregazione sociale, l’allarme non sembra fino ad oggi aver trovato l’attenzione necessaria da parte di chi governa la Provincia. L’assessorato retto da Mirko Bisesti sembrava essere partito con il piede giusto quando alcune settimane fa aveva chiesto al mondo culturale una radiografia dei problemi e una prima quantificazione delle perdite. Da allora ad oggi la speranza suscitata da quella iniziativa sembra essersi tradotta in un aumento della preoccupazione se è vero che allo stato dell’arte (e il termine non è casuale) non si capisce se, come e quanto la Provincia voglia intervenire.
La conferma del timore viene da un documento che porta le firme delle principali realtà di produzione teatrale e della danza del Trentino. Spazio Off Trento Spettacoli, Compagnia Abbondanza Bertoni, Aria Teatro, Portland- Arditodesio, Estro Teatro – Teatro E non usano mezze misure nel sintetizzare il quadro a tinte fosche della situazione: “I costi del’esitazione potrebbero essere irreversibili”.
Sono le parole inusuali e per questo ancora più credibili e urgenti di Mario Draghi. Valgono per l’economia, compresa l’economia della cultura. Gli operatori culturali e dello spettacolo da vivo lanciano un chiaro appello contro i “danni dell’esitazione” da parte di chi ha i mezzi e l’obbligo di dare sostegno, respiro e soprattutto prospettiva al settore. “Per evitare di ritrovare anche in Trentino un deserto culturale, intellettuale e partecipazione è necessario agire subito”: si legge nel documento. Nei limiti di possibilità non certo ampie visto il disastro generale dell’emergenza, lo Stato si è mosso con un primo stanziamento di 130 milioni.
Poco, di sicuro, ma un segnale importante di attenzione. “Ci aspettiamo una risposta anche in Trentino” – spiegano nel loro appello i firmatari – in particolare da Bisesti. Le proposte sono da tempo sul tavolo: liquidare i contributi per le attività senza impastoiarli in una mefitica burocrazia dei rimandi, studiare forme di ristoro per i mancati introiti di spettacoli e attività di formazione, incentivare una nuova e urgente sinergia tra pubblico e privato per rilanciare il sistema ed attrezzarlo ad una ripresa senza patemi eccessivi quando si potrà “riprendere”.
Le realtà che siglano il documento e richiamano Bisesti alla propria responsabilità di assessore vogliono porsi come traino per tutti gli altri, che in un Trentino orgogliosamente fertile di iniziativa culturale sono davvero tanti. Non tutti strutturati o “potenti”, non tutti con la capacità di pressione politica, ma tutti fondamentali nelle città come nelle periferie per allargare gli orizzonti culturali, e dunque sociali, del Trentino. Per tantissimi la cultura è lavoro, professionalità, competenza: sopra, sotto e dietro i palcoscenici.
La tempistica e la chiarezza dell’intervento pubblico è dunque oggi una discriminante. Il settore che ha chiuso per primo e probabilmente riaprirà per ultimo non ha la possibilità di aspettare la concretizzazione di rassicurazioni vaghe e rituali. E’ un concetto rafforzato anche dall’Agis, il sindacato delle imprese dello spettacolo, che alla Provincia e ai Comuni ha presentato da tempo una piattaforma di possibili interventi calibrati sulle diverse possibilità. Alla Provincia si chiede il saldo immediato dei contributi 2019 e l’anticipazione di quelli del 2020, con il ricalcolo dei parametri previsti per il fondo unico dello spettacolo. Ancora, la sospensione delle utenze fino al 31 maggio per le sedi delle strutture culturali, il rimborso degli affitti di marzo, aprile e maggio. Si domanda anche lo stanziamento di un fondo straordinario per lo spettacolo e l’abolizione dell’Irap per la gestione delle sale cinematografiche e teatrali.
E poi altro. Ma un “altro” concreto e fattibile che non “sfonda” i conti provinciali. Analoghe richieste sono rivolte ai Comuni, tenendo però conto della capacità ridotta di spesa ma puntando sulla più ampia sburocratizzazione quando si potrà ripartire.
Tornando al documento delle realtà culturali appare decisiva la logica caparbia del “guardare avanti”. Ma l’ottimismo della volontà ha bisogno di innovare oggi, non domani. Il Centro Santa Chiara – l’ente funzionale della Provincia – dovrebbe essere messo nelle condizioni di “aiutare” le altre realtà inventando da subito forme di collaborazione, (e di lavoro) che dal web gettino le basi per una più solida sinergia futura così come stanno facendo ad esempio con il Teatro del Veneto. E la Provincia – Bisesti batti un colpo – dovrebbe tenere presente che il lungo stop alle attività del Coordinamento Teatrale Trentino, (cinema e teatro), significa impoverimento della crescita della periferia, rischiando di vanificare un lavoro trentennale.
Se l’assessore Bisesti avesse finalmente uno scatto di concretezza e “aggredisse” almeno una parte delle questioni fin qui sollevate, si sarebbe felici di poter cambiare il titolo di uno dei capolavori di De Sica. Da “Miracolo a Milano” a “Miracolo in piazza Dante”.