"Hanno provato a fare i furbi e la stampa italiana ci è cascata". L'Alto Adige/Südtirol e il reiterato schema della polemica etnica
La polemica etnica, a Bolzano, segue spesso lo stesso canovaccio. E mentre in provincia la reazione a catena tra le forze politiche si ripete, al di fuori la lente della contrapposizione etnica distorce e semplifica ogni cosa. Anche in questo caso, però, il tutto si risolverà con tanto fumo e poco arrosto
TRENTO. Che una parte della destra sudtirolese combatta un'annosa battaglia sulla toponomastica, dizione “Alto Adige” in testa, non è cosa nuova. Che la destra italiana, di contro, reagisca a ogni “provocazione” dei separatisti sudtirolesi con un irrigidimento nazionalistico, difendendo l'appartenenza all'Italia di questo lembo di terra tra la chiusa di Salorno e il passo del Brennero, men che meno.
L'intero spettro politico altoatesino, d'altronde, finisce in questo caso per rispondere sempre alla stessa maniera. La “destra interna” o la “destra esterna” all'Svp fa la sua uscita nazionalistica, la destra italiana insorge, l'Svp fa le orecchie da mercante, la forza italiana che siede dalla parte della maggioranza tace. Ingurgita il rospo o leva qualche confusa protesta.
E a Roma? I giornali nazionali, spesso dimostrando una scarsa se non nulla conoscenza della realtà altoatesina, cadono automaticamente nella trappola dello scontro etnico. Gli italiani sono pochi – buoni - e discriminati, i tedeschi revanscisti – e cattivi. Politica e informazione, pertanto, non fanno altro che alimentare battaglie identitarie di retroguardia trasformandole in casi nazionali. Tanto fumo, poco arrosto, per chi vive tra Salorno e il Brennero. Ma il fumo è tossico, e di conseguenza s'intossica la convivenza.
C'è chi lo definisce “dilettantismo istituzionale”, quello di chi da sempre governa la provincia di Bolzano, “perché non è con una “leggina” che si affronta un tema del genere”. A dirlo è lo storico di lingua tedesca Hannes Obermair. Al tempo stesso “una tempesta in un bicchiere alimentata dalla stampa italiana”, sempre pronta in Alto Adige a gridare al complotto, ignorante e pregiudizialmente impostata al di fuori dell'Alto Adige, sin dai tempi in cui un giovane Sebastiano Vassalli scrisse in un celebre reportage che gli italiani d'Alto Adige erano “trasparenti”, dimenticati e abbandonati da Roma, lanciati verso quella “marcia della morte” che dal '72, anno dell’approvazione del secondo Statuto d'autonomia, non concerneva più la minoranza linguistica nazionale (i tedescofoni) ma la minoranza linguistica provinciale (gli italofoni).
“Hanno provato a fare i furbi – gli fa eco Giorgio Delle Donne, storico e già editorialista de l'Alto Adige, voce consapevole e mai banale su un giornale spesso imputato di foraggiare il conflitto – e la stampa italiana ci è andata dietro. Il nome Alto Adige non può essere cambiato così, è vincolato da leggi, è solo una maniera per creare polemica etnica. Si guardi al 2013: l'Svp confeziona una legge sulla toponomastica, approvata in Consiglio provinciale anche coi voti del Pd, ma teme il ricorso della Corte costituzionale. Quando capisce che c'è la possibilità che venga bocciata, la ritirano. E' uno schema che si ripete”.
L'amo viene lanciato, e c'è chi c'abbocca, insomma. In questo caso è un emendamento del partito di destra tedesco della Süd-Tiroler Freheit che cambia in una legge che regola i rapporti tra Provincia di Bolzano e Unione Europea la dizione “Alto Adige” in “Provincia di Bolzano” e quella di “altoatesino” in “della provincia di Bolzano” - senza cambiare assolutamente nulla, tra l'altro, nella denominazione ufficiale della provincia (qui l'articolo) – a far scattare la scintilla.
La destra italiana insorge – mantenendo, unica, una certa coerenza, si veda la reazione di Alessandro Urzì (qui l'articolo) – distorcendo realtà e narrazione – si veda la reazione di Micaela Biancofiore -, presentando all'intero Paese l'immagine trita e ritrita degli altoatesini di lingua italiana vessati e defraudati dai sudtirolesi di lingua tedesca.
E la Lega, alleata dell'Svp nella Giunta provinciale? Da buon partito cooptato nella maggioranza – per legge – si vede tirare la maglietta da una parte dalla destra italiana che la richiama all'ordine e dall'altra dai suoi doveri di dire sempre di sì alla Volkspartei. Vota sì in Commissione, vota no in Consiglio provinciale. Confusa, imbarazzata, dice di considerare “Alto Adige” e “Provincia di Bolzano” dei sinonimi, poi ci ripensa. Il commissario del Carroccio in provincia di Bolzano Maurizio Bosatra rivendica l'importanza del nome Alto Adige, poi liquida infastidito le domande della stampa parlando di fake news.
Il ministro Francesco Boccia, da parte sua, viene tirato per i capelli. “Avrebbe chiuso un occhio – assicura Delle Donne – ma ha dovuto reagire ai mass media nazionali”. “Spesso si vive di suggestioni...”, soggiunge Obermair.
A latitare, come spesso accade, sono flessibilità, tolleranza e onestà intellettuale. Il termine Alto Adige, infatti, è uno dei pochi toponimi italiani – usato dai napoleonici per indicare un territorio comprendente anche il Trentino - precedenti a Tolomei, all'occasione (etnica) eroe o becchino provinciale. L'appropriazione nazionalista prima e fascista poi furono successive. La Storia è trasformata in clava da agitare, poi tutto tornerà a tacere. Pronti per la prossima, ennesima, sterile polemica.