"La pista da bob non ha senso", Marco Albino Ferrari protagonista a "Un'ora per acclimatarsi": "Si deve fare cultura di montagna"
Questa sera (domenica 28 aprile) terzo appuntamento con "Un'ora per acclimatarsi" con L'AltraMontagna. Il tema è "Incontaminato non esiste" con Mauro Varotto e Irene Borgna
TRENTO. "La pista da bob è insensata". Queste le parole di Marco Albino Ferrari. "C'è l'esempio di Cesana per le Olimpiadi di Torino 2006. Un impianto che costa troppo e ci sono pochi atleti". Questa la chiusura del secondo appuntamento di "Un'ora per acclimatarsi", rassegna inserita all'interno del Trento Film Festival.
Il giornalista professionista, scrittore, sceneggiatore, divulgatore e consigliere de L'AltraMontagna è stato protagonista sul palco della rassegna organizzata con Il Dolomiti, Ci sarà un bel clima, Alto Rilievo-voci di montagna e Protect our winters, che affronta e approfondisce con l'aiuto di esperti e tecnici svariate sfumature, ricadute e ripercussioni della crisi climatica.
Un dialogo con Pietro Lacasella, Sofia Farina, Michele Argenta e Luca Pianesi, direttore de il Dolomiti e L'AltraMontagna per analizzare come il rapporto montagne-narrazione sia evoluto nel tempo, sotto l’impulso di nuove tendenze culturali. Dalla paura alla nuova sensibilità verso la quota. Dalle Alpi definite un immondezzaio della Terra al carattere seducente di oggi.
Le Alpi non hanno sempre rappresentato l’odierno richiamo. Definite “muro naturale” nell’antichità greca e latina, percepite come un ambiente ostile e abitato da uomini e da creature anomale e spaventose in epoca medioevale e infine bollate con l’appellativo di “immondezzaio della Terra” dai moderni (a definirle così fu il viaggiatore inglese John Evelyn nel 1673, anno in cui scrisse: ‹‹La natura ha spazzato tutte le immondizie della terra nelle Alpi, allo scopo di spianare e di ripulire la pianura della Lombardia››), in rare occasioni hanno suscitato un particolare interesse negli abitanti della pianura e delle grandi città del passato.
Quand’è che le cose sono cambiate? Quand’è che le montagne, da spazio di repulsione, sono diventate un luogo di attrazione? "La montagna può ancora essere un immondezzaio: l'Everest è una spianata di spazzatura, gli alpinisti abbandonano spesso le scorie. Nel corso dei tempi c'è stato un cambio di prospettiva, dettato dalla cultura dominante".
A differenza della visione orientale, "dove le montagne hanno una luce positiva, una prospettiva materna come il manifesto di questa edizione del Trento Film Festival, la concezione è opposta nell'occidente: sono luoghi inutili e pericolosi, senza toponomastica e ogni anno i ghiacciai devono essere esorcizzati".
Il cambio di passo arriva con l'illuminismo. "I tabù cadono e i primi alpinisti sono scienziati", spiega Ferrari. "Nel Settecento l'approccio è improntato alla curiosità. In età romantica c'è un ribaltamento e le montagne sono amate proprio perché pericolose. La montagna è una chiesa, l'alpinismo una religione e i rifugi come le cappelle. c'è una sacralità. Poi con i nazionalismi si esalta il gesto eroico dei campioni mentre nel Dopoguerra rappresentano il futuro e la ricostruzione. La montagna segue l'onda lunga del momento. E' un approccio culturale e il riflesso delle nuove sensibilità".
La montagna è "un viaggio verticale durante il quale si attraversano le fasce climatiche e una diversità complessa in pochi metri, in pochi chilometri e in poche ore dalla montagna abitata alle alte quote".
Oggi il paradigma è ancora cambiato e c'è spazio per un'inversione allo spopolamento delle terre alte. "Il modello è in discussione, la montagna è l'alternativa alla città. Ma non è facile vivere perché servono i servizi. Ma non ci si può basare solo sul turismo, ci sono esempi in Austria di come trovare un nuovo equilibrio con gli ambienti naturali. Per questo bisogna fare cultura della montagna e staccarsi della grande visione dove tutto è semplice perché non è il mondo di Heidi. Bisogna fare i conti per esempio con lupi e orsi, con la gestione dei grandi carnivori senza idealizzazioni".
Si tocca anche l'attualità con le Olimpiadi Milano-Cortina e la discussa pista da bob. "Un'opera insensata". Un progetto raccontato tra le pagine di "Scivolone olimpico" (edizioni People), il libro sugli sviluppi dell'ormai "mitica" vicenda della pista da bob di Cortina. Il carattere del libro, curato da Pietro Lacasella e da L'AltraMontagna, è quello di un instant book: è la fotografia di un istante, anche se a dire la verità le fotografie sono dieci. Dieci punti di vista, dieci approfondimenti, per esaminare com’è evoluto finora un caso che ha assunto un respiro mediatico nazionale (Qui articolo).
Questa sera (domenica 28 aprile), sempre dalle 19 alle 20 in piazza Battisti, terzo appuntamento con "Un'ora per acclimatarsi". Ecco "Incontaminato non esiste" con Mauro Varotto e Irene Borgna.
Spesso il termine “incontaminato” viene utilizzato in modo inappropriato. Un ragionamento quindi sull’importanza di alcuni territori "contaminati", sul mito della wilderness (a partire dai grandi spazi oltreoceano) e, infine, sulle montagne più antropizzate del mondo: le Alpi e gli Appennini.