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Qual è la situazione dei ghiacciai in Italia? L'esperto: “La Marmolada non è 'a rischio', è un malato terminale: i corpi glaciali sotto ai 3.500 metri spariranno in pochi decenni”

Il ricercatore dell'Istituto di Scienze polari del Cnr Jacopo Gabrieli a il Dolomiti: "Se agiremo con azioni di mitigazioni 'aggressive' potremo ridurre le perdite e mantenere un 40% della massa di ghiaccio attuale per la fine del secolo. In uno scenario 'business as usual' invece, se non cambieremo nulla dunque dal punto di vista delle emissioni, nel 2100 i ghiacciai alpini saranno virtualmente scomparsi: la massa rimasta sarà pari al 5% di quella attuale e si parlerà in sostanza di una manciata di calotte ghiacciate al di sopra dei 4mila metri”

Foto Franz Largarjoli (Bernhard Johannes) e Luca Messina (Agentur für Bevölkerungsschutz - Agenzia per la Protezione civile) a sinistra, Mario Bossolasco (Comitato Glaciologico Italiano) e Stefano Benetton a destra
Di Filippo Schwachtje - 08 luglio 2022 - 06:01

TRENTO. “La tragedia sulla Marmolada mette in evidenza come il sistema alpino stia cambiando radicalmente. Un dramma di questo tipo dovrebbe essere l'inizio di un esame di coscienza da parte di tutti, per non perdere di vista, tra chi discute di eventuali responsabilità o di dettagli come la definizione di seracco, ciò che è davvero importante: questo disastro è una delle conseguenze della crisi climatica che stiamo vivendo”. Crisi che, spiega a il Dolomiti il ricercatore dell'Istituto di Scienze polari del Cnr Jacopo Gabrieli sta avendo i suoi primi (e più imponenti) effetti proprio sui corpi glaciali: ma qual è in questo momento lo stato di salute dei ghiacciai nel nostro Paese?

Analizzando la situazione in Alto Adige e in Tirolo, Eurac Research ha condiviso le impressionanti immagini della mostra 'Goodbye Glaciers' (all'interno del progetto Glisst), che attestato i cambiamenti nei ghiacciai della zona nell'ultimo secolo: una sequela di fotografie che da una dimensione di quanto gli effetti del cambiamento climatico abbiano impattato sui delicati ecosistemi montani. “Tutti i ghiacciai al di sotto dei 3.500-3.600 metri – spiega Gabrieli – sono in grossissimi guai. Il ghiacciaio della Marmolada per esempio ha perso il 30% della sua massa e circa il 22% della sua superficie tra il 2005 ed il 2015. E questa situazione peggiora di anno in anno perché le temperature sono sempre più elevate”. Negli ultimi due mesi, in particolare, le temperature torride” registrate anche in quota: “Hanno privato tutti i ghiacciai della neve che li ricopriva – dice Gabrieli – e quindi dello stato isolante che li 'protegge'. Questo sarà l'annus horribilis per i ghiacciai alpini”. 

Secondo i dati di Eurac, nell'arco di poco più di un decennio, dal 2005 al 2016-2017 sia in Tirolo sia in Alto Adige, la perdita media di superficie subita dai ghiacciai è stata di circa il 20%. Ma come detto, la problematica è più ampia e riguarda tutte le zone alpine: “Diversi lavori scientifici hanno realizzato delle stime – dice Gabrieli – sulla base dei diversi scenari di emissioni da qua al 2050 (Qui un Approfondimento sulla questione). In sostanza, a prescindere dalle misure di mitigazione che come specie saremo in grado di implementare, fino al 2050 non si vedrebbero comunque importanti differenze nel trend attuale, nell'aumento quindi delle temperature medie. Questo significa che, anche se per assurdo riuscissimo a tagliare a zero le emissioni a partire dal prossimo anno, entro il 2050 il 50% della massa di ghiaccio nelle Alpi sparirà in ogni caso. Gli effetti che vediamo oggi sono purtroppo le conseguenze delle azioni di decenni fa”. 

A subire le 'perdite' maggiori, come detto, saranno i ghiacciai al di sotto dei 3.500 metri d'altitudine: “Il ghiacciaio della Marmolada per esempio – avverte Gabrieli – non è 'a rischio': è un malato terminale. Entro circa 20 anni vedremo la sua scomparsa. I corpi glaciali maggiormente a rischio sono ovviamente quelli più piccoli, con una superficie inferiore al chilometro quadrato, e a quote relativamente basse. Quelli con più massa risentono comunque dei cambiamenti climatici, ma il loro destino è più lento”. Per fornire qualche dato: i ghiacciai dell'Adamello hanno perso negli ultimi decenni oltre il 50% della superficie totale mentre in Alto Adige 168 ghiacciai si sono frammentati in 540 unità più piccole (Qui Articolo). E una volta che il processo di frammentazione ha inizio, il destino del corpo glaciale è segnato. Sono molti poi anche i ghiacciai che ormai non si possono più definire tali e che già oggi sono virtualmente spariti

“Negli anni '60 per esempio – sottolinea Gabrieli – sulle Pale di San Martino esisteva il ghiacciaio della Fradusta, oggi è ridotto ad un glacionevato. Era un ghiacciaio piccolo, certo, ma oggi non esiste più. Stesso destino, rimanendo nell'ambito dolomitico, è toccato al ghiacciaio del Cristallo, all'Antelao, alle Tofane. Sono tutti corpi glaciali che preservano un minimo di massa glaciale, ma non sono nemmeno più considerati ghiacciai veri e propri. Lo stesso si può dire del Calderone, sul Gran Sasso. Ciò che distingue un ghiacciaio da un glacionevato è in sostanza la componente del movimento: vista la perdita di massa, i secondi sono infatti statici e tendono a ricoprirsi di detrito, che in qualche modo li isola permettendone la conservazione”. 

Sono pochi i ghiacciai che attualmente in Italia sono in fase di accumulo e stanno quindi accrescendo la loro massa: si tratta dei grandi corpi glaciali presenti sul Monte Rosa o sul Monte Bianco ma anche lì, ben oltre i 4mila metri di quota, gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire. “A metà giugno quest'anno – spiega l'esperto del Cnr – in cima al Monte Bianco, a 4.750 metri di quota, sono stati raggiunti i 10,4 gradi centigradi, un valore record che ha disintegrato il massimo raggiunto in precedenza. Sul Monte Rosa, alla Capanna Regina Margherita, sono stati raggiunti i 5 gradi e a giugno ho visto addirittura piovere. Sulla base di quanto ho studiato e appreso nel corso degli anni, ho sempre creduto che sopra i 4.100 metri circa le precipitazioni fossero solo nevose, vedere la pioggia cadere sulla tenda è stato impressionante. Questi ghiacciai, è vero, stanno ancora accumulando massa, ma le evidenze del cambiamento climatico si vedono anche lì”. 

I corpi glaciali d'altronde sono le prime sentinelle del riscaldamento globale: “Se le temperature medie a livello globale – dice Gabrieli – sono cresciute rispetto all'era pre-industriale di circa 1,1 gradi centigradi, in alta quota quel valore va raddoppiato, arrivando ad un aumento medio di circa 2, 2.5 gradi. La stessa dinamica si registra sulle Alpi, sull'Himalaya, sulle Ande ma anche nelle zone artiche. I ghiacciai contengono e raccontano in qualche modo la nostra storia: con la loro scomparsa perdiamo biodiversità, importanti riserve d'acqua e una memoria del nostro passato”. Se oggi però la strada è segnata almeno fino al 2050, conclude Gabrieli: “La grande differenza sta in quello che riusciremo a fare per i nostri nipoti. Allungando l'orizzonte temporale fino alla fine del secolo infatti, se agiremo con azioni di mitigazioni 'aggressive' potremo ridurre le perdite e mantenere un 40% della massa di ghiaccio attuale. In uno scenario 'business as usual' invece, se non cambieremo nulla dunque dal punto di vista delle emissioni, nel 2100 i ghiacciai alpini saranno virtualmente scomparsi: la massa rimasta sarà pari al 5% di quella attuale e si parlerà in sostanza di una manciata di calotte ghiacciate al di sopra dei 4mila metri”.

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