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Inverno demografico, in 10 anni 21.300 lavoratori (potenziali) in meno in Regione (3 milioni in Italia), ecco i dati: “Più giovani nei territori con più stranieri”

Nell'ultimo report della Cgia di Mestre, i ricercatori parlano di un “Sos occupazione” guardando alle prospettive demografiche del nostro Paese, con la coorte 15-64 anni (quella, in sostanza, all'interno della quale si trovano per l'appunto i potenziali lavoratori) in calo di ben 3 milioni di individui nel 2034. Ecco i dati (e la situazione in Trentino)

Di Filippo Schwachtje - 17 aprile 2024 - 18:48

TRENTO. L'inverno demografico, lo si dice da tempo ormai, è una delle più grandi sfide che il nostro Paese si trova (e si troverà) ad affrontare in tutti i settori, da quello economico-produttivo a quello sociale. In particolare per quanto riguarda il mondo del lavoro, nel loro ultimo report gli esperti della Cgia di Mestre parlano di un vero e proprio “Sos occupazione” guardando al 2034, quando la coorte di cittadini tra i 15 ed i 64 anni (quelli, in sostanza, in età lavorativa) subirà un calo di ben 3 milioni di individui, dai 37,5 milioni del 2024 a 34,5 milioni. In altre parole: in appena 10 anni il mercato del lavoro dovrà far fronte alla mancanza di circa 3 milioni di lavoratori potenziali, con tutte le conseguenze del caso. “Le ragioni di questo crollo – si legge nel documento – vanno ricercate nel progressivo invecchiamento della popolazione: con sempre meno giovani e con tanti baby boomer destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, molti territori subiranno un autentico 'spopolamento' anche di potenziali lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno”. La situazione insomma non sarà certo omogenea e, a livello generale, le Province con un tasso più alto di popolazione straniera tenderanno a riuscire a contenere il calo, abbassando l'età media e incidendo positivamente sulle nascite. Guardando poi al nostro territorio, il Trentino Alto Adige sarà una delle regioni meno colpite dalla dinamica descritta dai ricercatori della Cgia, dovendo però comunque scontare un calo complessivo di poco più di 21.300 lavoratori (potenziali) in un decennio. Ma procediamo con ordine.

 

Innanzitutto, delle 107 Province italiane, solo quella di Prato registrerà in questi 10 anni una variazione assoluta positiva (+1269 unità, pari al +0,75%): per tutte le altre il saldo sarà negativo. “Se alla recessione demografica aggiungiamo l'instabilità geopolitica – continua la Cgia di Mestre – la transizione energetica e digitale, le nostre imprese sono destinate a subire dei contraccolpi spaventosi. La difficoltà, ad esempio, di trovare giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è avvertita già in questo momento, figuriamoci tra qualche decennio. Ovviamente, chi spera in una inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso: purtroppo non ci sono misure in grado di cambiare segno a questo fenomeno in tempi ragionevolmente brevi. E nemmeno il ricorso agli stranieri potrà 'risolvere' la situazione. Dobbiamo rassegnarci pertanto ad un progressivo rallentamento, anche del Pil. Senza contare che una società con meno giovani e più anziani dovrà fronteggiare un'impennata della spesa previdenziale, di quella sanitaria e di quella assistenziale da far tremare i polsi”.

 

Guardando ai vari territori, come anticipato le zone più colpite dal calo di popolazione in età lavorative saranno quelle del Sud Italia: lo scenario più critico, si legge nel report, sarà la Basilicata, che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di lavoratori potenziali pari al 14,6% (-49.466 persone). A seguire poi la Sardegna (con un -14,2%, pari a -110.999 persone), la Sicilia (con il -12,8% e un totale di -392.873 persone), la Calabria (con il -12,7% e un totale di -147.979 persone) e il Molise (-12,7% e -22.980 persone). Se guardiamo invece alle Regioni meno interessate dal fenomeno, al terzo posto troviamo la Lombardia (-3,4%, -218.678 persone), poi il Trentino Alto Adige con il -3,1% (-21.368 persone) e, infine, l'Emilia Romagna con il -2,6% (-71.665 persone). Guardando in particolare al Trentino Alto Adige, il totale della popolazione in età lavorativa registrato a inizio 2024 è pari a 689.076 e, secondo le stime, nel 2034 il numero è destinato a scendere fino a 667.708. In generale, il calo sarà sostanzialmente sullo stesso livello tra le due Province (-10.791 persone in Alto Adige, per un calo del -3,13%, e -10.577 persone in Trentino, per un calo del -3,07%),

 

A pagare il conto, continua la Cgia, saranno soprattutto le micro e piccole imprese: “Già oggi molte imprese, anche del Sud, denunciano la difficoltà di trovare personale preparato da inserire nel proprio organico. Nonostante ciò, il Mezzogiorno potrebbe avere meno problemi del Centro-Nord. A differenza di quest'ultimo, infatti, il primo, avendo tassi di disoccupazione e di inattività molto elevati, potrebbe colmare, almeno in parte, i vuoti occupazionali che interesseranno soprattutto il settore agroalimentare e quello ricettivo (hotel, ristoranti e caffetteria). È altresì evidente che tante imprese, soprattutto di piccola dimensione, saranno costrette a ridimensionare gli organici perché impossibilitate ad assumere. Per le medie e grandi imprese, invece, il problema dovrebbe essere più contenuto. Con la possibilità di offrire stipendi più elevati della media, orari ridotti, benefit e importanti pacchetti di welfare aziendale, i pochi giovani presenti nel mercato del lavoro non avranno esitazioni a scegliere le grandi anziché le piccole e micro imprese, che questi benefici non possono erogarli”.

 

Guardando in particolare, concludono i ricercatori della Cgia, a quelle Province che saranno in grado di reggere più di altre il contraccolpo (Milano -2%, Bologna -1.1%, Parma -0,3% e infine Prato, che come detto vedrà addirittura una crescita dello 0,75%) l'analisi deve tenere in considerazione anche la presenza di popolazione straniera: “Il risultato positivo di Prato e di quelle Province che hanno subito le contrazioni più contenute delle altre – sottolineano – è riconducibile al fatto che, tra le altre cose, queste realtà territoriali presentano un tasso della popolazione straniera su quella residente molto elevata, abbassando così l'età media e incidendo positivamente sulle nascite”.

 

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