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“Di fronte a sfide epocali, impantanati nello status quo”. Lavoro, parla Manzana (Confindustria Trento): “Occorre lungimiranza, investire sull'innovazione”

Fausto Manzana (presidente di Confindustria Trento) traccia il quadro di un mercato del lavoro trentino sempre più in difficoltà: “Per uscire dal circolo vizioso bisogna avere lungimiranza, anticipare i trend, investire nell'innovazione: e invece troppo spesso si preferisce lo status quo al cambiamento. In Trentino abbiamo l'autonomia: beh, non possiamo permetterci di darla per scontata. Dobbiamo meritarcela”

Di Marcello Oberosler - 05 giugno 2024 - 18:49

TRENTO. Fausto Manzana, presidente di Confindustria Trento, qualche giorno fa era tra i nuovi 25 cavalieri del lavoro nominati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: e proprio di lavoro oggi si parla, con crescente preoccupazione, in Trentino e non solo.

 

Dopo le autorevoli voci di Stefania Terlizzi, agenzia del lavoro Pat (QUI L'ARTICOLO) e di Andrea Grosselli, segretario Cgil trentina (QUI L'ARTICOLO), al dibattito si aggiungono le considerazioni del presidente della principale associazione di rappresentanza delle imprese manifatturiere e di servizi del territorio trentino.

 

Dottor Manzana, il quadro è sempre più chiaro e la domanda è quasi retorica: percepite anche voi un mercato del lavoro in cui domanda e offerta sembrano sempre più lontani e inconciliabili?

 

“Sì, la difficoltà non mancano e anzi sono sempre più pervasive e diffuse: basti pensare che alcune professionalità ormai sono catalogate come “introvabili”. Insomma, il problema non è più il fatto che non si trovino nuove leve, ma che i problemi nascono a monte, dall'impianto complessivo sociale, scolastico e di formazione. Un tema che semplicemente, fino ad oggi, non è stato affrontato né governato. La soluzione? Purtroppo trovare una soluzione spesso in questo momento significa rinunciare a crescere, rinunciare a commesse. E il risultato sarà una stagnazione economica complessiva”.

 

Insomma, un circolo vizioso.

 

“Sì, un cane che si morde la coda. E continuerà ad accadere se non alziamo gli occhi e cominciamo a guardare al futuro e alle grandi sfide che ci attendono: non possiamo continuare a subire il cambiamento, dobbiamo anticipare i trend e avere lungimiranza e visione, a tutti i livelli. Investire sui servizi, prima di tutto. Andando nel concreto, non possiamo pensare di aumentare gli asili nido solo nel momento in cui c'è un'impennata di domande. Viviamo in un territorio in cui il desiderio di genitorialità è più alto del tasso di natalità: evidentemente mancano risposte che sappiano prevenire questo tipo di situazioni. Inverno demografico? Mi sembra un concetto alquanto sbagliato: l'inverno è una stagione, ed è seguita dalla primavera. Qua invece l'orizzonte si fa sempre più cupo e non si vede come la situazione possa migliorare se non si metteranno in campo soluzioni vere, e non slogan di facciata”.

 

Esiste una priorità più impellente delle altre, in questa fase?

 

Alzare il tasso di occupazione femminile. È fondamentale, per tanti motivi. Perché è un bacino di forza lavoro importante, perché il lavoro femminile crea altro lavoro. E perché l'autodeterminazione di queste donne, l'indipendenza economica, è un eccezionale strumento di prevenzione alle violenze di genere. Però c'è poco da parlare, c'è da fare. Da investire. Torna buono quell'esempio di poco fa sui nidi”.

I sindacati non mancano di ripetere che i livelli retributivi rimangono troppo bassi.

 

“Premessa: la questione salariale va approfondita e non evitata, con disponibilità ad ascoltare e proporre idee e soluzioni. Ma rimane il fatto che il salario è legato alla produttività, e noi soffriamo di bassa produttività: non è un caso se le aziende che pagano di più e meglio sono quelle che puntano forte su innovazione ed export. Grosselli ha ragione nell'evidenziare un tema, ma la soluzione al problema non è un contratto territoriale tout court. Serve incentivare percorsi di crescita e innovazione, senza contributi a pioggia calati dall'alto privi di una solida strategia alla base”.

 

Qualche giorno fa, intervenendo al Festival dell'Economia di Trento, ha detto: "La differenza potrà essere fatta solo dalle nostre scelte". Avverte una mancanza di lungimiranza trasversale che comprende la classe politica ma anche le aziende e per certi versi perfino i lavoratori stessi?

 

“Credo proprio di sì. Mi viene da fare questo ragionamento: la strada è impervia, e stretta. Ma più passa il tempo e più si stringe, rendendo sempre più complicato il margine di manovra. Sta a noi decidere dove mettere le risorse e gli investimenti. Sì, c'è un problema di lungimiranza. E sì, il nostro futuro dipenderà da noi. Viviamo un Paese e un territorio che è impantanato nello status quo, in cui innovazione e cambiamento sono spesso temuti. E sul Trentino mi viene da aggiungere anche che forse abbiamo la tendenza ad auto-considerarci bravi e belli, e invece poi quando cominciamo a mettere il naso fuori dal nostro territorio e ci mettiamo in confronto con altre realtà ci rendiamo conto di non essere poi granché, tutto sommato. Un peccato, perché qui ci sarebbero tutti gli ingredienti per trasformarci in un eccezionale laboratorio di innovazione, digitalizzazione, sostenibilità ambientale”.

 

Ma i nostri problemi non sono gli stessi che affliggono anche il resto d'Europa?

 

Sì e no. Noi soffriamo di più perché negli ultimi anni non abbiamo fatto tante, troppe cose. Siamo in ritardo. Per certi versi dobbiamo invidiare altri Paesi che hanno saputo fare i conti prima con un certo tipo di accoglienza e oggi hanno dati sulla natalità più incoraggianti. Ogni tanto sento slogan del tipo “prima gli italiani”, o “prima i trentini”. Ma esattamente, prima di chi? Abbiamo estrema necessità di avere flussi migratori gestiti, regolati, efficaci. E invece il sistema fa acqua da tutte le parti e nascono continue emergenze in un continuo déjà vu senza inizio né fine. Ma la stagione estiva in montagna chi la farà partire, se non ci sono lavoratori? E le stagioni agricole? Di fronte a noi abbiamo sfide epocali, temi complessi immensi, eppure ci crogioliamo nella nostra passività. In Trentino abbiamo l'autonomia: beh, non possiamo permetterci di darla per scontata. Dobbiamo meritarcela”.

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