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Come i bitcoin cambiano il modo di fare la guerra: “Per la Russia sono uno strumento per aggirare le sanzioni, ma con le criptovalute l’Ucraina arma il suo esercito”

Per aggirare le sanzioni Putin sta pensando alle criptovalute per farsi pagare petrolio e gas dai Paesi amici, ma Kyiv con lo stesso sistema sta armando il proprio esercito. L’esperto Nicola Vaccari, tra i soci fondatori della roveretana Inbitcoin: “Grazie alla libertà dei questa tecnologia l’Ucraina ha potuto raccogliere in pochi giorni l’equivalente di milioni di euro in bitcoin”

Di Tiziano Grottolo - 26 marzo 2022 - 05:01

TRENTO. La Federazione Russa starebbe valutando di accettare bitcoin per i pagamenti che riguardano le forniture di gas e petrolio. La notizia, riportata dalla Bbc e ripresa da diverse testate, chiama in causa Pavel Zavalny, presidente della commissione Energia della Duma, che facendo riferimento a Paesi come Cina e Turchia ha aperto alla possibilità di accettare pagamenti anche in criptovaluta, ma solo da quei governi considerati “amici” di Mosca.

 

Nei giorni scorsi infatti, il presidente russo Vladimir Putin aveva fatto sapere che la Russia, per le sue forniture di gas e petrolio, non intende più accettare pagamenti in dollari o in euro da quei Paesi considerati ostili. In pratica quegli Stati che hanno adottato delle sanzioni contro Mosca. Come spiegava a Il Dolomiti, Stefano Schiavo, direttore della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento, questa mossa “dettata dalla disperazione” servirebbe per tentare di bilanciare la svalutazione del rublo, determinata dalle sanzioni applicate alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

 

Allo stesso tempo, accettando pagamenti in criptovaluta per le proprie esportazioni energetiche Mosca starebbe cercando una via alternativa per aggirare le sanzioni. “Tecnicamente è possibile”, spiega Nicola Vaccari, tra i soci fondatori di Inbitcoin, azienda pioniera in Italia nel settore delle criptovalute. “Bitcoin nasce e vive appositamente per essere incensurabile, indipendentemente da chi lo utilizza. Ovviamente questo potrebbe essere un modo per aggirare le sanzioni ma ancora una volta dimostra che Bitcoin esiste ed è fatto per restare”.

 

Se in linea teorica il pagamento in criptovaluta delle forniture di energia è possibile non è comunque scontato che ciò avvenga effettivamente. “Innanzitutto uno Stato sovrano che volesse pagare in bitcoin dovrebbe dimostrare di esserne in possesso o comunque di poterli acquistare in grande quantità”. Fra i Paesi che hanno abbracciato questa valuta c’è El Salvador di fatto il primo Stato a dichiarare i bitcoin moneta legale. Nel suo piccolo anche il Trentino aveva fatto dei passi verso l’adozione della criptovaluta per pagare alcuni servizi. La Comunità di valle della Vallagarina per esempio, per un certo periodo, accettava bitcoin per ricaricare i buoni pasto delle mense scolastiche. Poi però la burocrazia si è messa in mezzo e il servizio è stato sospeso.

 

Tornando alla geopolitica però, va sottolineato come la Russia non sia l’unico Stato a sfruttare le criptovalute per finanziare la guerra. Anche l’Ucraina infatti ha ricevuto importanti donazioni tramite questo tipo di pagamenti. Secondo fonti governative nella casse di Kyiv sarebbero arrivati oltre 60 milioni di dollari, non solo perché il governo ucraino ha attivato un apposito indirizzo per ricevere donazioni in criptovaluta. Solo in bitcoin è stata raccolta una cifra che, convertita in euro, sfiora i 15 milioni. 

Fondi che sono stati prontamente reinvestiti in armamenti ed equipaggiamenti militari ma che nella “guerra mediatica” diventano anche un utile strumento di propaganda. Come ha fatto notare Alex Bornyakov, vice ministro della trasformazione digitale dell’Ucraina, grazie alla loro facilità d’uso le criptovalute si sono dimostrate “un vero e proprio salva vita” per l’Ucraina, nonché uno strumento “utile per facilitare i flussi di finanziamento alle nostre forze armate”. Bornyakov ha poi aggiunto: “Ogni singolo elmetto e giubbotto acquistato tramite donazioni di criptovalute sta salvando la vita dei soldati ucraini”. Insomma l’ennesima dimostrazione che demonizzare questa tecnologia non serve, ma bisogna prendere atto che esiste e può essere utilizzata per vari scopi, come avviene per qualsiasi altra valuta.

I bitcoin non sono né buoni né cattivi – conclude Vaccari – trattandosi di una tecnologia sono neutri ma sono pensati appositamente per essere liberi e non censurabili. Se è vero che la Russia potrebbe aggirare in parte le sanzioni è altrettanto vero che l’Ucraina ha potuto raccogliere in pochi giorni l’equivalente di milioni di euro in bitcoin, se questa criptovaluta fosse stata sotto il controllo russo o di un altro Stato nemico non sarebbe stato possibile”.

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