Maternità e lavoro, ogni anno sono 270 le donne che abbandonano l'impiego
La disparità salariale fra uomini e donne è del 10,9 e la forbice si è allargata. Il Trentino va un po' meglio, ma la rincorsa all'Europa è ancora lunga. Franco Ianeselli: "Una parità reale tra i generi anche nel mondo del lavoro è ancora lontana"
TRENTO. La parità salariale fra uomini e donne è ancora lontana. In Italia la differenza percentuale tra i salari medi è del 10,9% che si traduce in circa 3.620 euro annui. "La marcata differenza tra gli stipendi e le pensioni di uomini e donne - ammette Franco Ianeselli, segretario della Cgil - segnala un problema noto e, nello stesso tempo, mette in evidenza quanto ancora c'è da fare per una parità reale tra i generi anche nel mondo del lavoro. Tutti abbiamo responsabilità in questa situazione. Il Trentino cerca di investire per colmare questo divario, ma la strada da percorrere è ancora lunga".
Negli ultimi anni l'Italia si è contraddistinta per la presenza di due elementi particolarmente negativi: un basso tasso di natalità e un alto tasso di disoccupazione femminile nel mondo occidentale. Questi fenomeni sono strettamente collegati: nel Belpaese la nascita del figlio si lega alla probabilità di abbandonare il posto di lavoro oppure richiedere il contratto part time. In Trentino, in linea generale, gli indicatori relativi alla condizione lavorativa femminile e alla fecondità sono meno critici rispetto all'Italia, ma il modello europeo è ancora distante. "Le donne, più degli uomini - prosegue il segretario della Cgil - accedono a profili professionali più bassi e fanno più fatica a raggiungere livelli apicali. Questo non per mancanza di professionalità o titoli adeguati. Molte donne, inoltre, hanno carriere professionali discontinue proprio per le difficoltà di conciliare dimensione professionale e familiare. E' del tutto evidente che questo incide negativamente sulla possibilità di fare carriera e sulla pensione. Tante volte anche sulla possibilità stessa di lavorare, come dimostra il tasso di occupazione femminile, ancora lontano dalla media dei Paesi europei più avanzati".
Nella provincia di Trento in media circa 270 donne ogni anno abbandonano il proprio posto di lavoro alla nascita del figlio. L'unica strada per favorire l'ingresso e la permanenza delle donne a lavoro, garantendo le stesse chance di carriera a parità di competenze rispetto ai colleghi, è quello di investire sulle politiche di conciliazione, ma anche sul sostegno all'occupazione femminile. "Non è un appello alle responsabilità delle istituzioni, ma di tutti gli attori economici, sindacati compresi - dice la Cgil -. Il Trentino ha un buon livello di servizi di conciliazione, ma è necessario renderli più diffusi, flessibili e accessibili, anche sul piano economico".
La retribuzione annua media di una donna in Italia nel 2015 è di 26.752 euro (un uomo guadagna mediamente 29.985 euro lordi), mentre la differenza di guadagno fra dirigenti di sesso maschile e femminile è di circa 11 mila euro: gli uomini raggiungono i 105.983 euro medi annui contro i 97.750 euro medi annui delle donne. Rispetto al 2014 il gap delle retribuzioni è cresciuto ulteriormente: gli stipendi degli uomini sono saliti dello 0,6%, quelli delle donne hanno subito un taglio dello 0,7%. Questo nonostante l’elevato grado di scolarizzazione femminile: prendendo a riferimento i dati dell'Università di Trento si registra un equilibrio di genere, anzi le donne donne laureate hanno superato i colleghi maschi 1.864 a 1.662 unità.
"Un grande sforzo va condotto anche nella quotidianità, sui luoghi di lavoro e nella contrattazione - continua - le pari opportunità e le misure per favorire la conciliazione dovrebbero diventare un impegno costante, anche tra gli imprenditori. In questo senso servirebbe una cultura manageriale più attenta a valorizzare le diversità". Il 94% delle donne nel periodo della maternità e del puerperio si dimette volontariamente e succede soprattutto nel settore privato per circa il 97%: la maggior parte degli abbandoni avviene nel settore del commercio e pubblici esercizi. Il comparto dei servizi alle imprese e il settore 'Pubblica amministrazione, sanità e istruzione' rappresentano le altre categorie maggiormente rappresentate.
"C'è un insieme di interventi - conclude Ianeselli - dalle misure premiali per le aziende che hanno modelli di organizzazione del lavoro che favoriscono la conciliazione al sostegno ai lavoratori padri e alle giovani madri che vogliono rientrare sul mercato del lavoro, che puntano a favorire l'ingresso, la permanenza e la qualità dell'organizzazione del lavoro, affinché le differenze tra i generi non siano un limite. Non è poco, ma non è ancora abbastanza. Si può e si deve fare di più”.
"L'Università di Trento - conclude Collini - registra la realizzazione dell'equilibrio di genere, dove le studentesse hanno voti migliori e un percorso di studi più brillante. Si continua a verificare una tradizionale divisione nei dipartimenti: Ingegneria continua a soffrire nelle quota rosa, ma stiamo operando una sensibilizzazione sulle aree scientifiche, mentre a Lettere si trova un eccesso di studentesse. Questa parità raggiunta cerca comunque di creare quella base culturale in Italia per cui il mercato del lavoro offre minori opportunità alle donne un po' per lentezza del sistema e un po' perché il carico famigliare è ancora prevalentemente sulle spalle femminili".