Busta paga più leggera e contratto disdetto, i lavoratori della Tim in sciopero
I lavoratori incrociano le braccia in tutta Italia per il mancato rinnovo del contratto e per il taglio unilaterale del salario. In Trentino sono 350 i dipendenti della Tim
TRENTO. Oggi i lavoratori delle telecomunicazioni, in tutta Italia, incrociano le braccia per otto ore. Lo sciopero è stato indetto unitariamente da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale di settore: "Un modello contrattuale delle aziende - spiega Alan Tancredi, segretario di Uilcom Uil - che vorrebbero imporre una compressione del salario, massima flessibilità e nessun reale piano industriale né investimento in un settore strategico come quello delle telecomunicazioni".
In Trentino la protesta riguarda circa 350 lavoratori di Tim, che da oggi si trovano anche buste paga più leggere per la decisione unilaterale dell'azienda: Tim infatti ha deciso di disdettare il contratto integrativo a partire da mercoledì 1 febbraio. “Di fronte alla massiccia mobilitazione di lavoratori del 13 dicembre scorso l'azienda è rimasta immobile – accusa Norma Marighetti, responsabile del settore per la Slc trentina -. Un atteggiamento di chiusura e arroganza che non lascia spazio a nessun confronto. Non resta che andare avanti con la mobilitazione”.
Lavoratori e sindacati ribadiscono la grande distanza esistente sui temi della normativa, degli orari di lavoro, del part‐time, delle flessibilità, della classificazione professionale, così come la netta contrarietà alle proposte avanzate da Asstel.
Per le tre sigle sindacali il rinnovo del contratto nazionale, ”per un settore - spiega Marighetti - che è il perno dell’innovazione del Paese, deve basarsi su adeguate basi economiche, su un sistema bilaterale della formazione in grado di sostenere l’occupabilità e la rioccupabilità all’interno del comparto, su un sistema di welfare avanzato”.
Ad oggi la proposta messa sul tavolo non contiene nessuno di questi punti. Nella realtà con la disdetta di Tim e il braccio di ferro sul rinnovo del contratto di primo livello si mette in discussione, nei fatti, il contratto nazionale e la contrattazione aziendale, a danno dei diritti e delle retribuzioni dei lavoratori.
"L'azienda - conclude Tancredi - resta la quinta realtà privata del Paese, società altamente strategica per lo sviluppo dell'economia nazionale: questo nonostante i posti di lavoro siano scesi da oltre 120 mila dipendenti nel 2000 ai circa 50 mila di oggi".