I punti nascita di Cles e Cavalese dividono la comunità, i sindaci: "Fondamentale la sicurezza". Da Caldes a Romeno: "Serve revisione del sistema. Esigenze diverse"
Sulla chiusura dei due punti nascita di Cles e Cavalese anche i primi cittadini si dividono. Per Fattor, sindaco di Romeno: "Già oggi tante nostre concittadine decidono di andare a Trento a partorire". Maini, sindaco di Caldes: " Oggi ci sono tante esigenze che mostrano la necessità di revisione del sistema e sono sotto gli occhi di tutti”. Cova, sindaca di Predaia: "Il parere degli esperti fa riflettere. Rimane importante la vicinanza del servizio". Sul tema interviene la consigliera provinciale Paola Demagri: "Serve attenzione al bisogno di salute di tutti i cittadini"
TRENTO. Tenere aperti o chiusi i punti nascita di Cles e Cavalese? Nelle valli alcuni amministratori preferiscono non rispondere. Alcuni lo fanno esprimendo timori di ripercussioni altri però, per fortuna, hanno una posizione chiara e la esprimono senza pensieri.
La decisione del governo provinciale di tenere aperti i due punti nascita nonostante i numeri bassi di parti, l'aumento dei rischi e la posizione contraria degli esperti, di certo ha diviso la comunità. “Io non sono tra quelli che difendono a spada tratta il punto nascita di Cles” è la posizione di Luca Fattor sindaco di Romeno. Qui, secondo i dati da gennaio a fine settembre, si registra una media di 0.52 parti al giorno (158 giorni non consecutivi in 9 mesi senza alcun genere di parto).
“Già oggi – spiega Fattor - tante nostre concittadine scelgono di andare a Trento a partorire perché si sentono probabilmente più sicure. Ritengo che si debba fare una riflessione e si debba puntare a fare in modo che ci siano delle altre eccellenze diventando punti di riferimento dell'intero territorio provinciale. Difendere un punto nascita che, come è stato dimostrato, le stesse donne scelgono di evitare andando a Trento, non mi sembra il caso”.
La chiusura del punto nascita non significa chiusura dell'ospedale. “Sulla struttura di Cles si deve assolutamente puntare – spiega ancora il sindaco di Romeno – ma lo possiamo fare su altri servizi di altissima qualità”. Dall'ortopedia al Pronto soccorso sono diversi i campi che potrebbero essere maggiormente valorizzati vista l'importanza che hanno assunto negli anni. “Abbiamo una ortopedia con una lunga tradizione e, soprattutto nel periodo invernale con le piste da sci, abbiamo il collasso del pronto soccorso a causa dei tanti traumi. Si potrebbe pensare di potenziare uno di questi servizi facendoli diventare un'eccellenza trentina”.
C'è anche una questione economica, i tanti soldi spesi dell'azienda sanitaria per pagare i medici gettonisti e per portare avanti l'intera struttura del punto nascita. Soldi che potrebbero essere usati per migliorare altri settori. Il tutto considerando la denatalità che nei prossimi anni si farà sempre più sentire.
“Io credo che i servizi della salute debbano andare incontro alle esigenze delle persone. Oggi ci sono tante esigenze che mostrano la necessità di revisione del sistema e sono sotto gli occhi di tutti” afferma il sindaco di Caldes, Antonio Maini. “Sul tema delle nascite – continua il sindaco – la richiesta è diversa dal passato. Ed è fondamentale assicurare sicurezza”.
Il tema della sicurezza è stato affrontato dai pediatri e dalle ostetriche ed in entrambi i casi l'invito rivolto alla Provincia è quello di chiudere i punti nascita di Cles e Cavalese perché “non sono sicuri”.
Sul tema anche la sindaca di Predaia Giuliana Cova. “Per i punti nascita ritengo sia fondamentale concentrarsi sull’importanza assoluta di offrire un’assistenza altamente professionale che tuteli i rischi del parto, e il parere degli esperti fa sicuramente riflettere” spiega a il Dolomiti.
Per quanto riguarda i numeri nei parti registrati nell'ultimo anno, spiega la sindaca “Nelle valli c’è da tenere in grande considerazione anche l’aspetto della distanza tra l’abitazione e l’ospedale, soprattutto per i paesi lontani dal capoluogo di Valle e ancora di più da Trento. Pertanto credo ci sia da fare una valutazione, e mi sembra che l’assessorato alla salute la stia facendo, che tenga conto di tutti gli aspetti con la consapevolezza che è importante mantenere e potenziare gli ospedali di valle per garantire un’efficace assistenza a cittadini e turisti”.
Sostenitore dei punti nascita è Andrea Biasi, sindaco di Sfruz. “Nei prossimi anni – ci spiega – se andrà avanti il trend che si sta registrando in questi anni di calo delle nascite sicuramente bisognerà ragionare e discutere per trovare delle soluzioni alternative. Ma per il momento bisogna sostenere i punti nascita”.
I politici e gli amministratori che oggi chiedono il mantenimento del punto nascita aperto dovrebbero tener conto delle valutazioni tecnico- scientifiche. “Avere la possibilità di partorire sul proprio territorio, ma mettere a rischio la salute e il benessere del bambino e della madre è una scelta che le Società Scientifiche non condividono”. E' il commento che arriva dalla consigliera provinciale di Casa Autonomia, Paola Demagri che da tempo segue la situazione dei punti nascita.
Da più di 10 anni le società scientifiche sono impegnate a fianco delle istituzioni nel sostenere l'attuazione dell'accordo stato regioni del 2010 che prevede, a tutela della sicurezza di mamme e bambino la razionalizzazione e la chiusura progressiva dei punti nascita con meno di 500 parti l'anno. In Trentino per i punti nascita di Cles e Cavalese era stata ottenuta una deroga ma oggi la situazione è sempre più difficile considerando i pochi parti e la mancanza di personale medico.
“I dati scientifici a disposizione - spiega la consigliera provinciale - in un tempo in cui l’età media della partoriente è sempre più alta e il numero di figli per nucleo sempre più basso, obbligano a scegliere la sicurezza piuttosto che la comodità. Salute e sicurezza della diade madre- bambino devono essere al di sopra di tutto”.
Per Demagri è importante oggi riportare il focus e l’attenzione sul bisogno di salute di tutti i cittadini e interessarsi maggiormente alla prevenzione e alle Cure domiciliari. “Siamo sicuri che le attività incardinate sul Distretto soddisfino i bisogni della popolazione? Oggi un malato in fase terminale – spiega la consigliera di Casa Autonomia - ha la possibilità di essere accompagnato nel fine vita in casa con i propri famigliari, all’hospice o in strutture dedicate che non siano gli ospedali dato che questi devono rispondere alla fase acuta? L’Infermiere di famiglia, il cui ruolo è in fase embrionale e non è presente in tutte le zone ( 7 in Trentino) deve trovare una spinta politica propulsiva in termini di numero di risorse e di funzione per la Comunità. Gli anziani con i loro famigliari che non desiderano e non possono più rimanere nel proprio domicilio per questioni di malattia, questioni sociali o abitative pretendono un diritto di istituzionalizzazione che oggi non è concesso alla maggior parte dei richiedenti. Questo desiderato è praticamente soddisfatto da posti letto sul libero mercato, in Rsa per utenti con problemi socio-sanitari nei cohousing per problemi sociali. Ma a quale costo?”
Come amministratori locali, spiega ancora Demagri “dobbiamo porre l’attenzione a queste problematiche e al mantenimento dell’Ospedale delle valli del Noce come terzo polo ospedaliero arricchito di competenze e professionalità. 26.000 accessi annui in Pronto soccorso strutturato esattamente come quando gli accessi si aggiravano sui 19.000. Qui chiediamo con forza e convinzione all’Assessore Tonina di impegnarsi a risolvere un incancrenito problema che ha quasi 20 anni. Chiediamo che l’Ospedale assolva al bisogno di salute e di malattia nelle fase acuta sia in urgenza che in programmazione. Una ernia inguinale, un polipo intestinale, un artrosi d’anca se non trattati possono degenerare e creare situazioni cliniche più rischiose che comprometterebbero lo stato generale della persona .Anche questa è prevenzione”