L’area Schengen e le frontiere interne: il 40esimo anniversario con il nuovo ingresso di due Paesi e le prospettive di un pilastro del progetto europeo
Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento
di Monika Weissensteiner, Marie-Curie fellow, assegnista di ricerca, Scuola Studi Internazionali
Mentre si inaugura il quarantesimo anniversario dell’area Schengen con il nuovo ingresso di due paesi nello spazio di libera circolazione, vari stati membri mantengono il ripristino dei controlli alle frontiere interne. In questo contesto, una riflessione sulla riforma del Codice Frontiere Schengen, la normativa europea che regola l’attraversamento delle frontiere esterne dell’Ue e l’assenza di controlli alle frontiere interne.
Il 2025 segna il quarantennale dell’area Schengen, come ricordato a livello europeo proprio in occasione del più recente ingresso di Bulgaria e Romania il primo gennaio. Partita nel 1985 dall’iniziativa multilaterale di cinque stati che decisero di abolire gradualmente i controlli tra le loro frontiere, oggi lo spazio Schengen conta 29 paesi membri (immagine 1). Viene celebrata come la più grande area di libera circolazione ed è considerato un pilastro del progetto europeo. Contemporaneamente, negli ultimi anni si è spesso sentito parlare di una “sospensione degli accordi di Schengen”, a causa della frequente re-introduzione di controlli cosiddetti “temporanei” alle frontiere interne. Ma che cosa si intende con l’espressione “sospendere Schengen”? A tal proposito, occorre segnalare che a giugno del 2024 è entrata in vigore una nuova versione del Codice Frontiere Schengen. Si chiama così, la normativa europea che regola l’attraversamento delle frontiere esterne dell’Ue e l’assenza di controlli alle frontiere interne. Qui ci interessano le frontiere interne, che sono anche al centro di alcune modifiche adottate nel 2024. Le modifiche non sono indifferenti, e sono anche d’interesse per le regioni di confine.
Il Codice Frontiere Schengen prevede due scenari. Nel funzionamento ordinario vige l’assenza di controlli di frontiera, ovvero: “le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque punto senza che sia effettuata una verifica di frontiera sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità” (attraversamento delle frontiere interne, art. 22). Come funzionamento straordinario è previsto in “via eccezionale” la possibilità di ripristinare temporaneamente il controllo di frontiera. È permesso come ultima ratio in tre circostanze: nel caso di una minaccia grave per “l'ordine pubblico” o per la “sicurezza interna”: nel caso di situazioni prevedibili (art. 25 e 26), situazioni che richiedono un’azione immediata (art. 28), e di situazioni in cui circostanze eccezionali mettono a rischio il funzionamento dello spazio Schengen (art. 29). Inoltre, l’assenza di controlli di frontiera non preclude la prerogativa degli stati di effettuare controlli di polizia sul territorio, incluso nelle zone confinarie (art. 23).
Dal 2006 al 2014 l’ultima ratio fu adottata 35 volte, quasi esclusivamente in occasioni puntuali di eventi. Dal 2015 a oggi gli stati membri hanno notificato una re-introduzione per ben 423 volte. Di fronte a questi sviluppi (immagine 2), c’è chi alza le sopracciglia e chi parla del “nuovo normale”. Pur ribadendo la volontà di “ritornare a Schengen”, la Commissione Europea non ha mai impugnato il ripristino o il mantenimento dei controlli di frontiera. In diversi casi questi controlli hanno visto un mantenimento pluriennale, anche oltre il limite massimo previsto dal diritto Europeo, oggetto anche di una sentenza della Corte Europea di Giustizia nel 2022. Attualmente sono dieci gli stati che hanno ripristinato i controlli alle frontiere interne con uno o con più stati confinanti fino a marzo-giugno del 2025 (Austria, Italia, Paesi Bassi, Germania, Slovenia, Norvegia, Danimarca, Svezia, Francia, e anche il nuovo membro Bulgaria).
Arriviamo, dunque, alla riforma. Da un lato, introduce una maggior supervisione da parte della Commissione Europa, dall’altro ha visto l’estensione del tempo massimo per i controlli di frontiera, da 6 mesi ad oltre 2 anni. Inoltre, viene dato ulteriore peso alla prerogativa nazionale di effettuare controlli di polizia sul territorio, definendoli “alternative” ai controlli di frontiera. L’articolo 23 prevedeva già la possibilità di effettuare controlli sul territorio, incluso di retro-valico, a condizione che non equivalgono a controlli di frontiera. Le misure “alternative” vengono identificate nei controlli di polizia così come nella cooperazione di polizia mediante pattugliamenti congiunti e una procedura accelerata per riammissioni bilaterali di cittadini non-UE (esclusi richiedenti di protezione internazionale) senza documenti in regola.
Salvo certi aspetti significativi, queste misure non sono di per sé nuove. La riforma sigla però un passaggio importante. Mentre in passato le misure di retro-valico venivano anche esaminate come possibile controllo di frontiera dissimulato, ora sono più fortemente ancorate nel Codice e gli stati sono invitati ad intensificarle per incrementarne l’efficacia. In effetti, secondo il ragionamento della riforma, solo quando le “alternative” risultano insufficienti, può scattare il regime straordinario. Ciò significa che gli stati sono tenuti a valutare se i controlli in frontiera sono necessari e proporzionali, prendendo in esame a) se misure “alternative” possono ugualmente portare al raggiungimento dell’obiettivo e b) l’impatto del ripristino sulla circolazione e sul funzionamento delle regioni transfrontaliere. Per quanto riguarda “le alternative”, diverse erano le criticità evidenziate in occasione del processo legislativo, come un’eventuale profilazione discriminatoria nella selettività di controlli, così come la discutibile efficacia di rispondere con queste misure a fenomeni legati alle politiche di asilo e di migrazione Ue. Occorre vedere, quanto la riforma comporterà di fatto un aumento del pattugliamento nelle regioni di frontiera, con quale target, impatto e conseguenze. Per ora, con un terzo degli stati Schengen invocando l’ultima ratio, la riforma mostra un impatto limitato sul ripristino formale dei controlli di frontiera.
È una tragica ironia del contemporaneo: nell’anno del quarantesimo anniversario dello spazio Schengen, la capitale Europea della cultura 2025 verrà celebrata a febbraio con lo slogan “borderless” proprio a Gorizia-Nova Gorica: attraverso la frontiera Italo-Slovena, che ha visto la proroga italiana dei controlli in atto da ottobre 2023 fino a giugno 2025. Una misura, si legge nella notifica, attuata in modo da “causare il minore impatto possibile sulla circolazione transfrontaliera e sul traffico di merci”. Alla fine, la frontiera Schengen più porosa risulta essere il confine tra due tipologie di controllo, che nell’ordinamento europeo però traccia la linea discernente del come governare la dimensione spaziale dell’integrazione politica Europa. Un compleanno piuttosto stra-ordinario.