Piantiamo alberi e andiamo in bici ma per gli orsi non c'è più posto: evviva la ''Giornata della Terra'', della nostra terra, sterilizzata e a misura d'uomo
Direttore de il Dolomiti
Ai bambini facciamo piantare alberi per insegnare loro l'importanza di preservare la natura, in Trentino si costruiscono ciclabili su ciclabili presentandole come un grande passo avanti per una civiltà più attenta all'ambiente, a Trento si sbandierano progetti sulla riduzione della velocità dei veicoli (i 30 all'ora) e si inaugurano ciclobox come provvedimenti tesi ad abbattere le emissioni e quindi preservare il clima. Compriamo bio, facciamo pio acquistando gli ovetti delle galline che razzolano a terra, favoriamo il chilometro zero, chiediamo meno pesticidi in agricoltura, montiamo pannelli solari sui nostri tetti e balconi per ridurre la nostra dipendenza energetica da fonti fossili e magari finanziamo le campagne per la preservazione delle tigri in India o dei panda in Cina o dei gorilla in Africa chi più ne ha più ne metta.
Oggi si festeggia la ''Giornata Internazionale della Terra'' e come ogni anno dai comuni trentini alla Provincia di Trento saranno molte le iniziative per ''celebrate l'ambiente e la salvaguardia del pianeta Terra'' (questo il motto). Il tutto in un quadro di ipocrisia sconfinato che vede, contemporaneamente, il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, dichiarare guerra agli orsi con progetti di sterminio da un minimo di 3 a un massimo di 70 (di fatto riportandoli, così, al numero minimo della soglia di estinzione sul nostro territorio) e con lui i sindaci del trentino, nessuno escluso a quanto pare, succubi di una retorica intrisa di falsità che sta strumentalizzando una tragedia per questioni di consenso senza che nessuno alzi la manina per dire ''è una follia''.
Insomma va bene metterci la tutina da bici e il caschetto per spostarci, ben venga anche la spesa al mercato per favorire i nostri contadini e, perché no, scandalizzarci perché in qualche zona del Terzo Mondo, per un motivo o per l'altro, dei birbaccioni mettono a repentaglio il futuro di qualche specie animale, ma poi quando tocca a noi fare la nostra parte, per davvero (quanto scritto sopra è il minimo indispensabile) cosa accade? Che la reazione è; la natura vada a fare la natura da un'altra parte. Torni a casa sua. Noi qua non la vogliamo. La montagna? Deve essere senza pericoli, a parte quelli che non potremo mai evitare come precipitare nel vuoto, finire sotto una valanga, cadere male con gli sci, inciampare mentre si corre: l'anno scorso sono stati 62 i turisti e i residenti che sono morti solo sulle montagne trentine e 819 quelle rimaste ferite. Mentre in Italia i morti in montagna sono stati 504. Insomma il bosco per ''quelli di montagna'' deve essere il più simile possibile a un grande parco cittadino (senza, però, i pericoli veri che ci sono nei parchi di città), un ambiente controllato, antropizzato che pure non ci mette al riparo dalle tragedie: come con i grandi carnivori e per qualsiasi altra cosa della vita, il rischio zero evidentemente non esiste.
Siamo ben consapevoli ormai, tutti, che i comportamenti degli esseri umani di distruzione, dominio, sradicamento della natura sono i principali artefici della catastrofe climatica che stiamo vivendo. Siamo ben consapevoli, ormai, che sono le azioni dell'uomo a fare la differenza altrimenti non avrebbe senso fare la raccolta differenziata dei rifiuti, sarebbe insensato sforzarci di immettere sempre meno plastica nell'ambiente, non cercheremmo di preferire mezzi di locomozione il più possibile green (o comunque meno impattanti) magari puntando anche sul trasporto pubblico o, appunto, sulla famigerata bicicletta.
Eppure al problema della convivenza con i grandi carnivori oggi stiamo rispondendo come hanno fatto i nostri bis-bis-nonni 150 anni fa: cattura e uccisione, alla faccia del progresso, della civiltà nuova nella quale viviamo, dell'emergenza climatica che sta stravolgendo le nostre esistenze. Gli orsi in Trentino ci sono da sempre, da molto prima delle persone, e rappresentano un patrimonio culturale e sociale che caratterizza questa terra (quanti comuni hanno l'orso nel simbolo? quanti parchi, negozi, enti, centri sportivi vi fanno riferimento?), prima ancora che esserlo dal punto di vista naturalistico. Si sono praticamente estinti perché sul finire dell'800 le innovazioni tecnologiche (leggasi i fucili in questo caso) hanno permesso di prendere il sopravvento sulla natura in tutti i suoi aspetti, come si è fatto altrove disboscando, abbattendo, uccidendo, inquinando.
Oggi sappiamo che è stato sbagliato, che sono comportamenti che mettono a rischio la stessa sopravvivenza della specie umana non nei prossimi millenni ma nei decenni a venire. Sulla fine degli anni '90 il Trentino ha colto una sfida straordinaria con lungimiranza e spirito di restituzione per una terra che ci ospita e che per colpa nostra è sempre più agonizzante (e noi con essa). E' stato dato avvio al progetto Life Ursus reintroducendo gli orsi in quei luoghi che sempre avevano abitato apportando il loro enorme valore aggiunto per un qualsiasi ecosistema. Perché? Lo spiega la Pat: ''L'orso è un indicatore biologico: la sua presenza è indice di un buon livello di naturalità. E' una specie “ombrello”: la sua conservazione è un fattore chiave per la conservazione di ampie aree geografiche importanti per altre componenti ambientali è un “marchio” di qualità ambientale''. Di errori, politici, ne sono stati sicuramente fatti. Negli ultimi 4 anni una montagna soprattutto per l'inerzia dimostrata da chi oggi propone di risolvere i problemi con la calva (anzi con il fucile). La classe politica attuale locale è disarmante, ma i trentini, tutti, non lo sono.
L'opinione pubblica trentina non è tutta schierata per abbattere 70 orsi a casaccio, come potrebbe sembrare anche dall'assenza di voce delle opposizioni che sono completamente paralizzate (ricordano quei bambini che vedono il bullo in classe agire in maniera arrogante e violenta e allora per non sembrare da meno si allineano più o meno silenziosamente pur, siamo convinti, pensando nell'anima che quel che sta accadendo è sbagliato) ma è per una gestione del fenomeno diversa dall'attuale, diversa anche da quella del passato. Una gestione tecnica, affidata a chi studia ed è competente in materia. Ma la partita che si gioca sulla presenza degli orsi in Trentino è una partita enorme anche dal punto di vista del messaggio.
Finiremo per raccontare ai nostri figli e nipoti che nel 2023, quando il mondo stava andando gambe all'aria, la siccità era sempre più diffusa, la neve scompariva, a livello internazionale ci si preoccupava del proprio futuro in Trentino andavamo tutti in bicicletta con tutina e caschetto, compravamo bio e guidavamo ai 30 all'ora magari con una macchina elettrica ma alla prima occasione per mostrarci diversi dall'uomo di fine '800 ci siamo comportati nella stessa maniera e abbiamo ''rimesso'' al suo posto la natura, in un recinto, o sottoterra (metaforicamente parlando) comunque in ''sicurezza''. Ma continueremo a festeggiare la ''Giornata Internazionale della Terra''. Ovviamente la nostra Terra.