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Possiamo ripensare già a un futuro senza impianti? Un piccolo esempio nel feltrino per chiudere la dipendenza dal turismo bianco a basse quote

La conformazione a panettone del Monte Avena sarebbe perfetta per abbandonare i costosi impianti di risalita e spostare il turismo invernale su altri sport lenti e che possono fare affidamento su neve non programmata
DAL BLOG
Di Ci sarà un bel clima - 27 dicembre 2022

Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica

Il Monte Avena è un posto pazzesco. A sinistra si guarda verso la piana di Feltre, alle spalle ci sono le magnifiche Vette Feltrine, a destra si trova l'accesso al Primiero.

 

La montagna è relativamente bassa (1.400 metri circa) ma facilmente accessibile dai mezzi e idealmente può garantire un turismo annuale. Il paesino di accesso, Croce d'Aune, visto oggi è abbastanza spettrale. Un solo bar-ristorante-albergo è rimasto aperto, gli alberghi chiusi da anni invecchiano sotto i colpi del meteo, alcuni con i tetti sfondati. Se si prende la stradina che porta al rifugio Dal Piaz si incontrano solo seconde case quasi sempre chiuse, una chiesa un po' brutalista e un negozio di alimentari anch'esso chiuso con le scritte sbiadite dal sole. Paradossalmente c’è già la fibra ottica, mentre manca in alcuni comuni della Valbelluna.

 

Negli anni '80 ha avuto un grande sviluppo turistico, sia grazie alle piste da sci sul versante nord del Monte Avena, sia grazie alle gare di rally, tra cui la famosa Pedavena-Croce d'Aune. Succede che con l'avanzare del nuovo secolo, il turismo su cui si era stabilizzato questa parte di territorio è venuto lentamente a mancare, un po' come quando si cammina sul bagnasciuga e non ci si accorge di avere ormai i piedi dentro l'acqua.

 

Il declino del turismo - per come è stato inteso fino al secolo scorso - ha qui subito un duplice colpo. Da un lato le pressioni dell'ente Parco nazionale Dolomiti Bellunesi hanno fatto cancellare la gara di rally del 2022, dall'altra ci ha pensato il clima. Inverni sempre più miti stanno spostando inesorabilmente la linea della "snow reliability", l'affidabilità della neve, a quote sempre più alte, obbligando il piccolo comprensorio a fare salti mortali per aprire durante i mesi invernali e affidandosi sempre di più alla neve artificiale. Anche in tempi di crisi idrica ed energetica, con costi che inesorabilmente lievitano.

 

Il Monte Avena e Croce d'Aune sarebbero perfetti per abbandonare queste tecniche di sopravvivenza climatica (l'affidabilità della linea della neve è già sui 1.200 metri, con l'aumento delle temperature ci si aspetta che salga anch'essa nei prossimi decenni verso i 1.600 o 1.800 metri) e iniziare seriamente ad adattare climaticamente il territorio, che di risorse ne ha.

 

La conformazione a panettone del Monte sarebbe perfetta per abbandonare i costosi impianti di risalita e spostare il turismo invernale su altri sport lenti e che possono fare affidamento su neve non programmata, come skialp, ciaspe o come spazi per famiglie che vogliono godersi la giornata sulla neve (e poi magari fare un salto in birreria).

 

Ci vuole coraggio per ammettere che questo tipo di turismo ormai sta tramontando, specialmente sulla linea della media montagna, che deve riconvertirsi più velocemente dell’alta montagna.

 

Innanzitutto riconoscere che le previsioni climatiche prevedono un futuro dove la disponibilità di neve sarà sempre più frammentata e ad alta quota. Per questo il momento di adattare il territorio è ora, quando non si sta spendendo troppo per rincorrere i pattern metereologici attuali.

 

Come dice Ferdinando Cotugno nel suo libro "Primavera Ambientale" siamo davanti a un caso di fallacia dei costi irrecuperabili (punto a potenziare gli impianti di innevamento perché negli scorsi anni ci ho già investito troppo e non posso più tirarmi indietro). Il ragionamento non farebbe una piega se non fossimo anche inseriti in uno schema di crisi climatica globale, che lascia poco scampo alle previsioni statistiche basate sul nostro passato recente. A questo ragionamento si aggiunge anche l'idea ripetuta sui giornali da albergatori e impiantisti delle alte Dolomiti dove gli avvertimenti della comunità scientifica sono da considerarsi esagerati e allarmanti senza un senso.

 

Abbiamo chiuso il 900 da vent'anni, ora dovremo chiudere anche la nostra dipendenza dal turismo bianco a basse quote. Sarà doloroso, sarà difficile e non sempre sarà detto che l'investimento avrà successo come quando cinquant'anni fa si poteva contare su variabili fisse, tra cui il clima appunto.

 

Esistono già realtà che vivono su altre forme di turismo e sono bellissime. In ogni caso sarà meglio iniziare ad adattarsi subito prima che sia troppo tardi.

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