Olimpiadi sostenibili del 2026, la battaglia è già persa dal 1952 quando Buzzati scriveva: ''Le Dolomiti? Montagne delicate, basta poco a deturparle, un giorno pagheremo il conto''
Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica
La strada grigia corre sinuosa e comoda, immersa nel verde del bosco. Percorrerla è un piacere. Dal finestrino abbassato dell'auto si sente il profumo dell'aria fresca di montagna. Unico rumore il sordo avanzare dei pneumatici sull'asfalto. Dopo un paio di tornanti il paesaggio si apre, gli abeti lasciano il posto ai pascoli. Lo sguardo è abbracciato dalle pareti di dolomia gialle, rosa e grigie. A bordo strada qualche mucca guarda sorniona le auto scorrere, sulla destra il Cristallo. Si arriva a 2300 metri, sotto il rifugio Auronzo, si parcheggia. Si scende, si paga e si è già immersi in una di quelle pubblicità che si vedono in TV.
La strada in questione è la strada che dal lago di Misurina porta alle Tre Cime di Lavaredo. Per meglio dire porta direttamente sotto le Tre Cime. Quella che in origine era una mulattiera militare, con le Olimpiadi del 1954 è diventata una strada a tutti gli effetti, aprendo le Dolomiti al turismo di massa. Come scriveva Buzzati sul Corriere della Sera in un articolo del 5 agosto 1952, la strada avrebbe portato ad una "enorme roccaforte chiusa nella più severa solitudine" orde di auto e moto. Sono passati 70 anni esatti da questo articolo e la colonizzazione turistica delle Dolomiti non si è fermata, anzi ha premuto l'acceleratore.
Qui sotto la strade per le Tre Cime due anni fa
Mentre beviamo uno spritz al rifugio Auronzo dopo essere saliti tranquillamente in auto, dall'altro lato delle Dolomiti possiamo goderci delle ostriche fresche al rifugio Comici (dopo un breve tratto sulla seggiovia riscaldata). Il paesaggio di questo fragile ambiente è stato stravolto da un'economia che possiamo definire estrattivista. Eventi mondani in quota, villaggi trasformati in cartoline per i turisti che vanno a vedere i montanari con i vestiti tipici (come a Canazei alla Gran Festa d'Istà), piste da sci che hanno ingoiato boschi, bacini idrici e un'economia locale basata sulla differenziazione.
La strada raccontata da Buzzati ha permesso alla città di impossessarsi della montagna, accolta da grandi aspettative e da una prospettiva di modernizzazione. Il colpo finale alle Dolomiti è arrivato silenziosamente nell'ultimo decennio con il marchio Unesco, le pubblicità e le sit-com dove si valorizza la purezza della montagna e la facile accessibilità dei luoghi (siano esse strade panoramiche o impianti di risalita). Quando il 17 giugno 2019 a Losanna si annunciavano le Olimpiadi a Cortina per il 2026, la strada descritta da Buzzati si è ingrandita ulteriormente. Metaforicamente, certo. Tradotto nella realtà, si sono iniziati i lavori per infrastrutture, parcheggi, nuove piste (da bob e da sci), nuovi collegamenti e nuovi bacini idrici. Tutto questo verniciato di verde come di dovere. Citando Malagò "l’Agenda Olimpica 2020+5, introdotta dal CIO, ha segnato una svolta radicale nella storia dello sport ponendo al centro il tema della sostenibilità ambientale, sociale ed economica".
Questa estate siccitosa e l'arrivo di un inverno che sarà segnato dalla crisi idrica ed energetica dovrebbe farci pensare a nuove forme di sviluppo, di turismo e di adattamento climatico. Non vogliamo rivedere le immagini di Pechino ai piedi del Cristallo: lingue di neve artificiale scavate tra i pendii delle montagne, che tanto ricordano dei visi solcati dalle lacrime. Proprio la crisi climatica, che comporta anche un aumento di temperature globali, dovrebbe darci la possibilità di immaginare un nuovo futuro per le nostre montagne, per le nostre economie. Non basta parlare di sostenibilità quando il cemento cola tra le valli e i boschi del nord-est. Non basta promettere di depavimentare un parcheggio tra 60 anni e piantarci degli alberi. La CO2 che emettiamo oggi per avere un ritorno economico a breve termine è quella che renderà le nostre economie e le nostre montagne ancora più fragili in futuro. Non possiamo compensare queste emissioni, ma possiamo limitarle ed evitarle.
Ritorna la storia del tale che macellò la mucca perché dava troppo poco latte alla famiglia. Cosa fare quando da un punto di vista climatico non sarà possibile far vivere le nostre valli solo sull'industria dello sci e del turismo di massa? Dobbiamo pensarci subito anche se le Olimpiadi invernali di Cortina stanno già riscuotendo il loro tributo ambientale, impossibile da compensare. Se la battaglia per delle Olimpiadi sostenibili è quasi perduta sotto gli interessi economici della città, non lo è la guerra ad un immaginario del territorio montano ancorato al ‘900. Questa guerra la possiamo, e la dobbiamo, vincere.
Chiudiamo con le parole di Buzzati, attualissime e che non necessitano di ulteriori commenti. "Ricordiamoci che la natura vergine, come l’ha fatta Dio, sta diventando un’autentica ricchezza. Di tale ricchezza le Dolomiti sono una miniera prodigiosa che il mondo sempre più ci invidierà. Ma se la si sfrutta ciecamente, per la smania di pomparne i soldi, un bel giorno non ne resterà una briciola. Sono montagne delicate, basta poco a deturparle, un giorno pagheremo il conto. Un giorno, quando le Dolomiti saranno tutte un autodromo, la loro poesia andrà a farsi benedire. Ci saranno sì ancora le montagne, ma deturpate, involgarite, istupidite, ridotte a mucchi di pietra senza senso”.